I mitili occupano un posto di rilievo nel vasto panorama enogastronomico del Mediterraneo
Nel vasto panorama enogastronomico del Mediterraneo, i mitili (comunemente noti come cozze qui in Romagna, moscioli nelle Marche e muscoli in Liguria) occupano un posto di rilievo. Questi organismi filtratori svolgono un ruolo cruciale nell’ecosistema marino, nutrendosi incessantemente di fitoplancton e materiale organico.
Tra le varie specie esistenti, le più rilevanti dal punto di vista economico nel Mediterraneo sono il Mytilus edulis, predominante nel bacino occidentale, e il Mytilus galloprovincialis, diffuso nel bacino orientale e lungo le coste romagnole. Entrambe le specie sono apprezzate non solo per il loro valore nutrizionale, ma anche per la loro versatilità in cucina.
Ogni parte della cozza, escluse le valve ovviamente, è edibile: la bocca, situata nella parte anteriore e circondata da quattro palmi labiali che facilitano l’ingresso di acqua e cibo, il piede, di colore arancio, che permette al mitilo di compiere piccoli movimenti, e la ghiandola del bisso che produce filamenti cornei attraverso i quali le cozze si fissano saldamente alle rocce e ad altri sostegni. E proprio il bisso merita un approfondimento: si tratta di un filamento composto principalmente da cheratina che conferisce alle cozze la capacità di aderire con forza alle superfici, resistendo alle correnti più forti. Recenti studi scientifici hanno rivelato che la proteina del bisso non solo resiste all’acqua, ma è anche biocompatibile, cioè non attiva il sistema immunitario umano e quindi non provoca rigetto a seguito di trapianti o suture. Questo ha portato i ricercatori a sviluppare una “colla” bio-ispirata dalla sostanza secreta dal Mytilus galloprovincialis da utilizzare in campo chirurgico.
Dal punto di vista gastronomico, storicamente, lungo le coste adriatiche, le cozze venivano semplicemente cotte in padella con olio e aglio a fuoco vivo. Appena iniziavano ad aprirsi, venivano rimosse dal fuoco per preservarne la tenerezza. Servite con pane abbrustolito, si gustavano direttamente dalla valva, utilizzando il guscio per raccogliere il sugo saporito.
Un’altra preparazione classica prevede l’abbinamento con un sugo di pomodoro fresco, pelato e schiacciato con una forchetta. Questo piatto, arricchito da una fetta di pane abbrustolito strisciata di aglio e un filo di olio extravergine di oliva, celebra la semplicità e la bontà degli ingredienti di stagione.
Il periodo migliore per gustare questo frutto del mare è l’estate: da maggio fino a settembre inoltrato, raggiungono il massimo del sapore e della consistenza. In primavera, le cozze sono in fase di crescita e il loro apparato digerente è molto sviluppato, il che riduce la parte carnosa. In estate, invece, hanno completato la crescita e sono al massimo della loro bontà.
Per concludere quindi, dalla loro capacità di filtrare l’acqua e migliorare la qualità dell’ecosistema marino, alla potenzialità del bisso nella medicina rigenerativa, i mitili continuano a stupire sia in cucina che nei laboratori di ricerca.

Gli “allevamenti” di Cervia e Cesenatico
Le cozze di Cervia e Cesenatico, raccolte da allevamenti situati a oltre tre miglia dalla costa, rappresentano una garanzia di salubrità grazie alle acque pulite e costantemente monitorate. La parola “allevamento” è volutamente tra virgolette perché, in mare aperto, non esiste una vera e propria cattività: non è possibile nutrire forzatamente le cozze né alterarne il naturale processo di crescita. Le aree circoscritte garantiscono semplicemente la tracciabilità e la qualità del prodotto. Negli ultimi 25 anni, l’istituzione di vivai di mitili lungo le coste di Cervia e Cesenatico ha avuto molteplici benefici: non solo ha ridotto lo sforzo di pesca e creato nuove opportunità occupazionali, ma ha anche trasformato le aree marine interdette alla navigazione in zone di ripopolamento ittico. Gli allevamenti sono concessioni delimitate da boe perimetrali: all’interno di queste aree si trovano diversi filari, ciascuno composto da una cima ancorata al fondo marino alle due estremità. A intervalli regolari, dalla cima pendono delle reti tubolari, note come calze, che contengono i mitili. Il ciclo vitale dei mitili varia dai 13 ai 15 mesi. Una volta raggiunte le dimensioni standard (5-7 cm), le cozze vengono portate a riva, selezionate e confezionate in appositi stabilimenti. Ogni confezione è dotata di un’etichetta che riporta il nome della specie, la provenienza, l’identificazione del centro di spedizione e la data di confezionamento. Questi allevamenti non solo assicurano un prodotto di qualità superiore, ma contribuiscono anche alla sostenibilità e alla biodiversità delle acque costiere.
La storia della mitilicoltura sulle piattaforme di Ravenna
Negli anni ‘60, la scoperta dei primi giacimenti di metano nell’alto Adriatico portò alla perforazione di pozzi e all’installazione di piattaforme estrattive. Tuttavia, i calcoli strutturali non consideravano l’enorme apporto di acque nutrienti da parte dei fiumi, soprattutto il Po. Queste condizioni favorirono il rapido proliferare dei mitili, costringendo l’Agip a intervenire stipulando accordi con esperti per gestire il problema. La raccolta dei mitili riduceva il peso sulle strutture sommerse, permetteva ispezioni regolari per controllare l’integrità e manteneva l’attrito del mare entro limiti calcolabili. Negli anni ‘70, iniziò questa nuova attività. All’epoca, nelle nostre zone, il consumo di cozze non era diffuso come al Sud, dove venivano apprezzate soprattutto crude. Il prodotto raccolto veniva quindi venduto principalmente ai commercianti meridionali e, in minor parte, a quelli veneti. Un altro aspetto fondamentale fu l’installazione delle piattaforme e delle condotte sottomarine, che ridusse drasticamente la pesca a strascico. Di conseguenza, molti pescatori locali trasformarono le loro imbarcazioni in “cozzare”, rendendo la raccolta di cozze l’unica fonte di reddito. Nacquero così organizzazioni per la gestione programmata della raccolta. A Marina di Ravenna, esistono due cooperative, La Romagnola e il Nuovo Conisub, con una flotta di 9 imbarcazioni lunghe tra i 15 e i 18 metri, ciascuna con almeno 3 membri di equipaggio. Ogni anno, le imbarcazioni ricevono tramite sorteggio l’assegnazione delle oltre 50 piattaforme al largo di Ravenna, situate tra 1 e 30 miglia dalla costa. Le operazioni di raccolta avvengono a profondità tra la superficie e i 10-12 metri, durante le quali due pescatori raccolgono circa 15-20 quintali di cozze. Il settore della pesca deve seguire rigide norme di sicurezza: i pescatori con brevetto subacqueo sono sottoposti a controlli medici annuali e a corsi di aggiornamento, similmente agli operatori tecnici subacquei.