Solitari, sconfitti, distaccati, ribelli è il sottotitolo della bella mostra appena inaugurata alle Pescherie della Rocca di Lugo che presenta una selezione di opere di cinque artisti romagnoli. Vittorio D’Augusta, Piero Dosi, Danilo Melandri, Claudio Montini e Gio Urbinati sono inseriti nel castello dei destini incrociati come artisti schivi, evitanti o non inseriti nel sistema dell’arte.
Pare che il genius loci abbia favorito per loro una sorta di solitudine romantica per una insofferenza alle mode, al mercato e l’apprezzamento da parte di una cerchia di amici e collezionisti. La mostra, curata da Gian Ruggero Manzoni con Rodolfo Gasparelli e Massimiliano Fabbri, è anche un omaggio a Pier Vittorio Tondelli di cui quest’anno ricorre il quarto decennale della pubblicazione di Rimini, un romanzo che riprende l’aura di dissesto di Altri libertini contestualizzati in una Rimini al limite del collasso. Chi ha frequentato la città costiera negli anni ‘80 può condividere il ricordo di quel senso di precarietà priva di orizzonti di cui si nutrono le pagine: nonostante la raccolta di racconti sia stata criticata, a distanza di tempo resiste nel ricordo quel contesto corale di personaggi reali – marginali e creativi, disperati e incatenati al denaro, soli e disponibili a incontri fugaci – che lasciavano dietro a sé tracce di preservativi, sbornie, musica e divertimenti matti e disperatissimi. Un inno agli sconfitti di quella generazione dopo la saracinesca chiusa sulle speranze del decennio precedente. Alla fine gli artisti presenti – appartenenti alla generazione dello scrittore – condividono con i personaggi di Tondelli il retroterra culturale e l’insofferenza all’edonismo imperante degli anni ‘80. Tutti, in misura diversa, si sono opposti a un sistema – sociale, economico, artistico – che ritenevano sbagliato e hanno continuato a lavorare senza perdere l’occasione di dare un forte senso esistenziale alla propria creatività. Il primo in ordine è il riminese Vittorio D’Augusta, ben conosciuto nell’ambito artistico nazionale grazie a mostre continuative supportate da impianti critici di rilievo. Il motivo per cui viene inserito fra i solitari si spiega con la linea creativa autonoma dell’artista che ha poco concesso alle tendenze e al mercato.
Dagli esperimenti di arte povera degli anni ‘70 alle successive prove di arte informale e astratta, D’Augusta è rimasto fedele a se stesso e a un’arte libera di sperimentare senza rispondere ad alcuna aspettativa. Alla Rocca sono presenti opere in cui l’astrazione è cifra di libertà creativa assieme a una serie di prove figurative che seguono una linea espressionista di effetto.
Un altro artista ben inserito nel contesto mercantile è stato il ceramista riminese Gio Urbinati che per molti anni ha accompagnato la sua rivendicata pratica artigianale al lavoro artistico vero e proprio. Collaboratore per anni di progetti al fianco di Tonino Guerra, intellettuale e sceneggiatore mai dimenticato, Urbinati incarna una sorta di faber sperimentatore che per creare poteva utilizzare la terra del proprio giardino, seguendo il processo di cottura ceramica a occhio. Figure mitologiche e frutti, uccelli dal doppio significato iconografico e semantico, cattedrali ornate di rametti: potremmo dire che una fantasia scatenata e una forte ironia risultano le chiavi di accesso al suo lavoro. Piero Dosi è un artista molto amato in Romagna, a cui Lugo, sua città natale, ha dedicato qualche anno fa una ricca retrospettiva. La violenza espressiva che caratterizza il suo linguaggio è presente fin dai primi autoritratti degli anni ‘70-’80 in cui l’artista utilizza uno stile iperrealista: è la ferocia nella descrizione, gli strappi, le lacune orride nel tessuto imitativo del reale, che esprimono la forte carica eversiva del lavoro.
Qui in mostra sono alcuni autoritratti più tardi, in cui lo stile si riappropria di una libertà fluida di pennello, sempre ricco di salti volutamente inappropriati, assieme ad alcuni disegni, appartenenti a quella sorta di diario lirico intimo che l’artista ha sedimentato come luogo di confronto con se stesso per tutta la vita. Poco conosciuto è Danilo Melandri, scultore, disegnatore e ceramista nato a Fognano, che appartiene a quella linea di creatività professionale collocata ai margini dei territori, sia per le caratteristiche umane dell’artista – schivo, sensibile –, sia per le contingenze di una poetica votata solo a essere fedele a se stessi. Attraverso la raccolta di scarti di rottamazioni, Melandri non si ferma alla ricreazione di sculture che inglobano parti recuperate o la vita passata degli oggetti: mediante un’onnivora attenzione alla storia dell’arte, alle tecniche, a tutto ciò che per lui costituisce fonte di conoscenza, crea opere che manifestano una grande capacità introspettiva e un’ottima mano. In particolare i disegni, interpuntati da scritte quasi invisibili che restituiscono dati personali e intimi, supportano una qualità ideativa rara e coinvolgente.
A distanza di poco più di un anno dalla mostra che a Cotignola ha ricordato il lavoro complessivo di Claudio Montini, artista di Bagnacavallo di cui fino a questo evento era conosciuta solamente l’attività di grafico, vengono qui ripresentate alcune delle sue realizzazioni pittoriche. Creati in solitudine dopo la disillusione per il difficile rapporto col mercato dell’arte, i dipinti di Montini testimoniano una fantasia che si nutre del mondo dell’infanzia, della storia dell’arte – da Turner a Courbet, da Botero a Friedrich – e di infiniti innesti dall’iconografia musicale, dai fumetti e delle riviste degli anni ‘80. Un immaginario promiscuo come quello della rete prima di internet, condiviso da un’intera generazione, la stessa di Tondelli.
“Altri libertini. Solitari, sconfitti, distaccati, ribelli” Lugo, Pescherie della Rocca – fino al 30 giugno 2025
orari: gio-ve 15.30-18.30; sa-do 10-12 e 15.30-18.30