Tre anni dal terremoto che ha distrutto L’Aquila

Aprile 2009.
Dal 31 marzo mi trovo a Boston, costa atlantica degli Stati Uniti. Meno 6 ore rispetto all’Italia.
La sera del 5 aprile, domenica, rientro in camera mia dopo una tipica cena domenicale bostoniana. Siccome l’abitudine locale prevede le 17.30 come orario standard per la cena nei giorni festivi (altrimenti 18.30), alle 21.30 ero già rientrata in albergo, con tanto di passeggiata digestiva e chiacchiera scientifica incluse.

Per le trasferte lontane di pochi giorni in genere adotto una strategia jet-lag preserving, che prevede andare a dormire attorno alle 21 e sveglia alle 4 di mattina. Così non si soffre di sfasamenti orari né là né al ritorno.
Ero stata in giro tutto il giorno e avevo già sonno. Così accendo il computer per l’ultimo sguardo alle news prima di dormire e apro il sito de La Repubblica.

Vengo colpita da una grafica insolita, caratteri maiuscoli, grandi, rossi.
Impiego un po’ a comprendere.

ORE 3.32: FORTE TERREMOTO COLPISCE L’AQUILA.

Si parla di distruzioni, epicentri e scale di intensità in un susseguirsi piuttosto caotico.
E morti. 9 se non sbaglio. Comunque pochi.
L’impressione immediata è che il computo dei morti sarà destinata a salire di molto.

Il giorno successivo vado in ufficio frastornata.
Noto dispiacere nei volti di quelli a cui racconto il motivo del mio stato, ma anche la reale percezione che da lontano si ha dell’Italia: una nazione arretrata dove cose simili al Sud – al Sud? – possono capitare senza grandi sorprese.

A cena Roy Glauber, ultraottantenne professore di Harvard, premio Nobel per la Fisica nel 2005 e spazzatore ufficiale di aeroplanini di carta sul palco degli Ig-Nobel, tra un aneddoto e l’altro ricorda di essere stato a L’Aquila anni prima (pronunciandola in maniera irriconoscibile) e di trovare normale che una città medievale si sbricioli in quella maniera.
Io invece non riesco a accettare che nel 2009 in Italia si possa morire a centinaia per un terremoto di magnitudo non eccezionalmente forte.

Le notizie si rincorreranno per giorni e si capirà solo in seguito la reale entità del sisma.
Quello che ha colpito L’Aquila è stato un sisma di media intensità, 5.8 di magnitudo della scala Richter, epicentro nella zona compresa tra le località di Roio Colle, Genzano e Collefracido, molto vicino alla città di L’Aquila, profondità di soli 8 Km (comune per terremoti appenninici).
Queste cose hanno contribuito a far sì che il terremoto fosse avvertito in modo particolarmente violento. Vedi “La terra trema” per maggiori informazioni.

L'Aquila, via Campo di FossaLe vecchie costruzioni medievali in pietra della città non hanno sopportato le violente sollecitazioni. Ma non hanno retto neppure quelle più recenti, costruite con materiali scadenti e ignorando le norme antisismiche obbligatorie in quella zona d’Italia, nota da sempre per l’alta probabilità di scosse di entità significativa.

Il risultato del sisma di media intensità del 6 aprile 2009 è stato questo: 308 morti, oltre 1600 feriti, oltre 67mila sfollati, danni per svariati miliardi di euro.
E io quel giorno compievo 32 anni.

Oggi ne compio 35.
Se penso a cosa ho fatto o mi è successo in questi tre anni, mi sembra di poter riempire una vita. Tre contratti, conferenze in Italia e all’estero, viaggi di lavoro (troppi), di piacere (meno), collaborazioni, articoli, euforie e crisi, un matrimonio, un congresso, primarie in provincia, nuovi amici e nuovi compagni di strada, un’amica da sostenere, una perdita grave, una nuova bimba in arrivo…

In Abruzzo oggi ancora 35mila persone attendono di tornare alle loro case, L’Aquila è abbandonata, il centro è esattamente come tre anni fa con solo le impalcature di sicurezza montate.

Lo so, questo non è un post scientifico.
D’altronde questo non è un giorno qualsiasi.

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