I sindacati Cgil e Uil segnalano lavoratori in posizioni difficili: «Il clima già difficile si è reso in questi anni ancora più pesante»
Stando a quanto affermano i sindacati – ricostruzione accolta anche dai giudici – Sicis aveva collocato in ferie forzate le candidate Cgil per due settimane per poi allontanarle dal loro usuale posto di lavoro mediante trasferimento in un diverso stabilimento, ed aveva inoltre collocato il seggio per le elezioni in luogo defilato e laterale, poco visibile e sconosciuto ai più nella sola sede di via Canala e non nello stabilimento di via Monti, dove erano state trasferite le candidate e le principali attiviste sindacali presidiandolo da telecamere collocate in posizione tale da ritrarre tutti i lavoratori che si recavano all’interno del seggio per votare.
Ci sarebbero poi state pressioni sui lavoratori sia prima che dopo le votazioni con esplicite richieste ad alcuni lavoratori di ritiro del voto espresso, l’affissione in bacheca di un documento in cui dichiarava la non validità delle elezioni per mancato raggiungimento del quorum, aveva dato corso a procedimenti disciplinari palesemente strumentali alle candidate elette per scarso rendimento con motivazioni del tutto pretestuose e tentato di impedire e ritardare le assemblee regolarmente richieste dalle organizzazioni sindacali.
A commento di questa notizia, le due sigle che rappresentano i lavoratori ricordano che pochi mesi fa una sentenza di un tribunale cinese aveva dato ragione alla Sicis in un altro contenzioso, riconoscendo all’azienda oltre un milione di dollari di risarcimento. «Tutto giusto e legittimo – scrivono i sindacati –, perché quando si sbaglia si paga e la giustizia non deve fare sconti a nessuno. È per questo che dopo l’ennesima sentenza di condanna occorre cambiare atteggiamento e pensare concretamente ai propri dipendenti garantendo loro la libera possibilità di essere iscritti al sindacato ed esercitare i propri diritti senza temere ritorsioni».
Il 26 ottobre 2021 i sindacati hanno firmato un accordo che ha consentito a undici lavoratrici/tori di lasciare l’azienda a fronte di un incentivo all’esodo; la maggior parte di loro aveva da tempo maturato l’idea di lasciare il posto di lavoro perché il clima già difficile si è reso in questi anni ancora più pesante. «Nonostante altri lavoratori avessero chiesto di aderire all’accordo per uscire dall’azienda, la direzione aziendale ha negato loro questa possibilità per poi aprire una cassa integrazione ordinaria e sospenderli a zero ore invece di farli lavorare. Tutto ciò è inammissibile ed è l’ennesima prova di assoluta mancanza di sensibilità nei confronti dei propri dipendenti».