sabato
13 Dicembre 2025
la recensione

Le “sliding doors” tra passato e futuro di Roberta Casadei

La mostra della fotografa romagnola allo Spazio Marte mette in evidenza un’artista molto ispirata

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Roberta Casadei (Forlì 1985) è un’artista multidisciplinare che da una decina di anni opera con la fotografia ottenendo risultati nazionali lusinghieri oltre alla pubblicazione di sue opere in riviste internazionali.

Sulla piattaforma di fotografia Percorsi fotosensibili, fondata da Silvia Bigi, un’altra artista ravennate molto stimata per i suoi lavori fotografici, sono visibili anche lavori di Roberta, che condivide con la collega un utilizzo particolare della fotografia: per entrambe non semplice registrazione estetica del visibile ma uno sviluppo aderente a un progetto, a uno sguardo sul mondo che parte da una riflessione di natura concettuale, culturale, emotiva. Probabilmente, oltre alla perizia tecnica si deve a soprattutto questo tipo di procedimento il successo del loro lavoro. Nel testo di presentazione della personale di Casadei, curata dall’associazione Marte per la direzione artistica di Eleonora Savorelli, si sottolinea il processo e il tema. Potremmo definirli una sorta di “sliding doors”, un termine applicato in vari campi che è diventato noto al grande pubblico grazie all’omonimo film del 1998 di Peter Howitt: le “porte scorrevoli” denominano quel meccanismo in cui un avvenimento banale di una vita diventa cruciale e cambia il percorso e il destino di una persona.

Scegliendo o lasciando al destino la scelta, talvolta senza accorgersene o senza dare importanza all’evento, si definiscono svolte alla vita da cui derivano tragitti consequenziali differenti. Probabilmente a molte persone è capitato di chiedersi cosa ne sarebbe stato dei possibili futuri facendo una scelta piuttosto che un’altra, per quanto banale. Portando all’eccesso il ragionamento, si può affermare che anche la nostra esistenza è frutto di scelte di persone che si sono incontrate e hanno determinato la nostra nascita, quella dei nostri genitori, dei nonni e così all’indietro nel tempo, fino a comprendere un intero albero genealogico. Nelle tre serie di opere esposte, Casadei focalizza l’attenzione sugli album fotografici familiari – in questa mostra del proprio nucleo ma con l’interesse la porta anche verso storie di genealogie di sconosciuti – evidenziando gli scarti fra ciò che siamo e ciò che saremmo potute/potuti essere. Si crea così un dialogo fra il presente e il passato in cui si incrociano gli sguardi che provengono da un luogo e da qui, ora. Alcuni lavori seguono il filo conduttore delle genealogie più vicine – i genitori, i nonni, i bisnonni – creando una trama di rimandi fra discendenze consaguinee, rapporti di luoghi ma anche memorie ed emozioni. L’indagine si sofferma su un ritratto ricordandoci quanto siano state importanti le vecchie foto analogiche come costruzioni e mantenimento di memorie.

Nelle serie dal titolo Infinito e uno (2020) l’artista replica l’immagine con un uso maniacale dell’acquerello in modo da restituire la replica verosimile del retro dell’immagine, talmente precisa da imitarne perfettamente le pieghe, le smarginature, le macchie determinate dall’usura o dalle muffe. Le persone ritratte nella prima foto possono anche scomparire nella serie replicata accanto in cui sono lo sfondo e la linea dell’orizzonte a costituirsi come soggetto. Il contesto diventa così la sostanza quasi eterea del luogo che ha accolto quel momento, quelle persone, collegate per via segmentata temporale al presente. In Oscillazione verticale (2025) le immagini vengono invece sottoposte a pilette di vetri delle stesse dimensioni definendo metaforicamente la sovrapposizioni di momenti – le sliding doors – che si interpongono fra quel momento del passato e le vite future con le loro ramificazioni di scelte, forse sconosciute ma del tutto determinanti il presente. In quegli strati di vetri si ancorano anche le percezioni o le proiezioni del presente: chi guardiamo – anche con affetto o rispetto di memoria – rimane una persona che fondamentalmente è quasi del tutto sconosciuta.

In sostanza, che si tratti di repliche di luoghi o dei retri della sostanza fisica delle fotografie, il lavoro considera l’insieme – fatto di immagini, persone, materiali reali, contesti – come confini di una riflessione sugli archi del tempo e sul rapporto spurio, eppure caro, che si instaura fra chi ci ha precedeuto e la nostra attuale esistenza. In tutto ciò esiste anche un elemento perturbante nella serie Inluce (2025), in cui alcuni ritratti opacizzati, posti sotto piccoli schermi riflettenti, rimangono del tutto invisibili: qui, chi guarda non è chi osserva dall’oggi, da questo tempo presente, ma chi è ormai per sempre dietro allo specchio.

 

Infinito e uno. Personale di Roberta Casadei
Fino a 18 gennaio 2026
Spazio Marte, via Sant’Alberto 19
orari: sa-do 15-20 su appuntamento
(martedirettivo@gmail.com, Wa: 3315006266

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