Dall’allevamento al bancone: quando la carne è buona davvero

Colore, profumo, tagli: come orientarsi dal macellaio (o al supermercato)

Beef Steak.Al di là di tanti dibattiti su questioni etiche, salutistiche o ambientali, oggi parliamo della qualità della carne e lo facciamo partendo dal presupposto che si tratta di un concetto molto ampio in cui tutto parte dalla tipologia di allevamento, quindi dall’alimentazione e dalle condizioni di vita degli animali.

L’allevamento a pascolo, dove le bestie sono libere di muoversi e si nutrono di solo foraggio, in Italia, è limitato ad aziende di piccole dimensioni, principalmente nel centro sud, sulle isole e in zone montane. La tipologia prevalente è invece l’allevamento intensivo che, come si può intuire dal nome stesso, funziona come un vero e proprio “stabilimento industriale” e non può garantire condizioni di vita naturali. Qui, sempre, ci si trova di fronte densità di capi di bestiame molto elevate, spazi limitati in cui l’animale vive con possibilità di movimento funzionali al ciclo produttivo più che alle sue reali necessità e una tipologia di alimentazione dettata da esigenze di business, studiata per accelerare il processo di crescita e per garantire un prodotto finale apprezzabile dai consumatori.

In secondo luogo, va precisato che anche la razza ha la sua importanza.  Solo per parlare di carne bovina abbiamo Chianina, Piemontese, Romagnola, Marchigiana, in Italia c’è l’imbarazzo della scelta. Si tratta di tutte razze pregiate ma ognuna con proprie caratteristiche di consistenza e di gusto. Se la Chianina ha una carne molto apprezzata e saporita, la Marchigiana è caratterizzata da un basso contenuto di grassi e di colesterolo, la Romagnola è profumata, particolarmente magra ma, se non sottoposta a una accurata frollatura, rischia di non essere molto tenera mentre la Piemontese, considerata una delle migliori in Italia, è poverissima di grassi, gustosa e con un tasso di colesterolo molto basso.

Per avere carni di grande qualità, non meno importanti sono le fasi di trasformazione, quali la frollatura e la gestione della catena del freddo che possono esaltare o meno le caratteristiche dei tagli. Una volta che l’animale viene macellato infatti, diventa importante il periodo in cui la carne viene lasciata a riposo per permettere agli enzimi presenti nelle fasce muscolari di renderla morbida e più digeribile. Questa maturazione (la frollatura) deve avvenire a basse temperature, comprese fra 0 e +4°C, e la durata varia in base alla tipologia, all’età e alla taglia dell’animale: per le carni rosse servono parecchi giorni, a seconda del taglio (fino a 120), mentre per quelle bianche può essere sufficiente anche un periodo inferiore ai tre giorni.

Ora, il punto è: come verificare queste informazioni?
Se l’acquisto avviene in un supermercato, o nella grande distribuzione, alcuni degli aspetti appena elencati sono presenti nell’etichetta del prodotto che deve riportare per legge almeno il luogo di nascita, di macellazione e di selezione dell’animale, sia che si tratti di carni bovine che  suine, ovine e avicole. Nel caso invece ci si rivolga ad un macellaio, queste informazioni di solito devono essere esposte sul banco e, comunque, dobbiamo avere davanti una persone di cui fidarci.

Ora che sappiamo da cosa dipendono le caratteristiche della carne che mangiamo, entriamo nel vivo della questione e davanti al banco della macelleria, sia al supermercato che nel negozio di fiducia, cosa dobbiamo verificare?
Per quanto riguarda le carni rosse, il colore deve essere intenso, la presenza di sfumature più scure sui bordi non indica alterazione. La presenza di grasso nei tagli di carne rossa è indice di qualità, poiché dà sapore e ha un’azione protettiva durante la cottura lasciandola tenera e dolce. Il grasso deve presentarsi bianco e compatto, ma può anche essere leggermente giallognolo nel caso in cui l’alimentazione dell’animale sia stata a base, ad esempio, di mais e fieno.
Le carni bianche invece non devono essere eccessivamente ossidate, il loro colore non deve tendere all’arancione-rosa né al pallido, ma devono essere del caratteristico colore giallo. Non devono apparire secche o eccessivamente umide, aspetti che indicano una cattiva conservazione, e la presenza di riflessi metallici indica un’alterazione (irrancidimento) dei grassi.

Anche l’odore fa la sua parte e deve essere gradevole e fresco. Infine, la consistenza deve essere compatta, soda ed elastica: basterà premere con un dito e verificare che l’avvallamento creato sulla superficie scompaia in breve tempo.

Una volta scelta la carne di qualità, quali tagli preferire per l’uso che ne vogliamo fare? Sì, perché per cucinare un buon piatto di carne, bisogna scegliere il pezzo giusto. I tagli si classificano in base alla loro localizzazione e alla loro modalità di utilizzo: quelli adatti a una cottura veloce (da fare alla griglia, in padella o arrosto) e quelli a cottura lenta (da far andare su fiamme basse, cioè da bollire o da stufare). Per la carne da fare alla griglia o in padella, a prescindere dall’animale, si utilizzano pezzi provenienti dal costato, perché sono solitamente più teneri. Quelli invece provenienti dai muscoli più sollecitati (spalle o cosce) sono ricchi di collagene: questo va fatto “fondere” a lungo, a fuoco molto basso e in umido per ammorbidire le fibre.

Come preparare la bistecca o l’arrosto ottimali

Per concludere, per avere piatti davvero impeccabili, vi lascio qualche altra buona regola da rispettare.Prima di tutto, perché una carne resti tenera, bisogna toglierla dal frigorifero un po’ prima di cuocerla: uno choc termico troppo aggressivo potrebbe provocare un indurimento delle fibre. Poi va lasciata riposare dopo la cottura per un tempo che può andare da 2/3 minuti fino a 15, a seconda della dimensione del pezzo. In queste situazioni basterà coprirla con un foglio di alluminio perché non si raffreddi troppo. Infine, prima di quasi tutte le tipologie di cottura delle carni (a parte il bollito!), i tagli vanno preventivamente scottati a fuoco vivo: per una bistecca, per esempio, occorre lasciarla su una fiamma molto alta per 30 secondi per lato e la stessa operazione va effettuata anche prima di infornare un arrosto (di manzo o di maiale): scottare a fuoco vivo tutti i lati dell’arrosto in padella prima di metterlo in forno crea una sorta di cauterizzazione che limiterà la dispersione dei succhi interni e innescherà una ben precisa reazione chimica (reazione di Maillard) che donerà aromaticità e sapidità.

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