«Produzione auto a rilento, mancano componenti e prezzi in crescita»

De Stefani Cosentino, presidente nazionale di Federauto, l’associazione delle concessionarie, spiega le ragioni del calo delle vendite. In Italia circolano 39 milioni di veicoli, per gran parte obsoleti e inquinanti

Autosalone Mercedes

«Le proiezioni dicono che il mercato auto in Italia non riuscirà ad arrivare a 1,3 milioni di nuove immatricolazioni nel 2022. Vuol dire numeri da anni ’60, meno dell’anno del cigno nero che è stato il 2020 con il lockdown».
Adolfo De Stefani Cosentino è titolare del salone Mercedes a Ravenna ma è anche presidente nazionale di Federauto, l’associazione che rappresenta le concessionarie in Italia. I numeri nel dettaglio, forniti dallo stesso De Stefani, sono questi: nel 2021 vendute 1,46 milioni di auto, 1,39 nel 2020 e 1,9 nel 2019.

Cosa incide sul calo delle vendite?
«Due aspetti importanti. Prima di tutto la mancanza di componentistica che ritarda la produzione delle auto. Non solo microchip. Un esempio: buona parte dei fasci elettrici che trovi stesi a chilometri in ogni auto veniva prodotta in Ucraina. Il secondo fattore è l’aumento del prezzo medio dei veicoli: oggi siamo a circa 24mila euro, il 16 percento in più di un anno fa».

Mercato in crisi, ma prezzi in crescita? Come è possibile?
«Tre questioni. La prima: l’inflazione che vale per tutti. La seconda: l’aumento di dotazioni da installare sulle auto per le regolamentazioni di sicurezza. La terza: un motore elettrico costa il 27 percento in più di uno a benzina. Anche se avessimo le forniture di componentistica in tempi accettabili, ci sarebbe comunque un aumento di prezzo».

In questo panorama com’è la situazione degli incentivi statali?
«L’Italia ha un parco veicoli circolante vecchissimo e quindi la parte di incentivi dedicati ai motori endotermici si sono esauriti in poco tempo. C’è ancora disponibilità per le vetture elettriche ma finisce per essere un aiuto a chi ne ha meno bisogno: parliamo di 38mila euro di media per un’auto solo elettrica e 50mila per una plug-in, spesso acquistate come seconde auto. Anche se l’incentivo può arrivare a ottomila euro, restano comunque veicoli inaccessibili per la fascia di popolazione che invece avrebbe più bisogno di cambiare l’auto perché ha motori obsoleti che inquinano molto».

Quali sono gli impatti ambientali dei veicoli sulle strade?
«In Italia abbiamo 39milioni di mezzi in circolazione di cui 22 milioni sono da Euro 4 in giù e addirittura 8 milioni hanno più di vent’anni. È su queste auto che bisogna agire se vogliamo abbassare le emissioni di CO2».

Come?
«Chi ha un’auto vecchia e non la cambia è soprattutto perché non può permettersi la spe- sa di un’auto nuova. Allora a questi automobi- listi andrebbe messo a disposizione un usato comunque migliore di quello che hanno ma a prezzi abbordabili. Sono le vetture del popolo delle partite Iva che cambiano auto ogni 30- 36 mesi. Da anni spingiamo per aumentare le agevolazioni fiscali per loro: in Italila le partite Iva sono il 35 percento del mercato auto, in Germania il 60».

La mobilità elettrica sarà il campo di battaglia futuro tra produttori?
«Dovrebbe esserlo. Il primo scoglio da superare è il prezzo. Ma dobbiamo anche porci un’altra domanda. Con l’aumentare delle auto elettriche aumenterà la domanda di energia e il mercato dice che aumenterà il suo prezzo. Quanto costerà la ricarica di un’auto? Sarà davvero competitiva? Ai prezzi attuali dell’energia, una ricarica fast charge per 200 km costa come viaggiare a benzina. Dubito che al 2030 saremo passati tutti all’elettrico».

Nello scenario di crisi generale del settore che ha appena illustrato, com’è la situazione occupazionale?
«Il numero che spiega tutto è questo: nel 2008 c’erano 2.700 concessionarie in Italia, alla fine del 2021 erano 1.230, fra due anni saranno 800. Le case automobilistiche reputano troppo onerosa la rete distributiva».

C’è agitazione per una possibile modifica dei rapporti tra case e concessionarie?
«Alcune marche vorrebbero aggirare il regolamento europeo sulla distribuzione verticale trasformando i concessionari in agenti, ma non credo sia fattibile. Qualche marca è convinta che le auto si compreranno online, io non la penso così».

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