Nel 2021 in provincia di Ravenna sono state assunte solo 740 donne a tempo indeterminato, contro i 2.290 uomini. È quanto emerge dall’elaborazione della Cisl dell’Emilia-Romagna sui dati previsionali Excelsior.
«Inaccettabile – commenta Filippo Pieri, segretario generale della Cisl Emilia-Romagna –, bisogna agire subito: l’impatto della pandemia si sta abbattendo soprattutto sulle donne, con un mercato del lavoro che rischia di ampliare ulteriormente il divario di genere, soprattutto in termini di precarietà».
Dal 2017 al 2021 in Emilia-Romagna, il dato medio delle assunzioni a tempo indeterminato sul totale assunzioni è stato appena del 12,4%. Nel 2021 il tempo indeterminato ha interessato il 14,2% delle assunzioni maschili e appena il 9,6% di quelle femminili.
«Il fronte delle mancate trasformazioni da rapporti di lavoro “altri” – continua Pieri – a rapporti a tempo indeterminato (il 61,65% delle trasformazioni riguarda gli uomini, il 38,35% le donne) mostra come il lavoro non standard per le donne non sia propedeutico alla stabilizzazione occupazionale».
Anche il dato del part-time rimane fortemente sbilanciato. In regione, nel 2021, sono stati circa il 44% i contratti attivati per le donne (50% nel resto d’Italia). Tuttavia, circa il 19% dei part-time sembra essere involontario per queste ultime, contro il 6% degli uomini.
Questi aspetti si riversano anche sulla retribuzione pro capite: il gap di genere in valore assoluto si attesta intorno al 30%, divario che può ampliarsi in certi settori.
La Cisl Emilia-Romagna presenta alcune proposte per colmare il divario di genere. Tra le altre, aumentare le premialità per le aziende che si impegnano a garantire parità di genere; rafforzare l’infrastruttura sociale e l’accessibilità dei servizi di supporto alle famiglie; garantire la trasparenza delle aziende in termini di retribuzioni e percorsi di carriera.