Il curriculum vitae del disabile è più utile se proposto in video

Parla il pedagogista Andrea Canevaro sul progetto ideato con Fabrizo Varesco. «Si promuove l’autonomia e si esce dalla logica dell’assistito»

disabiliUn dialogo con Andrea Canevaro è sempre un’esperienza maieutica. Non sai mai quanto sei tu a guidare e quanto è lui a farti scoprire. È quindi una pratica che andrebbe fatta più di frequente e alla quale il grande pedagogista che vive nella campagna di Ravenna da tantissimi anni non si sottrae mai.

L’abbiamo incontrato in occasione della presentazione del progetto Vedo curriculum alla rassegna Librando al Bar Tribeca curata da Ivano Mazzani. L’instancabile bricoleur della pedagogia ha messo in campo infatti un nuovo seme di innovazione nell’ambito dell’inclusione che prevede un uso particolare dei video…

Come è nata questa tua collaborazione con il regista Fabrizio Varesco? Perché è proprio una collaborazione, non è soltanto un occhio che ti riprende...
«È nata da una amicizia partita quasi per caso. Una persona mi disse anni fa, “c’è un regista bravo che vorrebbe fare delle riprese dei bambini nelle scuole dell’infanzia. Beh, dissi io, se vuol fare delle riprese che cosa c’entro io, se invece ha voglia di stare con i bambini è un’altra cosa… così lo incontrai e scoprii in Varesco una persona capace di entrare in punta di piedi, senza disturbare, con grande garbo in mezzo ai bambini. Ci siamo quindi piaciuti e da allora l’ho coinvolto in mille avventure, a volte fruttuose anche professionalmente per lui, a volte don chisciottesche… Ma lui non si è mai negato».

Come è stata l’interazione video con i disabili con cui avete lavorato?
«Molto più complicata di quanto si possa immaginare. Vedi, siamo in un contesto in cui spesso soffriamo di un eccesso di sostegno… io sono un po’ polemico su questo punto, in senso proattivo. Capisco i familiari, allo stesso tempo però essi vanno aiutati ad uscire da questa logica, quella solamente dell’assistito, per entrare in una di maggiore autonomia e promozione. Dicono “il mio bambino” e accanto hanno un uomo maturo. Non è che se sei disabile non cresci… Siamo più portati ad esibire i nostri limiti per ricevere aiuto che non a far capire che cosa siamo in grado di fare. È visibile anche nel nostro ordinamento: se io ho un’invalidità al 100%, gli altri non capiscono che c’è anche qualcosa che invece io so fare. Così un curriculum vitae scritto, in cui si evidenzia la mia situazione di invalidità fa capire al datore di lavoro solo che ricado in una categoria protetta e non che posso essere una risorsa. Il video curricolo invece mette in mostra in diretta le mie abilità. L’idea di per sé è semplice, arrivarci invece più complesso. Fare i cinque minuti di ripresa non è un automatismo, tale è l’abitudine a lamentare le difficoltà. Dobbiamo invece lavorare sul l’impegno e la motivazione, dare ai soggetti l’opportunità di riscattarsi. Ecco, dobbiamo pagare il riscatto …

Andrea CanevaroQuindi invece di fare il solito curriculum scritto l’idea sperimentata è quella di un video curricolo che mostri in azione i candidati…E chi vi ha sostenuto nella realizzazione di questo modello? Chi sono gli attori di questa storia?
«La storia coinvolge due soggetti principali, uno è l’Inail e l’altro sono i soggetti con X fragile. Questa sindrome viene per un errore italiano inserita tra le malattie rare. Questo errore linguistico porta a pensare che forse un giorno si guarirà e invece è un deficit irreversibile. A questo va aggiunto che è trasmesso dalla madre. Questi due aspetti hanno delle conseguenze nella relazione che si instaura tra i genitori e i figli adulti con questa sindrome. Con l’Inail di Forlì e Cesena invece avevamo già avuto un rapporto proficuo che ha portato alla realizzazione di una serie di racconti di storie di vita legate alle vittime di incidenti sul lavoro. Per esempio ottantenni con cinquant’anni di carrozzella che ci hanno consegnato un pezzo della loro vita, è venuta una cosa molto bella in cui si evidenzia il lungo periodo di gestazione nella vita spezzata. Così l’associazione dei familiari ha accolto la proposta rapidamente, ha capito che poteva avere conseguenze positive… Sono fatti così, decidono e via. Hanno capito anche che il riscatto era anche loro, non si può fare solo elenco dei danni, ma anche delle possibilità. Abbiamo coinvolto anche l’università di Bologna, e l’Enel…»

L’Enel?
«Beh, sai se c’è un familiare si fanno miracoli… (Ride). È una cosa positiva, a volte le cose complicate diventano semplici».

E come avete pensato di coinvolgere le aziende, ora che diciamo avete il modello?
«Le aziende possono chiederci di attivare la cosa per la loro lista d’attesa. Ti faccio l’esempio dell’Università di Bologna: ha più di 150 sedi, collocare la persona assunta per la legge 68/99 (quella per l’integrazione dei disabili per capirci) nel posto giusto a fare la cosa giusta è possibile se si conoscono le sue capacità, non se si vede la percentuale di invalidità. Diventa un vantaggio produttivo.  Io ho alcuni soggetti già con video curricolo, ma se Inail decide che questo impegno continuerà, credo che sarebbe utile farlo in modo trasversale su tutti i candidati  sotto i 50 anni».

Fabrizio VarescoQuesta modalità è già stata sperimentata in Italia?
«In Italia non c’è un progetto simile. Si vive alla giornata, c’è poca attenzione alla costruzione di corsie per il futuro… ma ci sono esperienze importanti in Usa e Canada, dove lo praticano a largo spettro».  

Oltre al progetto del video curricolo avete anche fatto formazione professionale, e avete creato nuovi professionisti.
«Eh, sì. L’associazione Akkanto con Enaip di Rimini hanno sostenuto questo percorso per persone con disabilità per operatori del multimediale. Così si è scoperto che una carrozzella è un ottimo strumento aggiunto per chi fa riprese…»
 
Lascio Andrea Canevaro sempre con dispiacere, perché ascoltare le sue storie, che rendono semplice ciò che spesso appare oscuramente complesso, ti porta sempre a spostare un po’ lo sguardo e vedere meglio dove prima era tutto un po’ annebbiato. Video curricolo? Ma davvero prima non ci avevano pensato?

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