venerdì
19 Dicembre 2025

Traffico di armi da Ravenna a Israele: «Il sindaco può fare di più, con Sapir»

Giornalista e attivista, la faentina Linda Maggiori ha sollevato il caso del traffico di armi e munizioni dal porto di Ravenna verso Israele. La sua serie di inchieste pubblicate su il Manifesto e Altreconomia è stata ripresa da alcune interrogazioni parlamentari.

Linda Maggiori
Linda Maggiori

I suoi articoli hanno parlato della nave New Zealand della compagnia israeliana Zim, che il 30 giugno è passata da Ravenna con un carico di munizioni diretto ad Haifa. Come ne è venuta a conoscenza?
«La soffiata è arrivata da un portuale che ne aveva parlato con Weapon Watch, un osservatorio sul traffico di armi in Europa e nel Mediterraneo. Ai sensi della legge 185/1990, le informazioni sui passaggi di armi devono essere rese pubbliche, perciò ho presentato varie richieste di accesso agli atti. La prima alla Capitaneria di porto, che ha confermato il transito di esplosivi e munizioni a bordo della New Zealand, ma non ha saputo dirmi se fosse in possesso dell’autorizzazione da parte dell’Uama».

Di cosa si tratta?
«È l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento, un organo del ministero degli Affari esteri che dovrebbe rilasciare i permessi per questo genere di traffici. Rispondendo alla mia richiesta, l’Uama ha detto di non essere a conoscenza del carico e ha dichiarato che dal 7 ottobre 2023 (quando un attacco di Hamas ha fatto intensificare il conflitto a Gaza, ndr) non ha più concesso autorizzazioni di armi verso Israele».

Quindi le munizioni sono passate da Ravenna senza permesso?
«L’ho chiesto all’Agenzia delle dogane, che ha risposto a fine agosto. Affermando che il carico della New Zealand non necessitava di nessuna autorizzazione Uama, ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 185/1990, in quanto proveniva dalla Repubblica Ceca che è uno Stato dell’Unione europea. Tuttavia, secondo l’avvocato ravennate Andrea Maestri quell’articolo si riferisce solo ai transiti intracomunitari. Quindi non riguarda Israele, che era il destinatario finale e non fa parte dell’Ue».

Nei giorni scorsi, sul Resto del Carlino l’Associazione doganalisti ha affermato che l’Italia non può opporsi al transito e che Israele, pur non facendo parte della Nato, è nostro alleato.
«Una posizione agghiacciante, e non è l’unico dettaglio che lascia sconcertati. Ho chiesto all’Agenzia delle dogane informazioni sulla quantità del carico e sull’identità del produttore, dello spedizioniere e del destinatario. Non mi hanno risposto, giustificandosi con la segretezza degli atti. Eppure la legge 185 impone la trasparenza non solo sulle produzioni e le spedizioni dall’Italia, ma anche sui transiti».

La New Zealand è tornata a Ravenna ad agosto.
«Questo secondo passaggio è stato ricostruito dal giornale irlandese The Ditch e dal britannico Shadow World Investigations. Il 7 agosto la nave ha lasciato il porto sloveno di Capodistria con due carichi di armi diretti a Israele, arrivando ad Haifa il 14 agosto dopo avere fatto tappa a Venezia e Ravenna l’8 e 9 agosto. Un container proveniva dalla A-E Electronics, filiale rumena di Elbit Systems, il principale produttore israeliano di sistemi d’arma. Il secondo arrivava da un’azienda serba di armamenti che fornisce Israele, la Lse Land System Engineering. Secondo The Ditch, entrambe le spedizioni erano destinate allo stabilimento israeliano Elbit di Yokneam. Anche in questo caso senza autorizzazione Uama».

Quali conseguenze legali potrebbero avere queste inchieste?
«Con l’assistenza dell’avvocato Maestri e la firma di altre venti persone, presenteremo un esposto alla procura. Intendiamo dimostrare che è illegittimo considerare questi traffici di armi verso Israele come transiti intracomunitari».

Ancora più importanti sono i risvolti sul piano etico.
«Queste armi non solo vanno a finire in un Paese in guerra, bensì vanno a sostenere l’operazione di uno Stato che sta commettendo un genocidio. Di fronte a ciò non si può rimanere neutrali. Israele si sta accanendo contro un’intera popolazione e l’Italia sta continuando a far transitare armi per questo scopo. Le istituzioni dovrebbero impedirlo, a partire dall’Agenzia delle dogane che dipende dal ministero delle Finanze. Se si dovesse scoprire che questi traffici coinvolgono anche altri porti italiani, sarebbe gravissimo».

Il sindaco Barattoni ha scritto al ministro Salvini per condannare il traffico di armi verso Israele. Cosa ne pensa?
«Una lettera condivisibile e coraggiosa, ma si può fare di più. Tramite Ravenna Holding, il Comune è uno dei principali soci di Sapir, la società che gestisce il terminal container del porto. L’amministrazione ha la possibilità di pretendere e divulgare le informazioni che mi sono state negate come giornalista e cittadina; non solo sul carico del 30 giugno bensì su tutti i traffici di armi che passano dalla città. Se dovessero negarle anche a Palazzo Merlato, si creerebbe una questione enorme».

Un’altra controversia di cui si è occupata riguarda il progetto Undersec, che coinvolge l’Autorità portuale di Ravenna.
«È un’iniziativa partita nel 2023, finanziata con fondi europei per implementare tecnologie per la sicurezza marina e sottomarina nei porti. Coinvolge 22 enti di 10 Stati europei oltre a Israele, che partecipa con il ministero della Difesa, il suo colosso militare Rafael Advanced System e l’Università di Tel Aviv, la cui facoltà di ingegneria sviluppa vari progetti con applicazioni belliche. L’Italia partecipa con l’Autorità portuale di Ravenna, che si è difesa affermando che si tratta di un progetto civile. Ma i documenti la smentiscono, in quanto c’è scritto che le tecnologie implementate dal progetto potranno essere utilizzate anche a scopo militare».

Il Comune di Ravenna riorganizza la rete scolastica: una elementare e una media verso la chiusura

Il Comune di Ravenna sta valutando la chiusura della scuola elementare “Grande Albero” a Madonna dell’Albero da settembre 2026 e la chiusura della scuola media Damiano in via Ghiselli da settembre 2027. Nel primo caso le due classi presenti verranno ricollocate nella nuova scuola in costruzione a Ponte Nuovo. Nel secondo caso è prevista una riorganizzazione di tutto l’istituto comprensivo San Piero Damiano: la scuola secondaria di primo grado sarebbe assorbita da un istituto comprensivo limitrofo; la scuola dell’infanzia e parte della scuola primaria verrebbero assorbite anch’esse da un altro istituto limitrofo. La riorganizzazione della rete scolastica è stata illustrata ai soggetti coinvolti in un incontro che si è svolto oggi, 11 settembre, che avvia il percorso di confronto e condivisione.

«La volontà dell’amministrazione comunale – si legge in una nota inviata alla stampa – è mantenere la capillarità della rete scolastica che caratterizza da sempre il territorio, dovendo comunque tener conto del fenomeno della denatalità che sta provocando una riduzione progressiva dei bambini e delle bambine frequentanti le scuole». La riduzione degli iscritti a Madonna dell’Albero ha portato alla mancata formazione delle classi prime negli ultimi anni scolastici.

I sindacati di categoria (Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola e Rua Snals) criticano la proposta del Comune. «Abbiamo manifestato da subito la nostra assoluta contrarietà alla presentazione dell’ipotesi di “dimensionamento scolastico”, che però tale non deve essere qualificato secondo la nostra amministrazione comunale. Abbiamo esposto le nostre riflessioni circa la ricaduta che questo intervento potrebbe avere, se attuato, non solo sulla qualità, l’efficacia e l’efficienza del sistema scolastico pubblico statale. Tale operazione inciderebbe anche sulla qualità dell’offerta formativa e della sicurezza degli alunni. Tutto ciò creerebbe la formazione di classi con molti alunni determinando l’ennesima situazione di classi pollaio. Difatti, gli effetti dello smembramento ricadrebbero soprattutto sul personale scolastico tutto, con esuberi occupazionali importanti ed effetti negativi, ancora una volta, sulla qualità dell’offerta formativa».

Dai sindacati sono arrivate anche proposte per differenti soluzioni per mantenere viva l’autonomia scolastica ravennate. «Abbiamo chiesto che le risorse non più utilizzate per il pagamento dell’affitto del locale attuale della media in via Ghiselli possano essere utilizzate: per intercettare ulteriori locali dove collocare le ragazze e i ragazzi frequentanti la scuola secondaria di primo grado o in alternativa di costruire un’ala in uno dei plessi dell’istituto comprensivo in questione. Abbiamo, infine, proposto la possibilità di far vivere la scuola secondaria di primo grado dell’istituto comprensivo Damiano in un’ala di un altro istituto comprensivo in modo da non perdere questa autonomia scolastica, esperienza questa già realizzata e tutt’ora presente all’interno della nostra provincia». I sindacalisti criticano le scelte giudicandole «nella direzione del risparmio con effetti nefasti per la scuola pubblica statale».

L’unione della Romagna Faentina rinnova per i prossimi tre anni la convenzione per il “Pedibus”

L’Unione della Romagna Faentina rinnova per i prossimi tre anni la convenzione con l’associazione ravennate  Tralenuvole Aps, per garantire il supporto organizzativo, tecnologico e formativo alle scuole, ai volontari e alle famiglie degli alunni che partecipano al progetto Pedibus.

L’accordo si fonda sulla promozione della mobilità sostenibile con l’obiettivo di rafforzare e ampliare le linee Pedibus sul territorio attraverso la partecipazione delle comunità scolastiche. Le “linee” attivate nelle scuole primarie dei Comuni dell’Unione ora potranno essere gestite anche attraverso strumenti digitali, come la nuova app Pedibus programmata per gestire presenze, contatti con le famiglie e percorsi degli alunni. È possibile poi integrare l’applicazione anche con dispositivi smart per monitorare al meglio presenze e spostamenti dei piccoli partecipanti. L’utilizzo di questi dispositivi permetterà inoltre di consultare dati aggiornati su chilometri percorsi, Co2 risparmiata, numero di partecipanti e impatto ambientale.

Volontari, genitori e insegnanti saranno adeguatamente formati sulle procedure di sicurezza e di conduzione del Pedibus e sul corretto utilizzo degli strumenti digitali, mentre nelle scuole saranno organizzati eventi e attività promozionali per sensibilizzare sulla mobilità sostenibile.
Oltre all’aspetto organizzativo infatti, la convenzione punta a rafforzare il senso di appartenenza delle comunità scolastiche, coinvolgendo famiglie, scuole, associazioni e realtà locali in un progetto condiviso.

Un “Silent Play” per riscoprire la città con le cuffie alle orecchie, guidati dalle parole di Dante e Byron

Nell’ambito del “settembre dantesco” a Ravenna arriva il “Silent Play per due poeti”, una nuova esperienza itinerante che unisce teatro, narrazione e ascolto in cuffia, a cura della Piccionaia – centro di produzione teatrale.

Sarà possibile vivere l’esperienza in anteprima domani (venerdì 12) e tutti sabati a partire dal 13 settembre, sempre su prenotazione e con inizio alle 15.30. L’iniziativa nasce per valorizzare il patrimonio culturale cittadino e condurrà i partecipanti in un percorso suggestivo che intreccia le vicende di Dante Alighieri e Lord Byron, entrambi profondamente legati alla città. La visita trasforma la città in un vero e proprio palcoscenico, dove gli spazi urbani diventano scenari di una narrazione poetica e teatrale, arricchita da suoni e drammaturgie originali.

Il pubblico, guidato dalle voci dei due poeti, sarà immerso in un racconto che intreccia poesia, storia e i luoghi iconici di Ravenna, toccando la piazza e la Basilica di San Francesco, la Biblioteca Classense, il Quadrarco di Braccioforte e la Tomba di Dante, il Chiostri Francescani, la corte meditativa di Casa Dante per concludersi nella corte interna dei Musei Byron e Risorgimento, offrendo un’esperienza unica di conoscenza ed emozione. Gli spettatori saranno infine invitati a osservare la città con occhi nuovi, lasciandosi condurre dalla narrazione che trasforma strade ed edifici nello sfondo delle vite e delle opere di Dante e Byron.

Il Silent Play per due poeti è realizzato dal Servizio turismo del Comune di Ravenna, in collaborazione con l’Istituzione biblioteca Classense e i musei Byron e del Risorgimento.

 

Occupazione abusiva di una casa, entrano i carabinieri e trovano strisce di cocaina nel microonde

I carabinieri di Massa Lombarda nei giorni scorsi sono entrati in una casa occupata abusivamente per procedere allo sgombero e hanno concluso l’intervento con la denuncia dell’occupante per spaccio. I militari, infatti, hanno notato sul tavolo della cucina una banconota arrotolata che di solito viene utilizzata per il consumo di cocaina. Da questo dettaglio è stata eseguita una perquisizione dell’appartamento e all’interno di un forno a microonde c’era un piatto in ceramica con tre strisce di cocaina già pronte, mentre in un cassetto della cucina altre dosi, un bilancino di precisione, materiale per il confezionamento della droga e diverse banconote ritenute il guadagno dell’attività di spaccio. Il 51enne straniero che occupava la casa è stato denunciato.

Rubano 300 euro di generi alimentari e prendono a calci il direttore del supermercato: due arrestati

Un uomo di 43 anni e una donna di 37 sono stati arrestati dai carabinieri a Milano Marittima nel pomeriggio di ieri, 10 settembre, per rapina. In un supermercato si sono impossessati di generi alimentari per un valore di circa 300 euro e quando sono stati scoperti dal direttore del negozio lo hanno preso a calci per fuggire.

I carabinieri del nucleo Radiomobile della compagnia di Cervia-Milano Marittima, allertati dal personale del supermercato, sono intervenuti individuando i due sospetti nelle vicinanze dell’esercizio commerciale. Una volta identificati sono stati condotti in caserma e arrestati. La refurtiva recuperata è stata riconsegnata ai responsabili del punto vendita.

Dopo una notte in cella di sicurezza, stamani in tribunale il giudice ha convalidato gli arresti e disposto la misura cautelare del divieto di dimora nella provincia di Ravenna.

In darsena torna il festival Manualetto: la quarta edizione nel capannone della ex Ferruzzi-Benini

Torna a Ravenna il festival Manualetto che propone di riabitare i luoghi abbandonati della darsena di città grazie a interventi architettonici temporanei e a un cartellone gratuito di eventi culturali. Per la quarta edizione la kermesse sarà ancora sul Candiano, ma sul lato destro e questa volta al chiuso. Il festival curato da Studio Doiz, con la collaborazione dello studio d’architettura Denara, si terrà negli ultimi due weeken di settembre (19-21 e 25-28, qui il programma completo) nel capannone dell’ex Ferruzzi-Benini, in via Zara 27, un tempo usato per lo stoccaggio di granaglie e concimi. Continua così la riflessione che Manualetto presenta ogni anno al suo pubblico: che fare di questi spazi? Come rivitalizzare i tanti capannoni abbandonati sul Candiano, patrimonio collettivo che rischia di sparire per sempre? Come immaginarli diversi?

Non a caso Denara, che cura gli allestimenti, ha deciso di ispirarsi all’estetica dei green screen cinematografici: superfici neutre, pronte ad accogliere qualsiasi immaginario, su cui proiettare simbolicamente desideri e visioni di una città diversa. «Laddove un tempo venivano stoccate merci, oggi possono nascere nuovi spazi di aggregazione, uffici, residenze – dichiarano i componenti di Denara, Nicolò Calandrini, Francesco Rambelli, Mirko Tavaniello Boresi e Nicolò Franchetto –. L’elemento chiave del progetto è il celebre green screen: metafora concreta delle possibilità dell’immaginazione con cui vogliamo mandare un messaggio ai cittadini: immaginare uno spazio è il primo passo per cambiarlo».

Fin dalla sua prima edizione, Manualetto ha cercato di ospitare sul palco quello che considera il meglio della produzione culturale under 35, sia in campo teatrale che in campo musicale. «Ogni anno cerchiamo di bilanciare attentamente artisti emergenti del territorio con artisti già affermati a livello nazionale – spiegano i fondatori del gruppo Doiz Iacopo Gardelli, Lorenzo Carpinelli, Lorenzo Basurto, Giacomo Bertoni –, in un cartellone gratuito unico nel suo genere e pensato per aprire Ravenna ad influenze artistiche diverse e sperimentali, spesso per la prima volta in città».

Dando continuità a un’idea nata la scorsa edizione (che inaugurò proprio il giorno dopo la terribile alluvione in Romagna), Manualetto dedica una giornata del programma, domenica 21 settembre, a un’open call a tutti gli artisti del territorio, chiamata Manualetto Sunday Jam, per raccogliere fondi a sostegno della Protezione Civile. Ed è ancora aperto il crowdfunding di Manualetto 2025.

Arrestato per spaccio dopo una segnalazione sull’app “YouPol”

La collaborazione tra cittadini e forze dell’ordine ha portato a portato all’arresto di un pusher attivo nei pressi di viale Europa. La segnalazione delle attività sospette dell’uomo infatti è arrivata alla Polizia di Stato di Ravenna tramite l’app “YouPol”, lo strumento attivo su tutto il territorio nazionale che consente ai cittadini di segnalare in modo semplice e anonimo episodi di spaccio, bullismo e pericolo, anche attraverso l’invio di foto o video.

A seguito della notifica, gli operatori dell’ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico hanno effettuato i primi accertamenti sul posto. All’interno di un esercizio commerciale della zona segnalata è stato individuato un uomo già noto alle autorità per reati di droga: una volta accompagnato all’esterno, gli agenti hanno perquisito il sospetto e il suo scooter. All’interno del veicolo sono stati trovati circa 50 grammi di sostanza (probabilmente cocaina), immediatamente sequestrata.

L’uomo è stato quindi arrestato per detenzione illecita di stupefacenti e condannato agli arresti domiciliari all’esito dell’udienza di convalida.

L’ultimo giorno a Matera: la protesta contro topi e sindaco. E la festa finale alle Monacelle

Quarta puntata (qui si può leggere la prima, qui la seconda, qui invece la terza) del diario di viaggio del nostro appena ventenne collaboratore Ernesto Moia da Matera, città che ospita la prima tappa del Progetto Hamelin di Ravenna Teatro-Teatro delle Albe. Per tre giorni, la celebre città in Basilicata è stata attraversata da riprese cinematografiche e azioni performative nei luoghi pubblici, con protagonisti oltre 200 bambini e ragazzi dai 7 ai 17 anni provenienti da Basilicata, Emilia-Romagna e Lazio, di cui la maggioranza dalle scuole di Ravenna. Il racconto guida è la fiaba de Il Pifferaio di Hamelin, riletta come metafora di una società che tradisce le nuove generazioni e ne paga il prezzo. 

Giorno 3, i topi
Foto Luca Centola

Mi perdo una riunione delle guide alle 9 e 30, arrivo appena in tempo per l’inizio delle prove dei cori. In mattinata siamo al Santuario, si lavora sui cori da manifestazione e i cartelloni per la scena, o meglio le scene, da girare nel pomeriggio: un corteo di protesta contro i topi e il sindaco (borgomastro in origine) di Hamelin, che erra per le vie da piazza Vittorio Veneto, passa per il duomo e trova il suo epilogo in piazza San Francesco, di fronte al barocco settecentesco della facciata della chiesa di San Francesco d’Assisi. Sulle 12 arriviamo in Vittorio Veneto, lì prove dei cori e prima preghiera laica. Questo è il primo grande momento di oggi. Un sovrapporsi e susseguirsi di voci, contro la morte e lo schifo, per cercare una via nelle acque tumultuose in una registrazione da non pochi minuti. Riconosco i timbri di Ermanna Montanari, Gigio Dadina (tra i fondatori delle Albe), Alessandro Argnani (co-direttore di Ravenna Teatro e direttore artistico della spedizione), Roberto Magnani e Laura Redaelli, sempre delle Albe, alle loro voci si univano quelle di alcuni bambini. Laura mi spiega poi che il testo è la “canzone dei luoghi comuni” dell’altro fondatore della compagnia ravennate, Marco Martinelli.

I passanti si fermano, io offro delucidazioni a una coppia di probabili pensionati belgi su cosa sta succedendo, loro annuiscono incerti, sorridono e proseguono; tutti, dai negozianti ai villeggianti, si fermano a osservare, a cercare di capire cosa questa gente bizzarra venuta da lontano avesse contro i topi e il sindaco.

Chiacchiero con un poliziotto municipale di Matera durante la pausa al duomo, si prosegue fino al “municipio”, in realtà Tower Art Museum – TAM, lì ci si ferma a lungo, la scena si fa intensa poiché la via si stringe e il corteo occupa tutto lo spazio. I ragazzi, le guide, i genitori saltano e urlano per ore filate, il direttore artistico Argnani e il regista Penta corrono tra coda e testa del corteo, le aiuto regia spostano passanti e turisti, Luca Centola, il fotografo della spedizione, è sempre in movimento, Serena Cenerelli (colonna portante organizzativa delle Albe) tra merende e zaini dei ragazzi, oggetti di scena e cellulare per coordinarsi con guide e autisti dei pullman non ha avuto le mani libere per almeno cinque o sei ore di fila.

Io cerco di osservare tutto da più punti, prima da molto lontano, all’inizio percorro una via parallela a via del Corso e le urla della folla mi arrivano dalle intercapedini tra gli edifici, poi mi avvicino fino a entrare nel corteo, chiudo seguendo il primo cameraman, Davide Disimino, da lui parte il limite dell’obiettivo, quando si gira o si è dietro di lui o si è in scena. Si arriva all’ultima preghiera laica in piazza San Francesco, prima però la foto con tutti, tutti, i partecipanti sulle scalinate della chiesa. Da lì poi il “Ballo di San Vito” e via verso la festa finale alle Monacelle dietro il duomo.

Tra una cosa e l’altra Centola, materano, porta me e altri spedizionieri a mangiare e bere qualcosa da un amico. Parla in dialetto col proprietario del posto e ci scambiamo due battute sull’operosità del nord-est e la serenità del meridione, sarebbe anche un bel dibattito tra un ravennate di 20 anni e un materano di 51, ma non abbiamo tempo e forze per immergerci in una rivisitazione di Cristo si è fermato a Eboli. Alla festa alle Monacelle si cena, poi ultime, ultimissime scene di danza e ballo con i ragazzi che un’altra volta ancora saltano e urlano come fossero posseduti (forse lo sono?). Penta e Argnani si producono nelle ennesime direttive, Nadia Casamassima (sindaca di Hamelin) viene un’ultima volta vestita da Federica Famà, la costumista, col suo imperioso completo grigio antracite e parrucca bionda in stile Meloni. Rientro per mezzanotte circa in Santuario, in letterale religioso silenzio per non svegliare i frati.

Spaccata al bar del parco, migliaia di euro di danni. I gestori ai clienti: «Abbiamo bisogno di voi»

Tentativo di spaccata al bar Brancaleone, nel parco dell’omonima Rocca a Ravenna, nella notte tra il 10 e l’11 settembre. Lo rendono noto i gestori con un post su Facebook: «Hanno cercato di sfondare una vetrata e due porte e non sono riusciti a entrare ma hanno fatto migliaia di euro di danni». Sono più i danni del valore potenziale del bottino se il furto fosse andato a buon fine: «Per avere la misura della stupidità umana, se fossero entrati avrebbero trovato al massimo 50 centesimi, ma hanno lasciato devastazione».

L’attività però non si ferma e oggi apre regolarmente: «Apriremo lo stesso. Il parco della Rocca Brancaleone può esistere perché ogni giorno con la cooperativa San Vitale e Villaggio Globale ci preoccupiamo di tenerlo in attività. È impegnativo ogni giorno, ma questo tipo di ferite ci distruggono. Abbiamo bisogno di voi».

C’è un ravennate nella Global Sumud Flotilla: «Ho paura, ma non potevo più far finta di nulla»

«Ho pensato fosse il momento di fare qualcosa, che sarebbe stato da codardo non esserci, di fronte alla perdurante impassibilità delle istituzioni europee». Così, Carlo Alberto Biasioli, 39enne operatore culturale ravennate, sintetizza i motivi che lo hanno spinto a partecipare – unico dalla nostra provincia, a quanto ci risulta – alla Global Sumud Flotilla, la grande iniziativa umanitaria internazionale che ha l’obiettivo di rompere il blocco navale israeliano per la Striscia di Gaza e rifornire di viveri e medicinali la popolazione palestinese.

«Partecipare è stato piuttosto semplice: ho scritto nei canali ufficiali e sono riuscito a superare un paio di colloqui di selezione, dove gli organizzatori praticamente vogliono verificare cosa ti spinge e il tuo livello di approfondimento sul tema palestinese». Mentre ci parliamo al telefono (l’ultimo contatto è del 10 settembre), Biasioli è ancora in Sicilia in attesa di istruzioni, in procinto di imbarcarsi per Gaza, su una delle navi messe a disposizione dagli organizzatori. «La nostra partenza è legata alla flotta partita da Barcellona: quando prenderanno il mare da Tunisi si saprà che noi partiremo il giorno dopo. Ma qui in Sicilia non è di certo tempo perso: stiamo migliorando le nostre navi, che non sono proprio all’avanguardia, stiamo caricando il materiale, abbiamo creato dei gruppi di lavoro. E poi ci stiamo formando: abbiamo fatto vere e proprie simulazioni di quello che ci potrà aspettare, con anche le fascette elettriche ai polsi. Ci prepariamo per affrontare diversi scenari».

Hai paura?
«Molta, ma non ce la facevo più a voltare la faccia. Se nessuno fa niente io credo che la politica prenderà nota ed esporterà il “metodo Israele” anche altrove».

Eri già un attivista?
«No, non ho mai fatto nulla di simile. Sono un semplice operatore culturale, organizzo rassegne (in particolare, il festival Respira, tra arte e musica, con l’associazione Respira di Nuovo Aps, ndr)».

Cosa pensi vi possa succedere?
«Sappiamo che sono in grado perfino di sparare per affossare le navi. Possono speronarci. Nella migliore delle ipotesi prenderò qualche cazzotto. È probabile che ci prenderanno prigionieri. Dal mio punto di vista, credo di essere un privilegiato, avendo passaporto italiano. Per quanto la premier Meloni abbia disincentivato la partenza, ha anche detto che ci tratterà come tutti gli altri italiani in difficoltà all’estero, credo che avremo un occhio di riguardo, anche perché siamo una trentina dall’Italia. Ma ci sono tanti che partono con noi che sono invece iraniani, turchi, malesi. Ecco, loro dimostrano di avere ancora più coraggio, loro potrebbero fare anche una brutta fine».

Quali sono le sensazioni che stai provando al momento?
«Ce ne sono di belle e di brutte. Queste ultime sono dovute soprattutto alla pressione psicologica che dobbiamo subire. Anche qui in Sicilia ci sono aerei militari che ci controllano, abbiamo visto anche 5 droni sorvolarci contemporaneamente. Ci aspettiamo dei boicottaggi».

Cosa ne pensi degli attacchi esplosivi subiti finora dalle vostre imbarcazioni?
«Credo siano stati dei diversivi, per distrarre l’opinione pubblica internazionale dal fatto che in questi giorni hanno intimato ai palestinesi di abbandonare definitivamente Gaza city».

La sensazione positiva, invece?
«La vicinanza della gente. Ci sono state due manifestazioni anche in Sicilia, con migliaia di persone scese in piazza. A Siracusa, in particolare, due bambini ci hanno consegnato due pacchi di pasta, dicendoci che li avevano comprati con i loro soldi e di portarli ai bambini palestinesi. Ancora mi commuovo a pensarci».

Familiari e amici come hanno preso la tua decisione?
«All’inizio la reazione è stata più che altro di sorpresa, non avendo mai fatto prima niente del genere. La mia compagna, con cui vivo da 15 anni, ha capito: non mi sento da solo, sento l’appoggio dei miei cari. Al momento poi non l’ho detto a molti amici, aspettavo di partire realmente…».

Il consiglio comunale chiede alla giunta di sollecitare il governo Meloni per sbloccare l’eolico in mare

Il consiglio comunale di Ravenna, nella riunione del 10 settembre, ha approvato – favorevoli tutti i gruppi a eccezione de La Pigna – un ordine del giorno che chiede al sindaco e alla giunta di sollecitare il governo Meloni per sbloccare il progetto Agnes che prevede l’installazione di 75 pale eoliche in mare al largo della costa, un campo fotovoltaico galleggiante, un impianto di stoccaggio a terra e un sistema per la produzione di idrogeno verde. Un investimento da due miliardi di euro capace di coprire il fabbisogno energetico di circa 500mila famiglie, corrispondenti alla popolazione della Romagna.

Sul fronte dei permessi, Agnes ha già superato la Valutazione di Impatto Ambientale (via) e attende l’autorizzazione unica. Ma l’intoppo è la mancata calendarizzazione delle aste per l’eolico e il fotovoltaico galleggiante nel decreto cosiddetto Fer2 pubblicato dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase). Si tratta del regime incentivante italiano istituito nel 2024 per supportare le rinnovabili innovative o con costi di generazione elevati. Per il 2025 è escluso l’eolico offshore: il testo del decreto fa riferimento a sole tre fonti delle dieci tecnologie contemplate dal decreto Fer2: fotovoltaico galleggiante, biogas e biomasse.

L’ordine del giorno – promosso dai consiglieri Chiara Francesconi (Progetto Ravenna),  Luca Cortesi e Domenico Antonio Esposito (Partito Democratico), Igor Gallonetto (Movimento 5 Stelle), Nicola Staloni (Alleanza Verdi Sinistra), Andrea Vasi (Partito Repubblicano), Daniele Perini (Ama Ravenna) – sottolinea come l’esclusione dell’eolico offshore dai bandi previsti dal Fer2 sia «un errore strategico che penalizza in modo diretto la città di Ravenna, proprio mentre l’Europa chiede impegni concreti per la decarbonizzazione e la transizione ecologica».

I retroscena dicono che le aste siano in ritardo perché il governo vorrebbe individuare una formula che non esclusa i progetti di eolico galleggiante (Agnes invece è a pali fissi sui fondali) che si stanno rivelando più costosi e meno efficienti. L’ordine del giorno presentato dalla maggioranza esprime preoccupazione per le conseguenze di queste scelte: «Da un lato si ostacola l’innovazione in ambito energetico, dall’altro si favorisce l’espansione di impianti a terra in contesti territoriali spesso inadeguati o già saturi, come ricordato anche dalla Regione Emilia-Romagna».

Il sindacato Uil accoglie positivamente l’approvazione dell’ordine del giorno. «Sono bastati 120 giorni per concludere l’iter autorizzativo per il rigassificatore – è l’affondo di Carlo Sama, segretario provinciale – e non esistono scuse per non garantire tempi altrettanto celeri anche per il progetto delle rinnovabili al largo delle nostre coste».

Accanto alla spinta per le fonti rinnovabili, Uil ritiene oramai non più rinviabile la ripresa a pieno regime delle estrazioni di gas: «Su 62 miliardi di metri cubi di gas utilizzati in Italia solo 3 sono di produzione nazionale e siamo quindi costretti a massicce e costose importazioni dall’estero a costi decuplicati rispetto al gas presente nei nostri giacimenti. La recente intesa tra Stati Uniti e Italia sull’impegno all’acquisto di gas liquefatto dagli Usa a costi più elevati per trasporto e logistica comporterà un aumento di spesa per famiglie e imprese».

Un paio di anni fa il ministero dell’Ambiente ha fornito i dati relativi alle riserve nazionali di idrocarburi dividendole in riserve “certe”, dove l’estrazione con i mezzi e le tecniche attualmente disponibili è considerata sicura al 90%; “probabili”, che potranno essere recuperate con una probabilità superiore al 50%; e “possibili”, dove le probabilità di recupero sono inferiori al 50%. Al 31 dicembre 2021, in Italia erano presenti riserve certe per quasi 40 miliardi di metri cubi di gas naturale, di cui 22,1 miliardi in giacimenti terrestri e 17,7 miliardi in mare. A questi si aggiungono 44,4 miliardi di metri cubi di gas contenuti in riserve “probabili” e 26,7 miliardi di metri cubi in riserve “possibili”, per un totale di 111 miliardi di metri cubi di gas potenzialmente presenti in Italia. Per avere un ordine di grandezza, in Russia c’erano 37.400 miliardi di metri cubi, 32.100 in Iran e 24.700 in Qatar.

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