domenica
15 Giugno 2025
Tra porto e mare aperto

Quei 300 milioni in attesa sul Candiano

La rimozione del dosso all'ingresso, il Progettone, i terminalcontainer e crociere, la piallassa Piombone: cantieri fermi

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Mettendo insieme quelli più realistici con quelli più illusori viene fuori un totale di qualche centinaia di milioni di euro: tanto valgono potenzialmente i cantieri attorno al porto di Ravenna. Potenzialmente non è eccesso di cautela: al momento, tanto per capirci, non c’è nemmeno una ruspa al lavoro. Tutto fermo. E non è facile prevedere il destino delle nuove opere a servizio dello scalo. Di alcune se ne parla da anni e per anni se ne continuerà a parlare.

Il primo intervento in calendario è la rimozione del dosso sabbioso formatosi sul fondale all’imboccatura dell’avamporto a causa delle violente mareggiate di febbraio. Una collinetta da 200mila metri cubi che il 10 marzo scorso ha portato la capitaneria di porto all’emissione di un’ordinanza che consente entrata e uscita a navi con pescaggio massimo da 10,5 metri solo se in presenza di almeno 30 centimetri di marea. Una limitazione che sta condizionando i traffici portuali. Alcune navi sono costrette a scali preventivi in altri porti per alleggerire il carico oppure a scegliere altre rotte per evitare i disagi. Nonostante da più parti si faccia pressione per intervenire con urgenza, l’Autorità portuale ha ritenuto non vi siano gli estremi perché non è pregiudicata la pubblica incolumità e ha quindi scelto di procedere con una regolare gara (2,5 milioni di euro). Prima di settembre non si scava.

Se si citano i dragaggi si finisce per forza di cose a parlare dell’intervento più imponente mai pensato per il porto. È ormai noto anche oltre i confini dello scalo: sulle carte ufficiali si chiama Progetto Hub, sulla stampa è diventato il Progettone, per i comuni mortali non è altro che l’escavo di circa 4,6 milioni di metri cubi di materiale dai fondali del canale per avere 14 metri di profondità a servizio di navi con pescaggio maggiore. Un’opera faraonica che secondo le stime richiederà un paio di anni di lavoro e 220 milioni di euro compreso anche l’espoprio di oltre duecento ettari per collocare i fanghi dragati. Il 2015 doveva essere l’anno del via. Ma varie vicende stanno bloccando tutto. Da gennaio Confindustria ha ingaggiato un braccio di ferro con l’Autorità portuale opponendosi all’ipotesi espropri e spingendo per una soluzione alternativa. Poi a Firenze è esplosa l’inchiesta sulle grandi opere che ha travolto l’ingegnere Ercole Incalza e la sua struttura tecnica al ministero competente per il Progettone. Poi è arrivata l’indagine di Ravenna sulle casse di colmata attualmente presenti e ritenute fuorilegge e il loro sequestro. La Regione insiste sulla strategicità dello scalo mentre il Governo l’ha tolto dall’elenco delle priorità. E tutto mentre si discute di una riforma delle authority in cui Ravenna finirebbe in un unico ente del nord Adriatico comandato da Venezia. Oggi Ap sta lavorando a un piano B nonostante per mesi abbia ripetuto che un piano B non poteva esistere. L’ultima parola spesa da Galliano Di Marco, presidente Ap fino alla primavera 2016, è di presentare l’alternativa entro un paio di mesi.

Per il prossimo settembre è invece attesa la consegna del progetto definitivo e esecutivo di Rfi (la società Rete ferroviaria italiana con funzioni di gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale partecipata al 100 percento da Ferrovie dello Stato) per il prolungamento del tracciato ferroviario del raccordo in destra Candiano. Il nuovo ramo costerà un milione di euro finanziato da Ap (Rfi metterà binari e traverse) garantirà l’intermodalità ferroviaria anche ai terminalisti che oggi ne sono sprovvisti e arriverà fino alla penisola Trattaroli dove è prevista la realizzazione del nuovo terminal container.

Quello del terminal container è un progetto in freezer da anni. A febbraio 2014 si rinnovò l’alleanza tra Contship e Sapir che si dissero ancora interessate all’investimento (50 milioni di euro) ma non prima di aver chiarezza sulla partita dei fondali. Quando si cominciò a parlarne si ipotizzava che il porto sarebbe arrivato a movimentare 300mila teu all’anno nell’attuale veste e poi avrebbe raddoppiato con la nuova infrastruttura. Ma a quella cifra ancora non si è mai nemmeno avvicinato: nel 2014 sono stati 222mila, 1,9 percento in meno rispetto all’anno precedente. Un anno fa l’amministratore delegato di Sapir, Roberto Rubboli, giocò a carte scoperte dicendo che la data più plausibile possa essere il 2020. E intanto Contship concentra i suoi traffici su La Spezia.

Poi bisognerà pur ricordarsi che questo porto non ha solo ambizioni commerciali ma anche velleità turistiche. A Porto Corsini dal 2011 è attivo un terminal crociere e da tempo si parla di realizzare una vera e propria stazione marittima: un anno fa Ap progettava di partire entro il 2014 con i lavori di un biennio ma ancora non è partito nulla. Si parlava anche di realizzare il terzo attracco ma anche qui c’è da fare i conti con i numeri: i 162mila passeggeri sbarcati nel 2011 sono poi andati calando fino ai 44mila del 2014 e ai 55mila attesi per il 2015.

Infine l’elenco di grandi opere per il porto che arrancano comprende anche i 27 milioni di euro stanziati da Ap per intervenire nella piallassa Piombone, quella che oggi è l’area (definita sito di importanza comunitaria, Sic, protetto dalla legislazione europea tutelato anche dalla legge regionale come zona di pre-parco del Delta del Po) immediatamente a ridosso del porto introducendo una separazione più netta tra zona portuale e zona naturale: un argine lungo 2,5 chilometri e largo sessanta metri. L’Autorità portuale ha iniziato le opere nel 2013 (direttore Claudio Miccoli, dirigente della Regione al lavoro per Ap) con l’obiettivo di completarle per la fine del 2014. Il comitato per la difesa del Piombone e la lista civica Per Ravenna non hanno risparmiato dure critiche. La procura ha aperto un’indagine

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