Ravenna Holding: ai soci 8 milioni di dividendi e 15 da mutui e vendita azioni Hera

Carlo Pezzi confermato presidente e amministratore delegato della società che gestisce i pacchetti azionari (e non solo) del Comune di Ravenna e di altri quattro soci che hanno chiesto risorse extra per investimenti. «La riduzione di capitale sarà fatta con un mix, sullo schema del 2015. La Holding avrà 7 milioni per investimenti di tipo immobiliare»

CarlopezziPer comodità viene spesso definita la “cassaforte del Comune”, anche se in realtà Ravenna Holding è qualcosa di decisamente più complesso: è la società che detiene le partecipazioni azionarie del Comune di Ravenna ed è partecipata a sua volta dai Comuni di Cervia, Faenza, Russi e dalla Provincia (vedi in fondo all’articolo). In questo periodo viene approvato il bilancio dell’anno scorso che è ancora una volta positivo e prevede la distribuzione di dividendi ai soci. Non solo, il 2018 è anche l’anno del rinnovo del cda e del suo presidente, nonché amministratore delegato, indicato dal sindaco di Ravenna. Per Carlo Pezzi inizia quindi il terzo mandato consecutivo alla guida della società dopo la nomina nel 2012 quando il sindaco era Fabrizio Matteucci. Lo incontriamo nel suo ufficio in Darsena per fare il punto sullo stato di salute della società e avere qualche dettaglio sull’operazione di riduzione di capitale annunciata. I numeri del consuntivo 2017 parlano di un risultato di esercizio di quasi 10 milioni di euro, 1,3 milioni in più di quanto messo a budget e tutte le società nell’ultimo triennio hanno chiuso i bilanci in utile. Visti i risultati molto positivi il cda ha previsto di confermare anche nel 2018 circa 8,2 milioni di euro di dividendi. E, appunto, di ridurre il capitale di 15 milioni di euro per distribuire ai soci risorse utili a investimenti.

Presidente, cominciamo da qui. Come sarà effettuata questa riduzione di capitale? Tre anni anni fa ci fu la vendita di un pacchetto di azioni Hera e l’ottenimento di un mutuo…
«Esatto e anche questa volta lo schema sarà simile. Questo appunto perché non siamo una semplice cassaforte in cui mettere e togliere azioni o denaro, ma una società complessa che può quindi effettuare operazioni ottenendo il maggior beneficio possibile».

L’altra volta si era alla vigilia delle elezioni a Ravenna, questa volta negli altri comuni soci…
«In realtà anche Ravenna, che riceverà circa 10 dei 15 milioni, ha bisogno di fare investimenti, così come tre anni fa. Quindi è stata una decisione che ha visto tutti d’accordo, anche forse perché c’è già un precedente, che ha dato ottimi risultati».

Ma venderete altre azioni Hera?
«Sì, l’intenzione è vendere circa 5 milioni di azioni tra il 2018 e il 2019 e abbiamo calcolato un introito complessivo prudenziale intorno ai 12,5/13 milioni di euro. Inoltre accenderemo un mutuo per altri 10 milioni di euro, per coprire i 15 decisi dai soci, e per finanziare nuovi investimenti per circa 7 milioni».

In questo modo quante azioni Hera libere dal patto di sindacato rimarranno in seno alla Holding?
«Il patto di sindacato (in cui i comuni di fatto si impegnano a non scendere sotto una certa quota, ndr) è appena stato sottoscritto per i prossimi tre anni e come Ravenna Holding oggi sfioriamo i 69 milioni di azioni bloccate, avendo assorbito anche 600mila azioni del comune di Cervia. In tutto oggi ne abbiamo circa 79 milioni, quindi una volta che ne avremo vendute 5 milioni, ne resteranno comunque circa altrettante libere».

Nel frattempo, a Imola, hanno vinto i 5 Stelle. Imola e Ravenna Holding sono sempre state le due realtà che hanno cercato in tutti i modi di far sì che Hera restasse il più possibile in mano pubblica. Ma a questo punto, se anche Imola si dovesse sfilare, cosa succederebbe qui?
«Come dicevo, il patto di sindacato è appena stato confermato per tre anni perché scadeva il 30 giugno e in una società quotata in borsa non si possono avere ritardi. Diciamo che ora vedremo come la nuova amministrazione valuterà di procedere, rispetto anche ad alcune dichiarazioni in campagna elettorale. Fuori dall’Emilia-Romagna ci sono stati in questi anni cambi di amministrazioni importanti senza scossoni, perché all’azienda è stata sempre riconosciuta solidità e capacità di erogare servizi di qualità, oltre ai dividendi. Ma se si dovessero “sfilare” azionisti pubblici importanti, anche in Romagna si dovrà valutare cosa fare».

A quanti dividendi rinuncerà Ravenna Holding dopo la prossima vendita? Tre anni fa si disse che ci sarebbero stati 700mila euro in meno l’anno…
«Sì, in questo caso saranno circa 500mila a regime. Per questo, come nell’altro caso, abbiamo deciso di mettere in atto un mix di azioni che vede affiancarsi anche un nuovo finanziamento, proprio per non rinunciare a troppi dividendi, e beneficiare dei favorevoli tassi di interesse che può ottenere un soggetto della solidità e affidabilità di Ravenna Holding».

Due di questi dieci milioni andranno appunto ai soci, cosa farà la Holding degli altri?
«Investimenti anche per valorizzazioni immobiliari. Tra questi in particolare un’operazione a Faenza, dove un edificio in corso di acquisizione da Faventia Sales, affittato al Comune di Faenza per alcuni suoi uffici, assicura una rendita immediata, e la valorizzazione di un patrimonio pubblico».

E a Ravenna?
«Sulla base delle indicazioni del Comune potremmo intervenire a Marina di Ravenna, con lavori di ristrutturazione della sede del centro civico in piazzale Marinai (che da tempo è stata inviduata come possibile sede anche della caserma dei Carabinieri della località, ndr)».

Quindi la Holding lavora per dare dividendi ai soci e anche per operazioni di valorizzazione a vantaggio dei soci stessi che oggi sono spesso unanimi nelle decisioni e, guarda caso, tutti dello stesso partito. La preoccupa la possibilità, di certo non remota di questi tempi, che alcune delle amministrazioni cambino colore?
«Posso dare solo una risposta tecnica a questa domanda: la Holding ha costruito nel tempo, con gli ingressi successivi di vari enti, meccanismi di governance che favoriscono e beneficiano ovviamente di un consenso unanime tra gli azionisti, ma che possono funzionare anche con maggioranze qualificate».

Dalle opposizioni politiche, intanto, non mancano mai critiche. Ma lei insiste che la società è un esempio lontano da qualsiasi storytelling sugli sprechi e che anzi si è lavorato per “efficientare” e “razionalizzare”. Ci fa qualche esempio?
«Parliamo di elementi di efficienza ed economie tracciabili. Cosi come avviene anche nei gruppi societari privati, una parte consistente di efficenza e sinergie si produce con percorsi operativi e industriali che garantiscano economie di scala e di scopo. La centralizzazione progressiva sulla Holding, che era iniziata anche prima, ma dal 2012 si è molto rafforzata, ha portato a coordinare da parte della capogruppo molte funzioni, utilizzando tutti dipendenti già nel perimetro di società pubbliche. Queste persone oggi fanno in maniera più efficace un lavoro che consente di impiegare complessivamente meno risorse, permettendoci di ridurre anche costi esterni per prestazioni di servizi. E anche quando dobbiamo acquistare servizi, il fatto di poter compare in modo coordinato consente di ottenere risparmi. Così siamo arrivati a un risparmio medio annuo sulla struttura – oggettivo – di almeno 400mila euro, che arriva a 600mila euro se valutiamo il bilancio della holding in una logica di gruppo, compresi i relativi benefici fiscali. Il gruppo oggi ha 290 dipendenti e tre sole figure dirigenziali, di cui una in Ravenna Farmacie. Nessun’altra società “figlia” ha profili dirigenziali, ma solo figure operative. Negli anni, per esempio, sono andati in pensione due figure apicali in Farmacie e in Azimut che non sono state sostituite. Sto facendo un calcolo non teorico, ma sulla base di quanto si spendeva prima e oggi non si spende più. E questi vantaggi si traducono in un risultato di bilancio positivo».

Resta il tema della redditività, altro tasto dolente a sentire le opposizioni.
«Anche qui, il Roe, l’indice di redditività utilizzato anche dall’ex commissario alla spending review Cottarelli è positivo, attorno al 3% nonostante l’ingente valore patrimoniale delle reti idriche che ovviamente non hanno redditività o quasi».

Cottarelli però, venendo a Ravenna invitato dalla lista civica La Pigna, si era detto stupito che esistesse addirittura una società pubblica che si occupa di servizi funebri come Aser…
«Aser ha tariffe praticamente bloccate da diversi anni, gestisce funerali per indigenti che altrimenti sarebbero a carico della collettività, destina parte del fatturato a interventi di carattere sociale, fornisce un servizio particolarmente delicato con profili di grande serietà. Ogni cittadino è libero di scegliere a chi rivolgersi, non ci sono fattori di distorsione del mercato nell’avere una compagine societaria pubblica. La scelta delle amministrazioni di mantenere questa partecipazione non è stata contestata».

Sapir

Ravenna Holding è socia di Sapir, società che opera nell’ambito portuale. Tra i soci pubblici anche Regione e Camera e di Commercio

Tutte le società sono in equilibrio, ma quali sono le società che hanno avuto performance sopra le previsioni?
«Tra chi ha avuto ottimi risultati ci sono sicuramente Start e Sapir».

A che punto siamo con la società portuale? Sarà spacchettata in due, una con i beni immobiliari e l’altra dedita ai servizi?
«Come noto sono stati fatti passaggi formali dai soci; il cda ha approvato in modo unanime un piano industriale che delinea una strategia di valorizzazione degli asset patrimoniali con due grandi fari: non disperdere o impoverire il valore patrimoniale e mantenerne la capacità di produrre risultati economici significativi. Si tratta di un passaggio fondamentale in una società dalla compagine come noto molto articolata e complessa e con un ruolo tuttora fondamentale per lo sviluppo del porto di Ravenna. Per ora si è avviata la separazione contabile, e sono stati fatti passi avanti su alcuni asset patrimoniali con problemi specifici e iter amministrativi in corso».

Sulla voce che Sapir potrebbe comprare una parte di Setramar può dirci qualcosa?
«No comment».

Anche Azimut nel 2017 è andata oltre le aspettative. È stato davvero un affare far entrare i privati al 40 percento? Ora il Comune potrebbe avere maggiori dividendi, come qualcuno diceva a sinistra…
«Azimut garantisce circa 500mila euro l’anno in media di dividendi di cui 300 mila vengono alla Holding, anche se nel 2017 condizioni particolarmente favorevoli ma difficilmente replicabili, hanno portato a dividendi migliori. Credo rappresenti un esempio in cui l’azienda ha beneficiato sia degli aspetti positivi del privato, che va ricordato ha fatto un investimento importante di quasi tre milioni, sia del pubblico, comprese le efficenze operative di entrambi».

Al contrario l’anno scorso si è deciso di riportare completamente in house Ravenna Entrate, facendo felice, appunto, almeno una parte della sinistra. Perché?
«Dal punto di vista operativo, la scelta è stata fatta per il tipo di servizio erogato da Ravenna Entrate, ossia la riscossione dei tributi. Mentre Azimut si occupa di settori regolati da contratti di servizio non soggetti a particolari scossoni, dalle condizioni tracciate in modo chiaro, per il settore di Ravenna Entrate si succedono continuamente cambiamenti legislativi che in una società mista è più complicato gestire, perché devi avere una continuità di base senza poter rivedere agevolmente i rapporti economici. Ma non per questo, naturalmente, Ravenna Entrate non deve essere efficiente dal punto di vista operativo e in pieno equilibrio finanziario e produrre, se possibile e moderatamente, anche utili».

 

Che cos’è Ravenna Holding
Ravenna Holding è una società nata nel 2005 come “cassaforte” del Comune di Ravenna per gestire i pacchetti dell’Amministrazione di azioni di società pubbliche e misto pubbliche-private, come Sapir. Nel tempo sono entrati altri soci, conferendo parte delle loro partecipazioni. Oggi la società è così partecipata: il Comune di Ravenna ne ha il 77,08%, il Comune di Cervia il 10,08%, la Provincia di Ravenna il 7,01%, il Comune di Faenza il 5,17 % e il Comune di Russi lo 0,66 %. I dividendi ogni anno così come i proventi delle azioni di riduzione di capitale vengono ovviamente suddivisi tra i soci in proporzione alla loro percentuale.

I numeri del 2017 della società
Il bilancio 2017 di Ravenna Holding è stato approvato dal Consiglio comunale di Ravenna il 27 giugno con 17 voti favorevoli (maggioranza) e 7 contrari (tutte le opposizioni) e 1 astenuto del gruppo misto. I numeri della società vedono un capitale sociale pari a 431.852.338 euro, l’esito positivo dell’esercizio 2017 è pari a 9.975.080 e il conto economico è superiore al budget preventivato di oltre 1,3 milioni di euro.

Cosa possiede Ravenna Holding
Oggi Ravenna Holding ha quattro società controllate che sono dette anche “figlie” e sono: Aser (al 100%), Ravenna Entrate (100%), Ravenna Farmacie Srl (92,47%), Azimut (59,80%). Partecipa inoltre a società come Romagna Acque (con il 29,13%) e Start (con il 24,46% che sono completamente pubbliche e a società misto pubblico-private come Sapir, di cui ha il 28,93%) e ha il 5,32% di Hera, la multiutily pubblico-privata quotata in borsa.

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