Da ventisette anni Ammutinamenti è il luogo in cui la danza contemporanea incontra la città, i suoi spazi e coloro che la abitano. Un festival che ha saputo tessere nel tempo una rete di relazioni solide – a livello internazionale e nondimeno sul territorio – fatta di complicità artistiche, alleanze progettuali e dialoghi interculturali, una trama di connessioni fertili e vivide che attraversa il cuore anche di questa edizione 2025, a Ravenna dal 5 al 14 settembre.
Il cartellone si apre venerdì 5 settembre con, dalla Spagna, Álvaro Murillo in 8 km en mula, progetto presentato in collaborazione con Red Acieloabierto, rete attiva nell’offrire risorse e stabilità ai festival di danza contemporanea che si svolgono in spazi non convenzionali. Murillo trasforma il gesto in racconto, rievocando la stessa storia vera di un amore impossibile che ispirò Bodas de sangre di Federico García Lorca.
Sempre il 5 settembre debutta anche Fragmentation di Christophe Al Haber, proposto in sinergia con Solidarity in Motion (realtà che offre supporto agli artisti dei Paesi in emergenza bellica e sociale), una ricerca che esplora la disconnessione dell’individuo attraverso un corpo in frammentazione con lo spazio circostante. Lo stesso canale internazionale sostiene la presenza di Samer Zaher, che con Ancestral Echoes porta in scena un rituale intimo e collettivo allo stesso tempo, attingendo, per decostruirli, a linguaggi disparatissimi, da Bollywood alla danza contemporanea, con gesti arcaici che si rinnovano in chiave performativa.
Il capitolo dedicato alle collaborazioni locali si apre con Boxes della compagnia UnterWasser, realizzato insieme al Teatro del Drago, storico presidio ravennate di teatro di figura. La performance utilizza scenografie e oggetti come dispositivi poetici: scatole che si aprono e si richiudono, mondi che si svelano e subito si nascondono, in un continuo gioco di apparizioni. La collaborazione con il Teatro del Drago si rinnova anche il 13 settembre con la prova aperta di CollaborAction kids, progetto pensato per le giovani generazioni e sviluppato in questa edizione con Gruppo Ibrido e Walt e l’arte di volare. Qui la danza si fa laboratorio di immaginazione: corpi che giocano con lo spazio, che sperimentano leggerezza e caduta, che costruiscono nuove possibilità narrative incardinate sulla pulsione verso la libertà. Sabato 6 settembre il festival prosegue con uno sguardo rivolto alla pluralità delle identità. La coreografa Ofelia Omoyele Balogun porta in scena Figlie della Terra di Mezzo, viaggio nella stratificazione culturale e nelle eredità diasporiche che attraversano i corpi. Il lavoro fonde canto, parola e movimento, creando un paesaggio vibrante in cui le performer diventano custodi di storie che parlano di appartenenza, radici e trasformazioni. Insieme a lei, Nagga Giona Baldina presenta YOURS, (entrambi i lavori nascono in collaborazione con la Rete Yekatit, attiva nello studio della storia coloniale italiana come espressione di una pluralità di soggetti singoli e collettivi), il cui obiettivo è riflettere sui parametri con cui ogni individuo è portato a scegliere tra singolarità e collettività, definendo così il proprio punto di vista sul mondo. Domenica 7 settembre porta (oltre ai due spettacoli di cui si parla qui) una delle collaborazioni più longeve del festival: quella con Trail Romagna, giunta al quinto anno. La möa di Lorenzo Morandini propone una camminata di tre chilometri lungo il fiume, culminante in una performance che intreccia natura, paesaggio e gesto coreografico. Il lavoro invita il pubblico a un’esperienza immersiva: lo scorrere lento dei passi diventa preludio alla danza, e la danza stessa si radica nell’ambiente naturale, mettendo in dialogo corpo e acqua, trasformando l’argine del fiume in scena e i partecipanti in comunità temporanea. Qui la dimensione fisica del movimento incontra la contemplazione del paesaggio, in un incontro corale che unisce arte e territorio. A suggellare i tanti transiti di Ammutinamenti, cantiere vivo, crocevia e agorà catalizzatrice di passaggi tra linguaggi, geografie e comunità, per una visione della danza calata nel presente, architetta di relazioni, pratica di cittadinanza e possibilità di immaginare insieme nuove forme di convivenza.