Turismo, Cgil: «Le aziende tagliano sulla formazione e i migliori vanno all’estero»

Folli (Filcams): «Una volta la somma tra paga regolare e nero era superiore ai minimi di legge e attirava, ora non è sempre così»

Pexels Di Bella Coffee 1233534La conferma delle difficoltà degli imprenditori a trovare personale per la stagione turistica in riviera arriva da chi tutela la controparte: i sindacati. «È tutto vero, lo vediamo ogni giorno da qualche tempo – assicura Cinzia Folli, segretaria provinciale della Filcams-Cgil che assiste gli occupati nei settori ricettivo e ristorazione –. I più giovani non sono disposti a fare la stagione al mare da quattro mesi con un numero indefinito di ore giornaliere e senza riposi settimanali, cosa che denunciamo da tempo come prassi scorretta. Purtroppo una buona parte di imprenditori del settore è ancora convinta che quella sia l’unica modalità per la stagione. Ma nei posti di lavoro dove si offre un minimo di rispetto delle regole non mancano le domande di assunzione».

Turni estenuanti senza pause era un modello accettato anche dal lavoratore fino a qualche anno fa. Ora pare che le cose siano cambiate: «Le nuove generazioni vogliono anche tempo libero per le proprie esigenze, danno più importanza al bilanciamento tra vita e lavoro. Un rafforzamento di questo atteggiamento si è avuto con il Covid, forse perché ha dimostrato che non si sa mai cosa ci può capitare domani. Succede non solo per i lavori stagionali ma in generale nella scelta dell’occupazione. Lo stiamo vedendo molto anche nel commercio: i commessi dei negozi pensiamo che debbano solo vendere una maglietta, ma molte volte cominciano alle 5 del mattino per ricevere la merce e diventa un lavoro meno richiesto di un tempo».

C’è anche l’aspetto economico. La sindacalista fa i conti: «Una volta la somma tra retribuzione regolare e fuori busta dava una cifra superiore ai minimi sindacali e questo poteva essere uno stimolo per qualcuno. Ora non è più così: ce ne accorgiamo quando facciamo i conteggi a fine stagione per chi non ha percepito tutto il dovuto».

I datori di lavoro lamentano anche un calo delle competenze per chi poi accetta il lavoro: «Denunciamo da anni anche questo. Si è sempre ragionato per spendere meno possibile nel personale e ovviamente la formazione non viene considerata utile. Molti lavoratori se ne vanno all’estero: Inghilterra e Spagna attirano molto. Il flusso in entrata invece non arriva da quei Paesi ma da altri, in particolare extra Cee, in questo periodo soprattutto asiatici e africani, perché le condizioni contrattuali offerte dall’Italia sono allettanti per i loro standard. Ma questo significa importare manodopera non qualificata». (and.a.)

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