giovedì
02 Ottobre 2025
Incontri

Finissage di “Vincenzo Latina. Una costellazione in terra – Il memoriale delle vittime del naufragio del 3 ottobre 2013 a Lampedusa”

3 ottobre 2025 | 17:00
Museo Nazionale di Ravenna

Il pubblico potrà ascoltare Francesca Anichini, docente di archeologia moderna e contemporanea, con un intervento di grande attualità

Descrizione fornita dagli organizzatori

Giunge alla conclusione la mostra “Vincenzo Latina. Una costellazione in terra – Il memoriale delle vittime del naufragio del 3 ottobre 2013 a Lampedusa” al Museo Nazionale di Ravenna, con il finissage venerdì 3 ottobre, alle ore 17. Nella Sala del Refettorio del Museo il pubblico potrà ascoltare Francesca Anichini, docente di archeologia moderna e contemporanea, con un intervento di grande attualità su come lo studio degli oggetti ritrovati possa aiutare a far emergere dall’oblio le storie dei migranti; e Vincenzo Latina, autore del progetto di riqualificazione della cava di Lampedusa, “teatro” tragico delle migrazioni di popoli, ma anche simbolo di un’umanità in cerca di speranza, in una lezione che parla di architettura e tolleranza.

L’intervento di Francesca Anichini prenderà avvio proprio da Lampedusa e dal suo progetto di ricerca sull’isola. Se Latina ha definito questa cava un “luogo parlante”, Anichini sostiene che a Lampedusa, primo approdo d’Europa per i migranti, è la materia a raccontare. In contrasto con l’assenza delle persone alle quali non è data voce, né nome, né volto, le tracce materiali raccolte sull’isola raccontano una narrazione diversa da quella entro la quale siamo quotidianamente immersi, che le considera rifiuti. Gli oggetti ma anche i paesaggi, letti archeologicamente nella loro materialità, offrono un nuovo sguardo sulle dinamiche connesse ai viaggi migratori nel Mediterraneo Centrale. Tracce che instaurano relazioni con l’isola e la sua comunità, in forme tangibili e intangibili. Un’archeologia del presente chiamata a lavorare nella criticità di un contesto dove contro narrare diventa atto politico, al di là dei confini dell’isola; un’archeologia che prova a opporre resistenza alla condizione silenziata nella quale viene mantenuta la memoria di ogni persona migrante.

Introducendo il suo progetto di recupero della cava di Lampedusa, narrato all’interno della mostra, ancora visitabile, Vincenzo Latina spiegherà quindi che l’architetto opera come il traduttore letterario: il testo da interpretare si compone di città, territorio, edifici preesistenti in cui inserire innesti, tra alterità e capacità di adattamento. L’architettura, sostiene Latina, non è mai neutra: ogni intervento ne modifica la scrittura, la sintassi, senza alterarne il senso. L’architettura, come la letteratura, la sceneggiatura, la cinematografia, l’arte, si avvale di “ri-costruzioni” e tesse continue relazioni. La tolleranza non è solo nella comunità delle persone, ma anche nell’architettura, per esempio nei materiali che molte volte non vogliono stare insieme, o tra loro non hanno nessuna attinenza. Come il vetro e il legno, o la pietra, l’acciaio e il cemento armato. È l’ingegno dell’uomo a farli convivere, grazie ad alcuni strumenti che facilitano il dialogo alla tolleranza, come la geometria, la matematica, la fisica, la chimica, lo studio dei fenomeni naturali e il pensiero speculativo. Così la tolleranza fa sì che gli errori sommati nel corso delle lavorazioni possano essere assorbiti.

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