Se è vero che le tagliatelle al ragù rappresentano un’icona della cucina italiana, è altrettanto vero che il loro legame con la Romagna non è affatto marginale, bensì radicato, vivo e profondamente identitario. E se l’immaginario collettivo tende a identificarle con Bologna, va ricordato che la nostra terra vanta una lunghissima tradizione nella preparazione di sfoglie tirate al mattarello e di ragù robusti, rustici e densi di sapore.
Nelle case romagnole, soprattutto nei giorni di festa, le tagliatelle fatte a mano erano una ritualità sempre affidata alle azdore più esperte. Accanto a loro, sul fuoco basso, il ragù sobbolliva lentamente: non era un semplice condimento, ma un atto d’amore tramandato oralmente, capace di raccontare l’identità della famiglia e del territorio. Un sapere che, pur declinato in forme diverse da borgo a borgo, si riconosceva nei medesimi principi: lentezza nei gesti, essenzialità nelle scelte e rispetto assoluto per gli ingredienti della propria terra.
A differenza del ragù bolognese, codificato dall’Accademia Italiana della Cucina nel 1982 con l’aggiunta di latte, burro e concentrato di pomodoro, quello romagnolo ne escludeva l’uso, preferendo una base più essenziale: carni miste di bovino e suino, un battuto semplice di cipolla, carota e sedano, polpa o passata di pomodoro, e una cottura lunga, pensata per concentrare i sapori. Una ricetta sobria e intensa, che in molte famiglie si continua a tramandare come parte viva della propria storia.
Anche sulla sfoglia si distinguono caratteristiche romagnole precise: le tagliatelle non sono mai sottilissime come in certe zone emiliane… Devono avere corpo per sostenere il ragù. Vengono rigorosamente tagliate a mano, e la loro larghezza oscilla tra i 6 e gli 8 millimetri da crude. La farina utilizzata è tradizionalmente una tipo 0, talvolta con l’aggiunta di semola (dal 30 al 40%) per rendere la pasta più tenace e ruvida. Le uova, naturalmente fresche, seguono la regola aurea: uno per ogni etto di farina.
Ancora oggi in Romagna, le tagliatelle al ragù sono più di un piatto, sono parte del lessico familiare, della ritualità domenicale, delle sagre paesane. e rispetto. Ancora oggi, servire un piatto di tagliatelle significa molto più che offrire del cibo: è un gesto identitario, un invito alla memoria e alla condivisione. Sono un gesto d’amore che passa attraverso le mani, il tempo e la cura. In un’epoca di piatti veloci e soluzioni industriali, esse rappresentano la resistenza del cibo vivo, imperfetto, artigianale.
Curiosità e citazioni
– A Santarcangelo, si tramanda che per chiedere perdono alla suocera, le nuore portasse- ro tagliatelle fresche col ragù ancora caldo, un gesto che “riappacificava” più di mille scuse. La cucina, anche qui, era linguaggio affettivo.
– Nelle sagre del secondo dopoguerra, specie in pianura tra Lugo e Faenza, il piatto forte era sempre: “una gran tajadèla cun un ragò che sa d’cà” (una grande tagliatella con un ragù che sa di casa). Era un modo per evocare un passato rurale e sicuro in tempi di grandi cambiamenti.
– Graziano Pozzetto, gastronomo e storico della cucina romagnola, scrive: “Le tagliatelle al ragù, nella Romagna rurale, segnavano il confine tra la fatica del campo e il premio della tavola: erano la festa fatta pasta.” (in La cucina della Romagna tradizionale, Panozzo Editore)
– Nella raccolta etnografica di Maria Pia Bruscolini (2003), un’anziana signora di Brisighella racconta: “Quando morì mio marito, per mesi non tirai più la sfoglia. Poi, una domenica, misi le mani nella farina: fu come tornare a parlare”. Una testimonianza toccante di quanto il gesto culinario fosse radicato nell’identità e nel vissuto emotivo.
LA RICETTA DELLE TAGLIATELLE
INGREDIENTI E “SEGRETI” PER LA SFOGLIA E IL RAGÙ DELLA TRADIZIONE
Ingredienti per 4 persone. Per la sfoglia: 300 grammi di farina di tipo 0; 100 grammi di semola di grano duro rimacinata; 4 uova medie (meglio se di galline allevate all’aperto). Per il ragù: 300 grammi di carne macinata di manzo (collo o spalla); 100 grammi di carne macinata di maiale (spalla o pancetta); 1 carota piccola; 1 gambo di sedano; 1 cipolla dorata; 300 grammi di polpa di pomodoro (o pelati schiacciati); 100 millilitri di vino rosso (sangiovese); olio extravergine di oliva; brodo vegetale o acqua; sale marino integrale; pepe nero macinato al momento (facoltativo: un chiodo di garofano e/o una foglia di alloro).
Preparazione. Per la sfoglia: su una spianatoia di legno disporre la farina a fontana. Rompere al centro le uova e impastare fino a ottenere una pasta liscia e omogenea. Coprire e far riposare per almeno 30 minuti. Trascorso questo tempo, stendere la sfoglia con il mattarello fino a uno spessore di circa 1 millimetro. Farla asciugare brevemente, arrotolarla su se stessa e tagliarla a strisce di circa 6-8 mm. Srotolare subito le tagliatelle e lasciarle asciugare su un canovaccio infarinato.
Per il ragù: rosolare la carne con un goccio di olio. Nel frattempo, tritare a coltello tutte le verdure. Quando la carne sarà ben rosolata, salare e attendere ancora qualche minuto affinché evapori completamente il liquido che avrà rilasciato la carne in seguito all’aggiunta del sale. Ora unire le verdure, abbassare la fiamma e aspettare che cuociano. È il momento del vino rosso: versarlo e attendere che tutto l’alcol sia evaporato. Poi aggiungere anche la polpa di pomodoro e i chiodi di garofano. Lasciar cucinare per almeno 3/4 ore a fiamma bassissima aggiungendo liquido se necessario.
Per le tagliatelle: cuocere la pasta tagliatelle in abbondante acqua salata. Scolarla molto al dente e saltarla in padella con il ragù aggiungendo un mestolino di acqua di cottura. Completare con un filo di olio a crudo e una bella macinata di pepe.