La deputata Ouidad Bakkali (Pd) ha presentato un’interrogazione in commissione al ministro dell’Economia e delle Finanze e al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali per denunciare la situazione sempre più insostenibile del servizio postale italiano. Dall’interrogazione emerge un quadro allarmante: circa 700 uffici postali chiusi in pochi anni, altri che operano solo a giorni alterni o in fasce orarie ridotte, e un drastico calo del personale, che nella provincia di Ravenna si è quasi dimezzato tra il 2012 e il 2025.
«Nonostante Poste Italiane sia formalmente quotata in borsa – spiega Bakkali – lo Stato detiene una quota maggioritaria, direttamente e tramite Cassa Depositi e Prestiti. È quindi inaccettabile che, pur trattandosi di un servizio pubblico essenziale, continui la chiusura sistematica di uffici postali, la riduzione degli orari e il progressivo abbandono dei territori. Insieme a una perdita netta di servizi per i cittadini si assiste a un peggioramento delle condizioni di lavoro: contratti precari, straordinari non pagati, carichi di lavoro insostenibili e un aumento degli infortuni, anche gravi e mortali».
Nella mattinata odierna, 3 aprile, davanti all’ufficio Poste in piazza Garibaldi a Ravenna si è tenuto un presidio promosso dai sindacati. A conclusione della manifestazione, la Uil ha divulgato una nota per condividere le preoccupazioni di Bakkali: «Poste Italiane macina utili record, più di due miliardi di euro, ma i servizi ai cittadini, anche nella nostra provincia, soffrono di chiusure di sportelli e di riduzione degli orari di apertura al pubblico, penalizzando, soprattutto nel forese ma anche in città, il servizio all’utenza, soprattutto quella più fragile come anziani e pensionati».
Uil assicura che non lascerà nulla di intentato per contrastare la riduzione di servizi postali essenziali per la comunità e per contrastare le riorganizzazioni aziendali e riportare gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori al centro del progetto di Poste Italiane.
Alla vigilia del sit-in, era stata la Cgil a parlare di «brutale riorganizzazione che sta portando alla chiusura di centinaia di strutture fondamentali sul territorio».