lunedì
16 Giugno 2025
chef blasonati

Nel nuovo ristorante dello chef stellato: «Qui le materie prime sono al top»

Ne parla Luca Magnani, ai fornelli del Veranda di Cesenatico, aperto in marzo da Faccani (Magnolia): «Ho cucinato per lui e gli sono piaciuto. Il mio stile? Punto sulla semplicità, il maestro è Marchesi»

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Veranda Di Cesenatico

Ha aperto a inizio marzo a Cesenatico il nuovo ristorante di pesce di Alberto Faccani, unico chef in Romagna che può vantare due stelle Michelin con il suo Magnolia, ora operativo tra le colline di Longiano dopo aver chiuso la storica sede proprio a Cesenatico l’anno scorso.

Il nuovo locale si chiama Veranda e ha aperto al posto di un pub chiuso da anni su viale Carducci. In cucina, lo chef è il ravennate Luca Magnani, classe 1978, reduce da un’importante esperienza come sorta di cuoco-manager in una grossa azienda italiana che gestisce villagi turistici. «Già quando avevo 13 anni sapevo che sarei diventato un cuoco – ci racconta davanti a un caffè –. Ho fatto la mia prima stagione ancor prima di andare all’Alberghiero, in una rosticceria, con la titolare che mi diceva che non ce l’avrei mai fatta. Quella sentenza me la sono “segnata”, mi è rimasta in mente ed è stato uno stimolo per il futuro. Sono sempre stato molto curioso, mi sono guardato attorno, ho fatto corsi e sono arrivato a fare anche una media di 500 ore di cucina al mese. Questo lavoro, se lo fai con dedizione, annulla tutto il resto, pensi solo alla cucina…».

Luca MagnaniDove hai iniziato a fare davvero lo chef?
«Dopo varie stagioni a Milano Marittima, il primo lavoro come responsabile di cucina è stato alla Vecchia Canala di Santerno, dove sono rimasto per otto anni. Poi l’esperienza nei villaggi turistici, dove avevo in gestione tutto, dalla cucina alla sala. Avevo carta bianca e tra le varie soddisfazioni c’è quella di aver trasformato l’osteria di una delle loro strutture di Cesenatico da un locale con uno scontrino medio di 13 euro tutto crostini-cappelletti-grigliata di carne, in uno invece solo di pesce, con lo scontrino medio che si è alzato fino a 40 euro».

Poi l’incontro con Faccani, come l’hai conosciuto?
«In primis per essere andato a mangiare nei suoi ristoranti. Poi c’è stata qualche collaborazione e quando ho saputo che avrebbe aperto un nuovo locale sono andato a fare il colloquio. Gli ho detto che avrei potuto fare lo chef ovunque e mi sarebbe piaciuto capire se ci sarei riuscito anche in un suo ristorante. Gli sono piaciuto e le cose sono andate avanti».

Ma le ricette sono quelle di Faccani?
«Diciamo che ho sempre avuto inventiva, ho sempre cercato di rimanere fedele al mio istinto e fortunatamente ho trovato una persona alla quale questo andava bene. Ho cucinato per Faccani al Magnolia per dimostrargli che sapevo fare il mio lavoro e credo di averlo convinto. Ovviamente seguo le sue indicazioni, essendo il proprietario del ristorante, ma sono abituato alle responsabilità e ho preferito prendermi da subito in prima persona sia i demeriti che i meriti, da condividere con tutta la squadra (la brigata è composta da cinque persone, ndr)».

Che tipo di locale è il Veranda?
«Voleva essere il locale di Faccani di estrazione più popolare, diciamo così, ma in realtà al massimo riusciamo a fare 60 coperti, non di più. Non facciamo cotture e lavorazioni elaborate da ristorante stellato, vogliamo rispettare ed esaltare al massimo la materia prima; d’altronde ne usiamo di incredibili. Ieri per esempio sono arrivati degli scampi vivi da 300 grammi che erano davvero uno spettacolo. Utilizziamo solo del pescato, da Porto Garibaldi a Rimini, con alcune eccezioni come la collaborazione con la Capitaneria di Porto locale che ci garantisce tonni rossi direttamente dalla Sicilia, che ci arrivano ancora interi, da spolmonare. Siamo inoltre uno dei pochi ristoranti aperti recentemente che ha la griglia a carbone, alimentata con il legno che viene appositamente da Cuba…».

Ma resta l’obiettivo di puntare alla Stella?
«Al momento siamo impegnati solo a fare al meglio il nostro lavoro, senza pensarci, siamo ancora all’inizio della nostra avventura».

Il bilancio di questi primi due mesi?
«Estremamente positivo, siamo partiti molto forte. Ovviamente ci sono state anche alcune lamentele, forse perché qualcuno si aspettava i piatti più elaborati di un ristorante due stelle Michelin che invece, come detto, non siamo».

I clienti sono diventati più difficili, in questi anni di programmi tv?
«Diciamo che con il diffondersi di trasmissioni – anche belle e divertenti, ma che lasciano il tempo che trovano – sono diventati tutti chef, un po’ come prima in Italia erano tutti allenatori di calcio…».

Le critiche più assurde?
«Mi ricordo che si lamentarono per una crema catalana perché era fredda… Ma a parte queste critiche dovute all’ignoranza c’è poi anche il gusto personale, che va rispettato. Anche se il paradosso è che la gente è talmente abituata a mangiare prodotti di basso livello, che quelli di qualità capita che possano finire con il non piacere. Penso alla differenza tra una seppia pescata e quelle congelate che vanno per la maggiore. O al tonno rosso, che in un ristorante in cui ho lavorato ho voluto tra i miei ingredienti ma che mi hanno detto che non voleva nessuno, rispetto a quello indonesiano fluorescente, pieno di schifezze, che era richiestissimo…».

Come definiresti la tua cucina?
«Mi piace la semplicità. Nei miei piatti al massimo puoi trovare tre ingredienti. Se diventano già cinque, secondo me ce ne sarà almeno uno che “fa a botte” con gli altri, nella maggior parte dei casi. Meglio pochi, lavorando invece su diverse consistenze e cotture all’interno del piatto».

Un tuo maestro?
«Credo si possa imparare da tutti, anche dalla cuoca peggiore con cui abbia lavorato in vita mia, da ragazzino, che metteva la scamorza affumicata nell’insalata di mare, a quei tempi geniale. Se devo fare un nome di un grande maestro, invece, faccio quello di Marchesi, pilastro della cucina italiana».

Cosa ti piace di più cucinare?
«Per quanto riguarda la carne un po’ tutto il manzo, ma cito la coppa di manzo che se trattata bene può valere un Kobe, grazie a una marezzatura incredibile. Per il pesce dico i calamari, le seppie o le alici, quelli più poveri e un po’ più difficili da trattare».

Raviolo Grigliato Luca MagnaniC’è un piatto che ti ha reso particolarmente orgoglioso?
«Forse il raviolo grigliato, che facevo con il ripieno di caprino e che ora al Veranda facciamo con la capasanta. È come se cuocesse sul testo, sulla fiamma viva dà un piacevole effetto “bruciacchiato”: alcuni clienti più anziani mi hanno detto che è stato come fare un viaggio nel tempo, ha ricordato loro la cottura sulle stufe di legno dei nonni e questo per me è un grande complimento».

Quello che in questi anni ti hanno chiesto più volte, invece?
«Direi il fritto misto di pesce. Che è anche quello per cui ho ricevuto più complimenti. Ovviamente il fritto è un mondo a parte. Al Veranda lo facciamo solo di calamaretti freschi. Quello di paranza di cui in tanti si vantano, ormai, lo vendono anche nelle buste precotte…».

E il tuo preferito da mangiare, infine?
«Inutile, torno sempre lì: il cappelletto al ragù».

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