Futuro a rischo per il sistema produttivo dell’apicoltura. A denunciare la crisi è Coldiretti Ravenna che stima al momento una perdita di produzione nei mesi di aprile e maggio 2023 pari anche all’80% rispetto alla scorsa stagione. «Dall’inverno siccitoso all’alluvione passando per le gelate tardive primaverili – scrive in una nota stampa l’associazione locale degli agricoltori –. Maltempo e calamità che non hanno lasciato scampo nemmeno alle api con i raccolti di miele in Romagna pressoché azzerati».
«Gli apicoltori romagnoli – spiega Nicola Dalmonte, Presidente di Coldiretti Ravenna – sono in ginocchio perché oltre all’azzeramento del raccolto devono fare i conti anche con le incognite e le spese legate alla ripartenza».
I danni provocati dalla doppia alluvione che ha colpito il territorio ravennate e coinvolto gran parte dei 45mila alveari romagnoli curati da oltre 1800 apicoltori – afferma il sidacato dei coltivatori/allevatori – sono ingenti poiché hanno compromesso la produzione primaverile, ma mettono a repentaglio anche il futuro di un intero settore che, già lo scorso anno, sempre per via dei cambiamenti climatici, aveva detto addio a quasi 1 vasetto di miele su 4 (23%) rispetto a poco più di un decennio fa.
Allagamenti e frane, oltre a spazzare via fiori e frutteti, indispensabili per la vita stessa delle api, hanno travolto anche migliaia e migliaia di arnie cancellando interi alveari e famiglie di api. Quelle poche api che si sono salvate – spiega Coldiretti – rischiano ore di morire di fame per via delle difficoltà che gli apicoltori stessi incontrano nel raggiungere arnie e alveari. Il disastro che ha colpito l’apicoltura romagnola è un grave pericolo anche per la biodiversità, considerato che le api domestiche e quelle selvatiche sono responsabili del 70% della riproduzione di tutte le specie vegetali e servono al lavoro degli agricoltori con l’impollinazione dei fiori. Infatti ben 3 colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni secondo la Fao.
Ma non finisce qui: il timore è che il calo delle produzioni collegato agli sfasamenti meteo-climatici apra nuovi spazi alle importazioni dall’estero, già cresciute del +12% nel 2022 per un quantitativo di oltre 26,5 milioni di chili, provenienti anche da Paesi che non sempre brillano per trasparenza e sicurezza alimentare. Non è un caso, infatti, – concludono i rappresenati degli apicoltori – fra i campioni di miele importati nella UE fra il 2021 e il 2022, quasi 1 su 2 (46%) sia sospettato di adulterazione, secondo l’indagine “From the hives” della Commissione europea.