mercoledì
12 Novembre 2025
L'approfondimento

Le masterclass di vino: il piacere della formazione

Quelle proposte dal Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti 2025 rappresentano un punto di riferimento per chi desidera vivere il mondo enoico in modo più consapevole e partecipato

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Le masterclass di vino rappresentano oggi una delle forme più coinvolgenti per scoprire e comprendere il mondo del vino contemporaneo. Non si tratta di semplici degustazioni, ma di veri e propri momenti di racconto e confronto: un dialogo diretto tra produttori, sommelier, enologi e appassionati, dove il vino diventa linguaggio e strumento di conoscenza. Durante una masterclass, ogni calice è inserito in un percorso guidato che esplora territori, vitigni, stili produttivi e scelte di cantina, con l’obiettivo di affinare la sensibilità del gusto e, allo stesso tempo, la consapevolezza di ciò che si assaggia. È un’esperienza immersiva che invita a rallentare, ascoltare e osservare: dietro un profumo, una sfumatura o una persistenza si nascondono storie di persone, climi, suoli e tradizioni. Partecipare a una masterclass significa imparare a leggere un micromondo legato al vino come si leggerebbe un testo complesso, in cui ogni dettaglio racconta qualcosa. In un contesto spesso dominato dalla fretta e dal consumo superficiale, dalla compulsività e dalla morte del gusto, le masterclass offrono l’occasione rara di approfondire con calma, con competenza e con passione, arricchendo non solo il palato ma anche la cultura personale.
Dopo tutte queste belle parole, mi sembra il caso di sentire il nostro sommelier Alessandro Fogli, a cui chiedo in maniera molto diretta: “Se ti chiamassero a tenere una masterclass sul vino a tuo piacimento, che argomento sceglieresti? E cosa ci racconteresti?”
«Nel caso inconcepibile di una mia masterclass, l’argomento sarebbe il cambiamento climatico, del quale la viticoltura è uno degli indicatori più sensibili. Gli effetti del cambiamento climatico portano ad alterazioni profonde degli ecosistemi viticoli, delle caratteristiche organolettiche dei vini e della geografia vitivinicola globale. A livello mondiale la coltura della vite si sta spostando verso nuove, impensabili latitudini e altitudini. Zone come il sud del Regno Unito, alcune aree del Canada e i Paesi scandinavi stanno diventando produttori emergenti. Allo stesso tempo, regioni storiche rischiano di diventare inospitali, una su tutte la Champagne, il cui clima freddo è sempre stato fondamentale per la realizzazione dei grandi spumanti. Non a caso un paio d’anni fa gli spumanti prodotti nel sud dell’Inghilterra hanno per la prima volta ottenuto riconoscimenti ritenuti impossibili fino a 10, 15 anni fa. La successione dei cicli vegetativi e riproduttivi della vite sta subendo modificazioni significative a causa dell’aumento delle temperature medie. Il germogliamento precoce, che in molte regioni (anche italiane ovviamente) anticipa di 2-3 settimane rispetto ai tempi tradizionali, espone le gemme al rischio di gelate tardive primaverili. Questo fenomeno è particolarmente critico proprio in zone come Borgogna e Champagne, dove le gelate di aprile possono compromettere intere annate. Secondo un’indagine dell’Istituto Nazionale Francese della Ricerca Agronomica, se la temperatura media globale salisse di 2 gradi entro il 2050, si perderebbe il 56% delle attuali zone vitivinicole. Con un aumento di 4 gradi, la percentuale salirebbe all’85% (ma forse a quel punto non ci sarebbero più nemmeno esseri umani), uno scenario agghiacciante. Anche lo stress idrico rappresenta una delle conseguenze più immediate e visibili del cambiamento climatico sulla viticoltura. L’aumento delle temperature e la diminuzione delle precipitazioni estive in molte regioni viticole stanno creando condizioni di deficit idrico cronico che influenzano profondamente la fisiologia della vite, tanto che si stanno già mettendo in atto massicce operazioni di piantumazione di alberi al fine di creare micro-climi attorno alle vigne. E comunque, per resistere al cambiamento climatico, si stanno mettendo in campo varie soluzioni virtuose, a partire da un’agricoltura basata sulla rigenerazione del suolo e sulla biodiversità, visto che un suolo vivo rende le piante più forti, quindi più capaci di affrontare siccità, grandinate o gelo. Quindi ecco copertura vegetale, concimazione con letame di pecore e lama, controllo dei parassiti con ripristino della flora spontanea invece che trattamenti chimici, e così via. Senza parlare di tutti gli accorgimenti dell’agricoltura biodinamica, sulla quale, personalmente, credo molto. L’argomento però è vastissimo, sia a livello di conseguenze nefaste che di riorganizzazione di tutto il sistema vinicolo, quindi meglio fermarsi qui».

All’interno di questo panorama, le masterclass proposte dal Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti 2025 rappresentano un punto di riferimento per chi desidera vivere il vino in modo più consapevole e partecipato. L’evento, in programma a BolognaFiere dal 15 al 17 novembre, propone incontri tematici dedicati a territori, vitigni e produttori selezionati, con l’obiettivo di valorizzare la diversità e la ricchezza del panorama vitivinicolo italiano.
Sul sito è presente il calendario completo, ma vi anticipiamo che si parlerà di Moscato, di Cirò e di Teroldego. E di territorio, nel caso specifico il suolo vulcanico laziale. C’è un territorio a cui sei particolarmente legato e di cui parleresti, Alessandro?
«Le Langhe sono il mio territorio di culto, e qualche anno fa ho avuto la fortuna di approfondirne la conoscenza in una splendida masterclass Ais di due giorni. Ci sono luoghi in cui il vino nasce da un equilibrio di tecnica e fortuna, e poi ci sono le Langhe, dove il vino sembra piuttosto un linguaggio. Tra le colline sinuose che si stendono tra Alba, Barolo e Barbaresco il paesaggio è un mosaico di vigne, nebbie e borghi in pietra, ma soprattutto di saperi antichi che si tramandano come formule di una religione contadina. Dal punto di vista enologico, le Langhe rappresentano una sorta di laboratorio naturale: esposizioni ideali, suoli ricchi di marne calcaree, un clima continentale temperato dalle brezze liguri. Tutto concorre a creare un ambiente unico, dove la vite non solo cresce, ma interpreta. È qui che il Nebbiolo trova la sua patria e le sue mille sfumature, dalla struttura austera del Barolo alla finezza vellutata del Barbaresco. Due vini fratelli e rivali, figli della stessa terra ma con caratteri diversi, come due poeti che raccontano la medesima storia con toni opposti. Accanto al Nebbiolo, resistono e prosperano altri vitigni che hanno scritto la geografia del gusto piemontese: il Dolcetto, con la sua freschezza quotidiana e sincera; la Barbera, più generosa e versatile, capace di passare con disinvoltura dal pranzo rustico alla tavola elegante. E poi l’Arneis, bianco gentile di Roero, che profuma di fiori e di nocciola, testimonianza di un equilibrio possibile tra eleganza e semplicità. Ma le Langhe non sono solo un insieme di etichette, sono una filosofia agricola che ha saputo reinventarsi senza tradirsi. Le vigne a filari stretti, i piccoli produttori che custodiscono ogni cru come un giardino, la scelta sempre più diffusa di pratiche sostenibili, tutto contribuisce a un’idea di vino come espressione del territorio, non come semplice prodotto. Patrimonio dell’Unesco dal 2014, le Langhe sono oggi un simbolo di come la qualità possa convivere con l’identità. Ogni bottiglia che nasce qui è un atto di fedeltà alla terra e alla memoria. E quando un calice di Barolo o di Dolcetto si accosta alle colline che l’hanno generato, si ha l’impressione che il paesaggio stesso stia parlando, e che lo faccia, inevitabilmente, con il linguaggio del vino».
Ogni masterclass unisce approfondimento tecnico e racconto sensoriale: dietro ogni calice presentato si scoprono storie di generazioni, di scelte vitivinicole, di relazione con il territorio. L’atmosfera è informale ma attenta, ideale tanto per neofiti quanto per appassionati esperti. Le masterclass diventano così un momento d’incontro tra saperi, esperienze e calici: un modo autentico per avvicinarsi a ciò che il vino rappresenta davvero.

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