Piallassa Piomboni, Ap: «Progetto terminato entro fine anno». Ma manca la sabbia

In Commissione Ambiente il presidente dell’ente, Daniele Rossi, fa chiarezza sullo stato del cantiere. «In valle si potrà navigare ma solo con le barche a fondo piatto»

Porta Vinciana Piomboni

Due mesi per riprendere i lavori che potrebbero essere terminati entro fine anno. Questo è il termine che il presidente dell’Autorità portuale Daniele Rossi, in commissione Ambiente in consiglio comunale, ha fornito per la fine del progetto in corso nella piallassa del Piomboni. Un progetto iniziato nel 2012, che ha conosciuto molti stop, di cui quello più difficile nel 2015 dovuto ad una questione imprevedibile all’inizio: il Ministero dell’Ambiente ha cambiato alcuni parametri di classificazione delle sabbie dragate dal fondo dei canali della valle, che sarebbero dovuti servire come materiale di riempimento, e il problema non è stato ancora superato del tutto. Rossi lo dice chiaramente: «Lavoriamo insieme ad Arpae per trovare il materiale della maggiore qualità possibile e finire il progetto». I due mesi per la ripresa dei lavori, insomma, sono legati a doppio filo con il reperimento di materiale idoneo.

Un bel problema, se vogliamo opposto a quello della mancanza di casse di colmata che da anni tiene fermo il dragaggio del porto. In effetti le cose sono collegate: nell’ipotesi iniziale- ha spiegato Rossi – si pensava infatti di utilizzare parte della sabbia che si trova stoccata in via Trieste ma che è stata bloccata da un’inchiesta della procura. Il cambio dei parametri ministeriali ha provocato la paralisi dei lavori per tre anni, ripartiti soltanto nel 2018 per completare alcune opere ma non gli argini, in cui mancano circa 600 dei 2.500 metri lineari complessivi previsti dal progetto.

Rossi aggiunge che Autorità portuale oggi ha un solo scopo: «Completare il progetto approvato con Via (Valutazione impatto ambientale ndr.) regionale. Personalmente non so se fosse meglio un’altra ipotesi progettuale oppure no, so che come ente dobbiamo portare avanti questa». Una risposta ai capannisti, una decina quelli presenti in aula, che contestavano i lavori. Rossi ha anche chiarito alcune sue recenti affermazioni riportate dalla stampa locale. La prima riguarda la navigabilità: ha confermato che la valle non sarà più navigabile dalle imbarcazioni motorizzate ma potranno continuare a solcarla le imbarcazioni a fondo piatto – le batane in legno – che sono tipiche delle zone umide ravennate. Per quanto riguarda i lavori completati al 90 per cento, altra affermazione riportata dal Corriere di Romagna qualche settimana fa, il presidente l’ha confermata precisandola: «Quando dico che i lavori sono completati al 90 per cento mi riferisco all’indice economico di progetto». In altre parole: le opere sin qui eseguite coprono il 90 per cento del costo totale.

Alcune precisazioni utili, quelle del presidente, in una commissione Ambiente davvero calda. Aperta dalla lunga relazione di Lista per Ravenna – che si è avvalsa come esperto del presidente del Comitato di salvaguardia delle piallasse, Sergio Monducci – in cui si facevano notare alcuni problemi dello stato attuale dei lavori, anche con l’ausilio di foto aeree. Relazione già anticipata venerdì in conferenza stampa. Autorità portuale ha confermato che alcuni lavori sono da finire (l’argine, appunto, e le porte veneziane) ma ne ha smentite altre. Come ad esempio la chiusura del canale circondariale. In questo caso è intervento Claudio Miccoli, direttore dei lavori e funzionario della Regione: «Quel canale non è chiuso: sotto le palancole c’è un tubo di due metri e mezzo che fa confluire l’acqua». Non sono state date molte risposte invece sull’interramento della parte meridionale e anzi, quando è stata fatta notare le difficoltà dei capannisti, il presidente Rossi ha detto di «scoprire adesso la presenza di capannisti in quell’area e mi chiedo se siano in regola con le concessioni demaniali…». Una frase strana, forse dovuta anche alla dubbia regolarità di alcuni storici manufatti.

Uno dei problemi che si pone invece per il futuro è quello della gestione dell’area: sia della zona di rinaturalizzazione che delle porte vinciane e veneziane: «Questo è un problema serio – ha ammesso Rossi –. Nel progetto c’è scritto che se ne dovrebbe occupare Autorità portuale ma credo che alla fine dei lavori bisognerà discuterne con tutti gli enti preposti». Insomma, Ap sembra non aver intenzione di occuparsene, anche perché fuori dalla sua area di competenza. Sul tema è poi intervenuto il dirigente del Comune Gianni Gregorio: «Credo che la soluzione migliore da questo punto di vista sia quello di un tavolo tecnico in Regione, anche per fare il punto sul progetto. Progetto di cui è corretto valutare la funzionalità solo una volta portato a termine. Per quanto mi riguarda penso che l’ipotesi possa essere quella di una convenzione, come fatto recentemente per altre zone umide». Un punto complessivo è richiesto anche dai rappresentanti del Parco del Delta.

Quello su cui tutti, in gran parte, concordano è che la separazione della Piallassa dal porto, per quanto contestata dall’opposizione e anche da molte persone che vivono quegli ambienti, vada a questo punto terminata. Anche perché i lavori lasciati a metà provoca incidenti come quello raccontato da Giancarlo Mariani, ornitologo, che ha visto uova di uccelli depositate sulle nuove barene distrutte da un’alta marea sospinta dallo scirocco. Insomma, il contrario di quanto dovrebbe accadere. Molto combattiva l’opposizione: Veronica Verlicchi (La Pigna) ha fatto diverse domande, concludendo che «un progetto da 32 milioni di euro oggi ci restituisce venti centimetri d’acqua». Più quieta la maggioranza, che del resto ai tempi votò a favore del progetto. Una lunga maratona da cui emerge un nuovo termine dei lavori, fine corsa inizio 2020.

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