L’11 e il 12 dicembre all’Hotel Cube di Ravenna si è tenuta la due giorni organizzata dalla Cooperativa sociale Solco dal titolo Avere casa. Idee e politiche per un nuovo abitare. «La partecipazione a questo evento è andata oltre le nostre aspettative – commenta Antonio Buzzi, presidente Solco Ravenna -. Abbiamo registrato il tutto esaurito con le iscrizioni e messo insieme un gruppo eterogeneo di partecipanti: operatori sociali, volontari, geometri, architetti, assistenti sociali, cooperanti dell’abitare, imprenditori edili, possibili finanziatori, amministratori e dirigenti pubblici. Questo dimostra quanto questo tema sia trasversale e tocchi molti aspetti del nostro assetto sociale ed economico, e soprattutto prova quanto sia urgente parlarne. Questa iniziativa è solo un primo stimolo per favorire la nascita di tavoli di discussione e decisionali su questo tema, dove siano presenti tutti i soggetti che hanno animato questo convegno e che hanno qualcosa da dire sul tema della casa. Noi siamo pronti».
La prima giornata dell’evento è servita per fare il punto sulle criticità maggiori, sulla condivisione di buone prassi e idee innovative e sul lavorare in maniera partecipata alla stesura di proposte da portare davanti a una platea di decisori pubblici e possibili soggetti finanziatori, presenti nella giornata conclusiva. «Nel pomeriggio di giovedì abbiamo costituito 5 tavoli di lavoro – continua Buzzi – dedicati alle diverse dimensioni dell’abitare e facilitati da esperte ed esperti del settore in vari ambiti». Tra le idee portate avanti dai tavoli ci sono state la necessità di creare un fondo mutualistico di prossimità abitativa per aiutare le persone che si trovano in difficoltà economica temporanea e che rischiano di perdere il proprio alloggio, e il modello Rent to own, per affrontare il problema dell’accessibilità alla locazione e al mutuo soprattutto per i giovani.
Tra le azioni urgenti da mettere in campo sono state sottolineate: la necessità di lavorare sul concetto di comunità attiva e corresponsabile, promuovendo l’accesso a forme di abitare collaborativo e sviluppando una nuova normativa specifica; lo sviluppo di una rete sinergica composta da soggetti eterogenei sui territori per aiutare le persone più fragili nella propria autodeterminazione, attraverso il sostegno all’inserimento lavorativo e il supporto ai servizi; il bisogno di superare il mismatch tra case vuote e persone senza casa, recuperando il patrimonio pubblico e privato inutilizzato con il coinvolgimento di finanza paziente. Nella seconda giornata, in rappresentanza degli enti decisori, erano presenti, tra gli altri, anche l’assessore alle Politiche abitative della Regione Emilia-Romagna Giovanni Paglia e l’europarlamentare Irene Tinagli a capo della Commissione speciale sulla crisi degli alloggi nell’Unione europea.
La sociologia affronta l’emergenza abitativa come un fenomeno complesso di esclusione sociale e disuguaglianza, analizzandone cause (precarietà economica, aumento dei costi, scarsità di alloggi popolari), impatti su gruppi vulnerabili (giovani, famiglie monogenitoriali, stranieri, poveri) e le diverse forme di povertà abitativa, dalla perdita dell’alloggio al sovraffollamento e a condizioni precarie, evidenziando l’insufficienza delle politiche pubbliche e la necessità di approcci integrati che includano il diritto costituzionale alla casa e soluzioni innovative come il social housing. Nei due giorni di lavoro è emerso che le politiche abitative richiedono un cambio di paradigma radicale, passando da un modello speculativo a uno sostenibile e inclusivo, con una forte sinergia tra governo pubblico e reti economiche e sociali, per creare soluzioni che mettano al centro la persona, la comunità e l’ambiente, trasformando il diritto alla casa da merce a bene comune, attraverso la collaborazione, l’innovazione e la co-progettazione, superando l’attuale sistema che genera esclusione e precarietà. Questo approccio, per quanto utopico, rappresenta una necessità
impellente, come ha in qualche modo voluto dimostrare questa iniziativa, promuovendo un confronto aperto tra esperte/i, istituzioni e cittadine/i per sviluppare strategie concrete e condivise. Se le nuove politiche abitative richiedono un passaggio da soluzioni emergenziali a strategie integrate e preventive – focalizzate su sostenibilità, inclusività e rigenerazione urbana, affrontando la crisi abitativa con un mix di intervento pubblico (welfare abitativo, edilizia sociale, rigenerazione patrimonio), incentivi privati (riqualificazione, affitti calmierati) e supporto alla domanda (sussidi, voucher), superando la logica della proprietà esclusiva verso un approccio multifunzionale (housing sociale, co-housing, intergenerazionale) – sarà allora indispensabile tenere conto anche di criticità pregresse riscontrate e non superate. La sinergia tra governo pubblico e competenze diffuse, sebbene auspicabile, si scontra troppo spesso con ostacoli pratici che minano la stabilità stessa del sistema. In sintesi, l’idea di un cambio di paradigma è necessaria, ma deve essere affrontata con un sano realismo. Perché il cambiamento funzioni, è fondamentale: garantire che i cosiddetti modelli di progettazione partecipata siano vincolanti e non solo consultivi; strutturare la collaborazione tra pubblico e privato sociale su basi solide, trasparenti e con ruoli chiaramente definiti; prevedere meccanismi di finanziamento stabili e accessibili.



