CO2, Eni va avanti: prepara l’impianto di cattura e prevede primi stoccaggi nel 2023

Entro l’estate attesa l’assegnazione della commessa per la struttura che dovrà recuperare l’anidride carbonica dai fumi di Versalis e della centrale di Casal Borsetti. In gara Rosetti Marino, l’Ad Guerra: «Per costruirla serviranno fino a 600 persone»

Pexels Life Of Pix 2391Eni prevede che per la seconda metà del 2023 potrà avere pronta l’infrastruttura necessaria per eseguire le prime immissioni di anidride carbonica nel sottosuolo marino al largo di Ravenna e avviare così la sperimentazione dello stoccaggio nei giacimenti di metano in esaurimento. È la pratica nota con l’acronimo Ccs, dall’inglese carbon capture and storage. Il progetto pilota, del valore di alcune decine di milioni di euro, è pensato per gestire 65mila tonnellate di CO2 all’anno – catturate dai fumi oggi emessi in atmosfera dalla centrale termica di Casal Borsetti (25mila) e dalle caldaie di Versalis al petrolchimico (40mila) – ma potrà entrare in funzione solo se nel frattempo sarà stato approvato il quadro normativo nazionale per regolare le attività.

Con i dati delle prime immissioni di CO2, Eni andrà a pianificare il vero e proprio impianto industriale che prevede una capacità totale di stoccaggio fra due e cinque milioni di tonnellate (con l’obiettivo di siglare accordi con altre società del polo industriale portuale di Ravenna come fonti di CO2 ma anche di utilizzare le condotte di collegamento con gli altri siti Eni a Ferrara e Mantova).

Entro l’estate 2021 il Cane a Sei zampe dovrebbe concludere la procedura di selezione per l’affidamento dei lavori per la costruzione dell’impianto di cattura dell’anidride carbonica, cioè la fase iniziale dell’infrastruttura. Il diossido di carbonio, trasformato allo stato liquido con l’alta pressione, verrebbe poi iniettato a profondità comprese fra 1.200 e 1.600 metri (la fascia dove si trovano le sacche di gas in Adriatico) con l’uso di piattaforme estrattive. Cinque le offerte arrivate a Eni.

Una vede in campo Rosetti Marino. La società di Ravenna che da decenni opera nel settore oil&gas e realizza impianti per eolico offshore, per la decarbonizzazione e per l’economia circolare. La proposta presentata a Eni è la prima mossa di un protocollo di collaborazione con la Nuova Pignone (gruppo Baker Hughes). Nessuna nuova società in costituzione, ma una divisione verticale dei compiti in modo da esaltare i reciproci punti di forza.

Oscar Guerra è l’amministratore delegato della Rosetti e illustra i contorni del protocollo con la società nella galassia della multinazionale statunitense General Electric: «Abbiamo valutato che ci possa essere grande complementarietà fra le parti. Nuovo Pignone realizzerebbe il cuore dell’impianto, la parte dove avviene proprio la separazione della CO2 dal resto dei gas che compongono i fumi di scarico. La Rosetti si occuperebbe di cosa c’è attorno a quel centro, tutto il resto dell’impianto che è il triplo di dimensioni». La costruzione richiede l’impiego medio di 3-400 persone (dai progettisti fino agli operai), con dei picchi di seicento. L’ingegnere Guerra spiega, in parole semplici, la procedura di cattura della CO2: «I grandi stabilimenti industriali cosiddetti “hard to abate”, come le acciaierie o le centrali termoelettriche, rilasciano fumi di scarico che vengono trattati con l’utilizzo di ammoniaca per assorbire l’anidride carbonica che viene compressa».

Il piano della Rosetti è chiaro: «Se venissimo scelti per il progetto pilota di Eni sarebbe una referenza importante per presentarci sul resto del mercato europeo in cerca di altre commesse nel settore». Gli Stati più all’avanguardia nella Ccs sono Norvegia, Regno Unito e Olanda, non a caso quelli che possono contare sui giacimenti nei mari del Nord. «I primi a muoversi sono stati i norvegesi, circa 15 anni fa. Ma lo scopo era sfruttare al massimo i giacimenti e non togliere CO2 dall’aria: iniettare qualcosa che spingesse fuori gas e oli residui». Ora invece è diventato una nuova opportunità di business: «Chi emette CO2 deve pagare una tassa e i costi della carbon tax per le aziende stanno esplodendo».

Lo scenario europeo è descritto dai numeri forniti da Guerra: «L’Europa contribuisce per il 9 percento alle emissioni totali di CO2 sul pianeta e l’Italia rappresenta circa l’uno percento. La capacità potenziale di stoccaggio di anidride carbonica in Europa è stimata in 134 milioni di tonnellate, uno spazio sufficiente per arrivare alla neutralità carbonica per il 2050. Il 4-5 percento dello spazio è collocato tra Ravenna e Falconara». Andrea Alberizia

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