La storia biblica del “libro di Rut” parla di speranza: Rut, vedova straniera e povera, accompagnata dalla suocera Noemi (anche lei sola, senza marito, né figli, né discendeza) finisce con lo sposare Boaz, uomo ricco e generoso da cui avrà diversi figli, dai quali discenderà poi il re Davide. Un testo singolare, che va oltre il semplice racconto per interrogarsi su questioni di grande attualità, l’accoglienza dello straniero e la fecondità, anche culturale, che può passare attraverso essa.
Da queste riflessioni nasce la nuova rappresentazione sacra Rut. Raccolti di speranza, sacra rappresentazione per coro, soli e piccolo ensemble strumentale, in programma nell’ambito del Ravenna Festival alla basilica di San Giovanni Evangelista. La rappresentazione debutterà martedì 10 giugno (ore 19), con repliche ogni giorno alle 19 fino al 16 giugno (sabato 14 escluso). I biglietti possono essere acquistati online al costo di 15 euro (posto unico non numerato) o 5 euro per gli under 18.
Una commissione che si lega al Giubileo della speranza e al tema stesso del festival “Donde hay música no puede haber cosa mala”, un inno al coraggio e alla speranza. La rappresentazione si costruisce sull’incontro del testo di Francesca Masi con la musica di Marianna Acito. A interpretarla, insieme all’Ensemble La Corelli diretto da Mattia Dattolo e al Gruppo Vocale Heinrich Schütz preparato da Roberto Bonato, le voci soliste del soprano Laura Zecchini, del mezzosoprano Daniela Pini e del tenore Angelo Testori.
«Rut – spiega Francesca Masi, autrice del libretto – è una donna che occupa, con la tenacia della speranza, lo spazio pubblico e si prende la scena, tenendo per mano altre donne, tra queste ci siamo anche noi, donne sgomente, furiose e ferite da un tempo ruvido e ostinato che non sa accogliere il cambiamento. Rut è madre perché sa distaccarsi e attaccarsi, sa lasciare e sa raccogliere, sa generare discendenza e sa essere integrata in una stirpe. Non è possibile nemmeno pensare di tradurre, di parafrasare, di mediare la potenza di una scrittura antica e archetipica come quella dell’antico rotolo di Rut. Ma possiamo bussare con delicatezza a quelle parole dure e smaglianti, che si scagliano come pietre nell’opacità dei pensieri corti e nello stesso tempo scorrono come olio sulla pena delle nostre ferite».