mercoledì
25 Giugno 2025
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L’industria della ceramica in crisi per il caro energia e il post alluvione

Nel frattempo, il Mic di Faenza lavora a un piano per salvare i manufatti in caso di emergenza

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L’aumento del costo dell’energia sta influendo in tanti settori, ma alcuni sono più in difficoltà di altri. È il caso della ceramica, uno dei comparti più importanti per l’economia emiliano-romagnola, che sta subendo i rincari sul gas e l’elettricità indispensabili per la propria produzione.
Tanto che molte piccole imprese rischiano di chiudere, mentre le più grandi stanno meditando di trasferirsi all’estero.

L’allarme è stato lanciato nei giorni scorsi da Augusto Ciarrocchi, presidente di Confindustria Ceramica, in occasione dell’assemblea annuale dell’associazione tenutasi a Sassuolo: «Se continuasse così, probabilmente molti dei nostri penseranno di andare a produrre da un’altra parte», ha detto. «Le dimensioni di molte aziende, soprattutto nel settore delle piastrelle, sono dimensioni tali che possono consentire di fare scelte di questo tipo. Certo, le aziende più piccole faranno un po’ fatica, ma le medio-grandi avranno tutte le possibilità di lasciare l’Italia».

Secondo Confindustria Ceramica, in Emilia-Romagna ci sono 259 imprese di ceramica che coprono l’80% della produzione nazionale e contano oltre 26 mila dipendenti. Il fatturato complessivo ammonta a 8,7 miliardi di euro e l’85% è rappresentato dall’export delle piastrelle. Le aziende più grandi sono situate in Emilia, nel modenese, mentre quelle più piccole e artigianali sono in Romagna, principalmente a Faenza. Ci sono poi altri distretti minori a Reggio Emilia e Imola.

Ma i problemi sono comuni: la ceramica è considerato un settore energivoro, in quanto il 30% dei costi di produzione è rappresentato dalle bollette, superiore al costo del lavoro. La creazione della materia prima, infatti, ha bisogno un’elevata quantità di calore. I principali competitor dell’industria ceramica emiliano-romagnola sono l’India e la Turchia, dove i costi dell’energia sono molto minori.

In Romagna, però, c’è un’aggravante aggiuntiva: sono le conseguenze dell’alluvione, che hanno colpito molte aziende faentine mentre hanno risparmiato l’industria emiliana della ceramica. Di questo si è parlato lo scorso 5 giugno al Museo internazionale delle ceramiche di Faenza, durante la quarta edizione della “Giornata del restauro”, un’iniziativa biennale organizzata dal Mic insieme al Gruppo italiano dell’International institute for conservation per approfondire le problematiche legate al restauro della ceramica. Il tema di quest’anno era dedicato proprio alla “Ceramica nell’emergenza”: un centinaio di restauratori, studenti e professionisti del settore si sono confrontati sulla necessità di stabilire una prassi per prevenire altri disastri nel caso di futuri eventi catastrofici.

«La gestione dei beni culturali in situazioni di calamità deve diventare sempre più strategica nel confronto fra istituzioni e professionisti», ha detto la conservatrice del Mic Valentina Mazzotti. «A livello regionale, registriamo l’affermazione di una crescente consapevolezza della cultura dell’emergenza con il progetto Egida “Piano sicurezza emergenza” che ha coinvolto 11 musei, tra cui il Mic, e che porterà alla de nizione di una piattaforma di sintesi di tutte le necessarie informazioni per la prevenzione e la gestione del rischio all’interno degli istituti culturali».
Il piano prevede di sviluppare un disciplinare sulla prevenzione e la gestione degli eventi catastrofici, trasmettendo le competenze per spostare e recuperare i manufatti di ceramica in caso di emergenza, nonché individuando dei luoghi di sicurezza in cui collocarli. Una priorità dopo la triplice alluvione di Faenza, ma che può rappresentare un utile strumento in tutta Italia anche in caso di incendi, terremoti o altri cataclismi.
Non solo per i musei, ma anche per le aziende.

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