lunedì
22 Dicembre 2025
l'intervista

«I vini sono figli del territorio. A Natale brindiamo con una “bolla” romagnola»

Adolfo Treggiari è il presidente della sezione locale dell’Associazione Italiana Sommelier: «Rivelazioni a prezzo contenuto? Dall’Oltrepò Pavese o dalla Calabria»

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«I vini sono i figli del territorio, ne raccontano la storia, la cultura, le tradizioni». Parola di Adolfo Treggiari, sommelier dal 2010 e presidente di Ais (Associazione Italiana Sommelier) Romagna dal 2022. Nella vita lavora come ingegnere elettronico, ma la sua passione per l’enologia affonda le radici già nell’infanzia: «A casa mia, fin da piccolo, ho sempre trovato una bottiglia di vino sulla tavola apparecchiata». Per lui il vino non è solo gusto o tradizione, ma uno strumento di lettura del territorio.
L’associazione organizza corsi per gli appassionati formalmente riconosciuti dal ministero e divisi in tre livelli. Il primo si concentra sui metodi di produzione, il secondo è improntato sulle degustazioni, con una panoramica sulle tipicità regionali italiane, mentre l’ultimo livello esplora gli abbinamenti con il cibo: «Il nostro fiore all’occhiello, un binomio sempre più importante nel mondo del food».
Partendo proprio dagli abbinamenti, e pensando al periodo festivo, quali vini locali affiancherebbe a un menù della tradizione romagnola?
«Pensando agli immancabili cappelletti con brodo di cappone, direi che la scelta più azzeccata è un Romagna Albana docg. Secco, dalla giusta consistenza e acidità per “sgrassare” il brodo. Il secondo piatto è solitamente il lesso bollito, perfetto con un sangiovese superiore: anche questo leggermente acido, perché giovane, con una buona persistenza tannica per bilanciare l’untuosità delle salse che accompagnano la carne. Infine, il dolce: se si opta per il pandoro, meglio orientarsi su un albana dolce doc. Se però si rimane in Romagna, con la zuppa inglese, meglio un rebola doc passito».
E per chi preferisce un menù più moderno anche durante le feste, uscendo anche dai confini della Romagna?
«In questo caso possiamo immaginare un passatello asciutto con formaggio di fossa, perfetto con un bianco montano, come un kerner o comunque un’etichetta altoatesina: morbida, persistente, perfetta per contrastare la sapidità del formaggio. Come secondo, un arrosto di mora romagnola accompagnato da un chianti classico toscano, capace di assecondare la potenza e l’importanza del piatto».
A Capodanno, invece, si aspetta il tradizionale brindisi di mezzanotte. Quale potrebbe essere un’alternativa al solito Franciacorta?
«Consiglierei una bolla romagnola da uve trebbiano o da uve albana. Una scelta più modaiola ma comunque interessante potrebbe essere un sangiovese rosato vinificato in Romagna. È importante ricordare che la bollicina deve essere dolce solo se abbinata al dessert, ma per un brindisi di mezzanotte o a inizio pasto possiamo scegliere anche un brut».
Qual è per lei il “vino delle feste”, l’etichetta speciale che non può mancare nella sua cantina?
«Nebbiolo di Valtellina superiore. Un vino che ti fa pensare alla montagna. Avvolgente in bocca, persistente. Da gustare rigorosamente senza accompagnamento. Un vino da meditazione…»
Una buona alternativa che si distingue per il rapporto qualità prezzo invece quale potrebbe essere?
«La cercherei tra le eccellenze ancora poco conosciute, che mantengono cifre molto accessibili: dallo spumante di Oltrepò Pavese metodo classico al rosso di Calabria, come un cirò docg. Chi preferisce il bianco fermo può orientarsi sull’Umbria, con un trebbiano spoletino».
Ogni anno la guida Ais premia le eccellenze regionali nella guida Vitae (vedi box in fondo all’articolo). C’è qualche novità romagnola che vale pena citare?
«Non ne citerei una in particolare, ma ci stiamo rendendo conto che di anno in anno sempre più cantine locali entrano a far parte delle eccellenze. Noi degustiamo “alla cieca”, conosciamo la tipologia di vino ma non la cantina di provenienza. Assegniamo un voto a ogni calice e chi registra oltre 90 punti viene iscritto nelle eccellenze. I produttori lavorano sempre meglio, per loro è importante essere citati nelle guide perché generano interesse».
L’attenzione crescente e la ricerca si riflettono anche nelle carte dei vini dei ristoranti?
«In Romagna purtroppo no. Quando viaggio cerco sempre di scoprire cucina e vini locali, anzi spesso capita che scelga prima il vino, poi abbini il piatto di conseguenza. Se mi immedesimo in un turista che si siede a tavola in Romagna, mi rendo conto che la scelta di tipicità locali è molto limitata. Potremmo avere tante etichette a chilometro zero, valorizzando il territorio, i produttori, la loro storia, eppure raramente si trovano in carta, soprattutto sui lidi. È un peccato, perché il turista che assaggia un vino locale in vacanza lo cercherà anche nelle enoteche della sua città, aumentando la richiesta fuori dal territorio e facendo girare l’economia».
Tra le persone invece sta crescendo la curiosità verso il mondo dell’enologia? E tra i più giovani, che sembrano bere sempre meno?
«A seguito del Covid i nostri corsi hanno registrato un picco di iscrizioni, passando da una media di 150 iscritti distribuiti tra i tre livelli alle 250 partecipazioni di quest’anno solo al primo livello. L’età media dei corsi oscilla tra i 19 e i 28 anni, c’è qualche iscritto over 60, ma in generale i giovani sono molto interessati al mondo dell’enologia. Serve consapevolezza: spesso si ha paura a bere quando si deve guidare, ma la moderazione fa la differenza. Una bottiglia dovrebbe essere divisa tra sei persone per ogni portata. È importante bere piano e mangiare qualcosa in accompagnamento. Nelle giuste dosi poi un buon vino non fa male, anzi, è ricco di polifenoli, alleati del sistema circolatorio e cardiaco».

Adolfo Treggiari

I dieci vini segnalati nell’edizione 2026 della guida Ais Vitae
Sono dieci i vini romagnoli premiati dalla guida Ais Vitae 2026. Due nella categoria “Vini innovativi/ Rivelazione”: il Romagna Albana Damadora Anfora 2023 di La Grotta, nel cesenate, grande frutto e piacevole sapidità per un albana che raramente sbaglia un’annata; e il Romagna Albana Passito Podere La Berta 2017 del podere di Brisighella, che migliora ulteriormente rispetto all’ottimo 2015. Poi ce ne sono tre nella categoria “Vini valore/prezzo”. Uno è l’autoctono Rambëla 2024 di Tenuta Uccellina, a Russi, ovviamente da uve Famoso al 100%, floreale e fruttato, inconfondibile, che negli ultimi anni ha trovato una chiara identità. Il secondo è il Romagna Centesimino Oriolo 2023 di Ancarani, nel faentino, anche questo autoctono e con una bella storia alle spalle, chiamato localmente anche Sauvignon Rosso, è un vino elegante, morbido e ben equilibrato. L’ultimo è il Romagna Sangiovese Serra Assiolo 2021 di Costa Archi. Gabriele Succi di Costa Archi è oggi considerato come uno dei vignaioli più talentuosi della Romagna. Ecco poi un altro trio premiato nella categoria “Vini di territorio”. Si parte con il Romagna Sangiovese Bertinoro P.honori Riserva 2021 di Tenuta La Viola, a Bertinoro, naso amplissimo e tannini nobili, poi c’è il Romagna Sangiovese Modigliana Vigna Probi Riserva 2022 di Villa Papiano, di grande eleganza e complessità, frutto di un particolare terroir e di una produzione attenta e rigorosa. E poi ecco il Romagna Sangiovese Predappio di Predappio Vigna del Generale Riserva 2022, di Fattoria Nicolucci, un’icona impossibile da scalzare dalle guide. Sono due, infine, i premiati della categoria “Grandi Vini”. Il Romagna Sangiovese Marzeno Pietramora Riserva 2019 di Fattoria Zerbina è un vino di grande struttura ma di splendido equilibrio. Poi il Romagna Sangiovese Predappio Vigna del Pruno Riserva 2022 di Drei Donà Tenuta La Palazza, nel forlivese. Pruno è il Cru storico di Sangiovese dell’azienda, capace di conservare – e valorizzare – eleganza e freschezza anche dopo tanti anni d’invecchiamento. (al.fo.)

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