Al cimitero di Ravenna torna “Nephesh”, la performance itinerante di RavennaTeatro Seguici su Telegram e resta aggiornato Dopo il debutto dello scorso ottobre, sono in programma dodici nuove repliche della rappresentazione scritta e diretta da Alessandro Renda a e Tahar Lamri Dopo il debutto dello scorso autunno nell’ambito del Prologo della Stagione dei Teatri, torna al cimitero di Ravenna “Nephesh – proteggere l’ombra”, la performance itinerante di RavennaTeatro che invita a riflettere su vita, morte e spiritualità (qui la recensione di Serena Simoni). Le nuove date in programma vanno dall’1 al 13 aprile, al tramonto, con due repliche speciali (5 e 12 aprile) all’alba. Durante la performance i partecipanti, muniti di cuffie, passeggeranno per la parte monumentale del cimitero, guidati dall’attore Alessandro Renda impegnato in un dialogo silenzioso (ma udibile in cuffia, appunto) con lo scrittore Tahar Lamri, in un intreccio di racconti e immagini che si muovono tra vita e morte, leggende e storie personali, architetture e fotografie, e si trasforma in un invito a proteggere ciò che resta invisibile agli occhi: le ombre, i legami, il respiro stesso del tempo. «Nephesh non è uno spettacolo e non è una visita guidata del cimitero. – spiegano da RavennaTeatro -. È un’esperienza intima e collettiva, una drammaturgia sonora che “avvolge” i partecipanti, conducendoli in un itinerario sospeso tra memoria e presente, realizzato in collaborazione con Trail Romagna per unire natura, cammino e spiritualità» I biglietti sono già disponibili online o alla biglietteria del Teatro Rasi (giovedì 16-18). In occasione della rassegna “I sabati a Scattisparsi”, curata da Ivano Mazzini, sarà inoltre possibile incontrare Renda e Lamri in un appuntamento dedicato alla genesi e all’approfondimento del progetto (via Sant’Agata 8). «Questo lavoro – spiega Alessandro Renda – è nato dall’urgenza di dare voce a ciò che normalmente resta nascosto, non detto, a quel senso di vertigine che capita a ognuno di noi di fronte alla morte o alla malattia: è come attraversare uno spazio fragile, dove le ombre che ci abitano prendono corpo e ci parlano delle nostre paure, delle nostre memorie, dei margini del visibile. È un’esperienza che interroga profondamente e invita a concentrarci sul nostro respiro vitale. L’incontro con gli spettatori è stato potentissimo, ho ricevuto decine e decine di lettere e messaggi di chi poi ha voluto condividere con me il proprio ricordo personale. Quando con Tahar Lamri scrivevamo il testo, desideravamo proprio questo tipo di relazione intima da una parte e di condivisione dall’altra, perché il cimitero può diventare non solo un luogo doloroso, ma un luogo vitale che ci suggerisce di proteggere proprio quell’ombra che ci rende umani». Total0 0 0 0 Forse può interessarti... Una serata al Planetario per scoprire le costellazioni con i manga giapponesi Al cimitero con le cuffie, per capire che abbiamo due vite a disposizione Una performance-spettacolo-camminata (con le cuffie) al cimitero di Ravenna Seguici su Telegram e resta aggiornato