sabato
20 Settembre 2025
Faenza

Al Museo Diocesano una collettiva che esplora la comunicazione umana

In "Babele. Silenzi, attese, incontri", Giovanni Gardini riunisce le opere di maestri conosciuti a livello internazionale per una riflessione su legami, spiritualità e fragilità

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Una mostra colletiva per riflettere sull’uomo nella sua dimensione antropologica, spirituale e relazionale: Babele. Silenzi, attese, incontri inaugura questa sera, 20 settembre, alle 18, al Museo Diocesano di Faenza. Il percorso, curato da Giovanni Gardini, unisce le opere di artisti di livello nazionale e internazionale come Agostino Arrivabene, Fabrizio Dusi, Giovanni Gaggia, Marco Pellizzola, Claudio Rosi, Graziano Spinosi e si inserisce in una riflessione sulla contemporaneità portata avanti dal museo faentino dal 2018.

«Attraverso l’universale linguaggio dell’arte si intende approfondire il delicato e complesso tema della comunicazione, analizzandone sia gli aspetti che favoriscono la creazione di legami, sia le sue intrinseche fragilità, spesso manifestate attraverso fraintendimenti e silenzi» spiegano dall’organizzazione.

Si parte dall’opera monumentale di Fabrizio Dusi, realizzata tenendo conto delle stesse proporzioni della grande scenografia di Romolo Liverani, che introduce al tema in modo potente. Dusi, infatti, ha dedicato gran parte della sua carriera artistica all’esplorazione della fragilità della comunicazione, traducendo questo concetto in un linguaggio visivo immediato e ricco di significati. Anche le opere di Claudio Rosi offrono una riflessione sul dialogo con una particolare attenzione al tema del volto. Emerge in tutta la sua intensità un’ampia serie di ritratti/autoritratti, rigorosamente in bianco e nero, che raccolgono il pensiero e l’indagine di Rosi sul tema del volto. In quest’opera emergono tre gesti dell’artista: la presenza degli occhiali, che si pongono come un filtro per gli occhi, l’assenza delle orecchie e la bocca sempre chiusa sono segni che invitano a prendere le distanze dalla realtà contingente, verso una dimensione più spirituale. Marco Pellizzola offre uno sguardo attento e prezioso sul cielo, un cielo immaginifico e vicino, dove le stelle tracciano rotte e relazioni. Il cielo, così in altro, pare a portata di mano, si fa vicino all’umanità mostrando una prossimità fuori dal comune. Giovanni Gaggia, attraverso i suoi arazzi, introduce alla parola che interpella: parole tanto importanti quanto evocative ricamate con il filo d’oro, perché preziose sono quelle parole che invitano l’umanità a rientrare in sé stessa. Graziano Spinosi, presenta dei Nidi accoglienti, intimi e rassicuranti, dei grembi che evocano la preziosità delle relazioni più profonde. Ad Agostino Arrivabene è stata infine affidata la dimensione più spirituale del dialogo, quello interiore, aperto all’Altro. Nella grande tela La linea verticale presenta in un’oscurità silenziosa e vibrante una mandorla iridescente, improvvisa come un fulmine che squarcia le tenebre, che attrae verso di sé l’umanità assettata di luce, qui simboleggiata da una figura maschile che accoglie questo amore trasfigurato e trasfigurante.

Durante il periodo della mostra saranno proposti laboratori e visite guidate per le scuole di ogni ordine e grado, e sarà stampato un catalogo con testi in italiano e inglese e fotografie di Marco Parollo. L’esposizione sarà visitabile dal giovedì alla domenica (10-12.30; 16.-18.30) fino all’11 gennaio 2026.

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