venerdì
04 Luglio 2025

«Una notte d’inferno al pronto soccorso di Ravenna»

Si moltiplicano le denunce sullo stato del reparto dell’ospedale. L’ultima è di una donna arrivata in ambulanza dopo una sincope: «Sette ore su una barella senza essere considerata da nessuno, tra ragazzini ubriachi»

stazione ravenna sabato 7 settembre
Le forze dell’ordine in stazione, sabato 7 settembre

«Non sembrava Ravenna, sembrava Gaza». Un’esagerazione che rende però bene l’idea della situazione al pronto soccorso, in un racconto di una paziente trasportata d’urgenza in ambulanza attorno alle 23 di sabato scorso, 7 settembre, e poi riportata a casa dal marito 7 ore più tardi, sfinita, senza che nessuno le abbia prestato soccorso, costretta a restare stesa, a casa, anche per i giorni successivi in attesa del proprio medico di base.

Il suo è solo un altro racconto, l’ennesimo, che arriva dal pronto soccorso, dove i medici, come un po’ in tutta Italia, sono sempre troppo pochi. E le ore di attesa in proporzionale aumento.

«Ho avuto una sincope durante una cena a casa con alcuni amici – ci racconta la donna protagonista dell’ultimo episodio -, ho perso conoscenza e sono stata poi soccorsa dall’ambulanza del 118, chiamata da mio marito: sono arrivati due ragazzi che sono stati davvero bravissimi, professionali, premurosi, impeccabili. Mi hanno accompagnato al pronto soccorso perché hanno detto che nelle mie condizioni non avrei dovuto nemmeno camminare. Una volta arrivati, però, è stato il delirio». Decine e decine di barelle («almeno cento, secondo me») tra il triage e i corridoi. «A gestire il tutto, due medici giovanissimi, di cui non metto in dubbio la professionalità, ma sicuramente senza l’esperienza necessaria».

Alla paziente, dopo la sincope, è stata misurata la pressione. Poi basta, dimenticata. «Non è passato nessuno in 7 ore neppure per chiedermi se stessi bene. A fianco a me un’anziana era da 9 ore ad assistere il marito, in piedi, senza neanche una sedia. Entrambi più di 80 anni. Nessuno ha portato loro neanche un bicchiere d’acqua». Attorno alle 2.30 sembrava potesse arrivare il loro turno, ma a irrompere in un quadro già di per sé desolante sono «i ragazzi e ragazzini del sabato sera, tanti minorenni. Alcuni ubriachi, altri sotto stupefacenti, altri ancora feriti e sanguinolenti, con la polizia al seguito dopo risse in spiaggia. Uno scenario assurdo. Abbiamo avuto anche paura, perché un ragazzo era esagitato e ha iniziato a sbraitare».

Poche ore prima – come avevamo raccontato a questo link – in stazione erano intervenuti carabinieri e polizia per sedare una sorta di rissa tra minorenni, accalcati alla fermata dei bus, in ansia di raggiungere la spiaggia per un evento. Che ha portato così alcuni di loro a terminare la serata in ospedale. «Vengono fatti passare davanti a tutti noi – continua nel suo racconto la donna -. Dopo una sincope, pensavo almeno di essere sottoposta a un esame del sangue. O di “meritarmi” una flebo, ma niente. Alle 6 ho chiamato mio marito per farmi passare a prendere, pensando che tanto si fossero ormai dimenticati di me». Secondo la paziente «così, a occhio, in pronto soccorso sabato notte mancavano almeno 20 persone a lavorare, rispetto alle reali esigenze. Gli infermieri presenti, oltretutto, erano lì a tappare buchi, chiamati in emergenza da altri reparti, si percepiva chiaramente dai loro discorsi. Non credo che una città come Ravenna possa meritarsi una situazione del genere: la mia speranza è che il mio racconto e quelli molto simili di altri possano essere in qualche modo utili per migliorare la situazione».

La stessa Ausl fatica a nascondere i problemi. Per quanto riguarda i numeri di tutta la Romagna, la carenza dei medici di Emergenza-Urgenza è cronica: oltre il 30 percento del personale di pronto soccorso è scoperto, nonostante l’Ausl abbia espletato tutti i concorsi possibili, per l’esattezza 18 dal 2020.

Dante parla in “dialetto” senegalese con Pap Khouma: «I peccati sono universali»

Il giornalista e scrittore sabato 14 settembre agli Antichi Chiostri Francescani: «Sono arrivato in Italia da venditore ambulante. Episodi di razzismo? Tanti…»

Pap Khouma

Senegalese di nascita, italiano di adozione, Abdoulaye (Pap) Khouma nasce a Dakar nel 1957 e dalla fine degli anni ‘80 si stabilisce a Milano, dove lavora come giornalista dal 1995. Nel corso della sua carriera si è sempre occupato di cultura e letteratura, con una particolare attenzione ai temi dell’integrazione e della multiculturalità. Autore di tre libri, Io, venditore di elefanti (Garzanti, 1990) Nonno Dio e gli spiriti danzanti (Baldini Castoldi, 2005) e Noi italiani neri (Baldini Castoldi, 2010), è direttore e fondatore della rivista online italo-africana Assaman.

Khouma sarà ospite di Prospettiva Dante sabato 14 settembre, dove porterà negli Antichi Chiostri Francescani “Africa per Francesca da Rimini”, una performance basata sul V canto dell’Inferno dantesco tra lettura in lingua volgare e Wolof (lingua dell’omonima etnia senegalese), musica e canti africani. Interrompe le prove per rispondere all’intervista e in sottofondo, durante la chiamata, si sentono gli echi di sax e djembe.

Il suo intervento a Prospettiva Dante unirà la lettura della Commedia alla performance, cosa dobbiamo aspettarci?
«Stiamo lavorando duramente alla costruzione del pezzo, anche in questo momento. Porteremo in scena uno dei più noti e amati canti dell’Inferno. Non sono un attore, ma mi impegnerò nella lettura delle battute di Virgilio, accompagnato dall’attore senegalese Mohamed Ba, nei panni di Dante, dalla professoressa di italiano Raffaella Bianchi che interpreterà Francesca e dall’attore e musicista ivoriano Rufin Don Zeyenouin che accompagnerà la performance con djembe, maracas, sax e canti africani. Raffaella leggerà in italiano volgare, mentre io e Mohamed leggeremo la mia traduzione del canto in Wolof, la lingua più identificativa del Senegal».

Il pubblico potrà seguire i passaggi con una traduzione del testo in italiano?
«A questo non abbiamo pensato. Ci siamo concentrati sulla musicalità della lingua e sull’emozione che può trasmettere. Gran parte del pubblico della rassegna conoscerà bene il canto e crediamo apprezzerà il gioco di traduzione dal volgare alla lingua Wolof. Abbiamo scelto questo passaggio anche per il legame con Ravenna, incarnato nella figura di Francesca, che pensiamo renda il V canto ancora più più vicino ai cittadini».

Qual è il suo rapporto con Dante? Questo lavoro di traduzione nasce per la rassegna o fa parte di un progetto più grande?
«Sono estremamente affascinato da Dante, in particolar modo dall’Inferno. Non so quanti peccati devo aver commesso per sviluppare questa ossessione (ride, ndr). Il progetto di traduzione è nato nel 2021, quando in occasione del 700esimo anniversario della morte del Poeta ho partecipato alla lettura davanti alla tomba insieme a un altro ragazzo senegalese e a due ravennati: noi leggevamo in Wolof, loro in volgare. Poco dopo, ho presentato il progetto all’Istituto italiano di cultura di Dakar e ho visto un gruppo teatrale di ragazzi delle banlieue mettere in scena il mio testo. Da lì ho deciso di non smettere, e sono andato avanti nella traduzione. Non è un lavoro facile, richiede molto tempo: si dice che tradurre è tradire, ma cerco di restare il più fedele possibile all’originale nonostante la grande differenza linguistica. Rispetto le terzine ad esempio, ma non le rime, troppo complesse in lingua Wolof. Inoltre, essendo un linguaggio tipicamente orale, da quando il francese è la lingua ufficiale del Senegal, il Wolof ne ha subito molto l’influenza, prendendone in prestito termini e modi di dire. Io cerco di preservarlo nella sua purezza, trovandomi anche nel cuore della notte a inviare mail a Dakar cercando l’esatta traduzione di una parola».

C’è una sorta di universalità nella Commedia che vale la pena sottolineare con la lettura in diverse lingue?
«Certamente. Noi tendiamo sempre a sottolineare le differenze, perché è più facile, ma dovremmo iniziare a valorizzare le affinità. Non che le diversità siano un male, anzi, a patto però di non usarle per alimentare i conflitti. La cultura toscana di Dante del 1300 raccolta nella Commedia è inevitabilmente diversa da quella senegalese di oggi, così come lo è anche dalla stessa cultura toscana di oggi. Eppure è Dante stesso a dare universalità al testo: quando parla di peccatrici, affianca alla babilonese Semiramide la storia di Francesca da Rimini, fino arrivare in Africa da Cleopatra. In questo caso potremmo parlare di universalità del peccato… Anche come monito del fatto che non tutte le somiglianze sono positive, e non tutte le diversità negative».

Il concetto di diversità e affinità tra popoli è un nodo importante che la segue fin dall’inizio della sua carriera. Può raccontarci di più della sua storia?
«Sono arrivato in Italia all’inizio degli anni ‘80, iniziando a lavorare come venditore ambulante proprio sui lidi romagnoli. Ho sempre amato la lettura e il mio obiettivo principale è stato fin da subito quello di imparare la lingua. Mi sono interessato subito alla stampa, ogni volta che avevo un momento libero prendevo i giornali e cercavo di capire cosa succedesse nel Paese, e soprattutto, cosa si dicesse di noi immigrati. Sentivo di avere qualcosa da dire, così iniziai a scrivere in un linguaggio elementare, mischiando l’italiano al francese, e perfezionandomi di volta in volta. Nell’89 L’Europeo mi ha chiesto di realizzare un servizio sulla vita degli immigrati. Ho viaggiato da Torino a Catania, passando per Firenze, Venezia, Caserta, per raccogliere testimonianze e farmi raccontare la vita di queste persone senza essere ancora giornalista. L’anno dopo ho pubblicato un libro, Io, venditore di elefanti, scritto a quattro mani con Oreste Pivetta, dove raccontavo la mia storia. Da lì le collaborazioni con i giornali sono cresciute, sono andato “a bottega” tra le varie redazioni fino ad iscrivermi all’albo nel ‘95. Negli anni ho diretto anche una mia rivista letteraria, El Ghibli, nata nel 2003 proprio per promuovere la diversità e dare un’occasione di pubblicazione agli autori neo-italofoni che muovevano i primi passi nell’ambito, ma non solo. Negli anni sono stati pubblicati anche tanti nomi italiani, e i testi venivano tradotti in inglese, spagnolo e francese. Oggi purtroppo la rivista sta morendo, mancano i fondi e l’avvento dei social e dei blog ha dato a tutti un modo per “autopubblicare” i propri scritti. Sono molto affezionato al progetto e spero che trovi nuova linfa per sopravvivere».

Ci sono mai stati episodi di razzismo che hanno in qualche modo ostacolato la sua carriera?
«Di episodi di razzismo ce ne sono stati tanti, ne parlo approfonditamente nel libro Noi italiani neri. Uno tra i tanti, l’aggressione da parte di due controllori del tram, scesi appositamente dal mezzo per chiedermi il biglietto mentre camminavo nei pressi della fermata. Gli chiesi perché avrei dovuto mostrargli il biglietto, dal momento che ero un pedone, loro mi risposero che quella era casa loro e facevano ciò che volevano, per poi iniziare ad aggredirmi. In ambito lavorativo però non posso dire di avere vissuto esperienze analoghe. Credo che il settore culturale sia molto più aperto e votato all’integrazione. In tutti questi anni mi sono sempre sentito libero di pubblicare e di esprimermi liberamente, e questo è importante».

È cambiata oggi la percezione dello straniero rispetto a 40 anni fa?
«Direi di sì, ma in modo altalenante. La politica dopotutto “fa il suo pane” e lo stesso vale per la stampa. Questo non vale solo per la destra, ogni fazione fa i suoi interessi, ma alcune cose spaventano. La libertà di espressione è fondamentale, ma a volte leggo titoli di giornale che mi riportano indietro di tanti, troppi anni. Anche le dinamiche sono cambiate: mia figlia ride quando commento questi fatti iniziando con “ai miei tempi…” ma è proprio così. Ai miei tempi, davanti a qualche ingiustizia o episodio di discriminazione, prendevo in mano la penna e scrivevo la mia a un giornale. Oggi, con i social, ognuno ha il suo orticello e risponde per sé. Gli amici mettono like per dare supporto e la questione nasce e muore lì. Tutto sembra più fine a se stesso, si è un po’ perso il senso della critica sociale profonda necessaria al cambiamento».

Convinse un ravennate ad abbandonare le cure per un tumore, arrestata “guaritrice”

La donna era stata smascherata da “Striscia la Notizia” – VIDEO

È stata arrestata nei giorni scorsi Sara Duè, la sciamana riminese finita anche al centro di vari servizi televisivi (a Striscia la notizia) per le sue presunte qualità di guaritrice. A lanciare la prima accusa, sul piccolo schermo, la madre e gli amici del ravennate Massimo Mariani, morto di tumore a 46 anni dopo essere stato convinto dalla donna ad abbandonare le cure tradizionali. Qui sotto il servizio completo.

La donna è finita nei giorni scorsi agli arresti domiciliari – come disposto dal tribunale di Brescia – insieme a due suoi collaboratori. Dovranno tutti rispondere a vario titolo di esercizio abusivo di professione medica, truffa, lesioni personali, tentata estorsione e sostituzione di persona. L’operazione nasce dalla denuncia di due coniugi, genitori di un bimbo di due anni affetto da tumore, a cui la donna aveva offerto una cura alternativa dietro compenso di 1.500 euro (anche questa storia è stata documentata con vari servizi da Striscia).

Sui social, la donna si definisce “esperta di medicina quantistica, coach olistica sciamana”. A una finta paziente, inviata del programma televisivo con telecamera nascosta, aveva dichiarato che «i tumori sono tossine emotive e fisiche», che si curano «ma non con la chemio», «bisogna sfiammare e detossinare, in qualche mese va via». Secondo la donna «non ci sono malattie inguaribili, perché sono dovute a un disequilibrio fisico, psichico o energetico, basta riequilibrare». Il metodo che proponeva – anche al ravennate Mariani – è un «software quantistico che costa 60mila euro, arriva dall’America, ce l’abbiamo solo noi in Italia» che si connetterebbe «al tuo campo energetico e inizia a fare uno scanner».

Scuola, contributi per i libri di testo per studenti con Isee sotto i 16mila euro

Domande fino al 25 ottobre. Anche per le borse di studio

Libri Scuola

C’è tempo fino al 25 ottobre (ore 18) per fare richiesta di contributo per i libri di testo per l’anno scolastico 2024/2025: a beneficiarne sono studentesse e studenti iscritti alle scuole medie e superiori (secondarie di primo e secondo grado), con un Isee massimo di 15.748,78 euro.

La domanda va presentata esclusivamente online utilizzando l’applicativo messo a disposizione da Er.Go Scuola all’indirizzo https://scuola.er-go.it.

Non occorre dichiarare la spesa sostenuta, perché l’importo del beneficio, che sarà erogato direttamente dal Comune o Unione di Comuni di residenza dello studente, non è soggetto a rendiconto.

Borse di studio

È inoltre possibile presentare domanda, con le stesse modalità e con lo stesso requisito economico di accesso di Isee, per le borse di studio, che sono di due tipologie. Quelle finanziate con risorse regionali, erogate dalla Provincia di residenza dello studente e destinate ad alunni iscritti al primo e al secondo anno delle scuole secondarie di secondo grado del sistema nazionale di istruzione e al secondo e terzo anno dei percorsi IeFp presso un organismo di formazione professionale accreditato per l’obbligo di istruzione che opera nel Sistema regionale IeFp.

La seconda tipologia riguarda le borse finanziate da risorse statali: erogate con modalità che saranno comunicate dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, sono finalizzate a sostenere gli studenti in difficili condizioni economiche nell’acquisto di libri di testo, soluzioni per la mobilità e il trasporto e l’accesso ai beni e servizi di natura culturale. In questo caso, per evitare sovrapposizioni con le borse regionali, sono destinate a studenti iscritti all’ultimo triennio delle scuole secondarie di secondo grado del sistema nazionale di istruzione.

Importi dei contributi

La determinazione degli importi per tutti i tipi di benefici previsti, quindi sia contributi per libri di testo sia borse di studio, sarà effettuata in funzione delle effettive domande e sulla base delle risorse disponibili, dopo la validazione da parte delle Province/Città Metropolitana/Comuni dei dati degli aventi diritto, con priorità alle domande ammissibili rientranti nella fascia Isee 1 (Isee da 0 a 10.632,94 euro).

Per le borse di studio finanziate da risorse regionali gli importi potranno essere “importo base” e “importo maggiorato” del 25%, quest’ultima destinata a studenti che hanno conseguito nell’anno scolastico precedente la votazione media pari o superiore al 7 e a studenti con disabilità certificata ai sensi della legge 104/92, indipendentemente dal requisito del merito.

Chi può presentare domanda

Possono presentare domanda gli studenti e le studentesse nate a partire dal 01/01/2000 (il requisito dell’età non si considera per gli studenti con disabilità certificata ai sensi della legge 104/1992) che risultino: in possesso del requisito reddituale rappresentato dall’Isee del richiedente, in corso di validità; iscritti nell’anno scolastico 2024/2025  a scuole secondarie di primo e di secondo grado del sistema nazionale di istruzione; al secondo e terzo anno di Istruzione e Formazione Professionale presso un organismo di formazione professionale accreditato per l’obbligo di istruzione che opera nel Sistema regionale IeFp alle tre annualità dei progetti personalizzati di Istruzione e Formazione Professionale presso un organismo di formazione professionale accreditato per l’obbligo di istruzione che opera nel Sistema regionale IeFp.

Il giovane rapper cervese Djomi apre X Factor con quattro “sì” – VIDEO

Il primo concorrente di X Factor 2024 – la cui prima puntata è andata in onda ieri sera (12 settembre) su Sky e piattaforma Now – è stato un giovane rapper cervese, il 22enne Domenico Pini, in arte Djomi.

E nonostante le perplessità iniziali del più “severo” tra i giudici del talent, Manuel Agnelli, è riuscito ad accaparrarsi subito 4 “sì” della giuria nelle audizioni. Accompagnato dalla nonna definita “Indiana Jones di Cattolica”, il rapper ha portato un remix di Beggin’ di Madcon, di cui ha riscritto una parte. Qui sotto il video della sua esibizione.

Yuri Ancarani al Festival del cinema di Venezia con il suo lavoro per la Juventus

Il nuovo corto del regista ravennate commissionato da Artissima e dal club bianconero e girato tra Allianz Stadium e Hana-Bi, con Claudio Marchisio e il piccolo Leo Molduzzi

Mirko Toniolo
03/09/2024 Venezia. 81 Mostra Internazionale d’ Arte Cinematografica, l’arrivo in darsena dell’Hotel Excelsior di Claudio Marchisio, Yuri Ancarani e Luigi Fassi

L’acclamato regista e videoartista ravennate Yuri Ancarani ha presentato nei giorni scorsi al festival del Cinema di Venezia il suo ultimo lavoro, commissionato dalla Juventus e dalla fiera Artissima (in particolare la sezione Junior dedicata ai bambini). Si tratta di un cortometraggio di pochi minuti dal titolo Il tappeto verde, dedicato ai sogni dell’infanzia, in risposta al tema della 31esima edizione della fiera torinese di arte contemporanea, “The Era of Daydreaming”.

Il video è stato presentato al Giffoni Film Festival lo scorso luglio e dopo la tappa veneziana sarà visibile allo stand di Artissima Junior dall’1 al 3 novembre al Lingotto di Torino.

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Realizzato questa estate, il cortometraggio porta in scena una sorta di ponte tra il terreno di gioco dell’Allianz Stadium di Torino – con protagonista l’ex calciatore, bandiera della Juve, Claudio Marchisio – e la spiaggia di Marina di Ravenna, con il piccolo Leo Molduzzi che sogna il campo da calcio tra le dune e i lettini del bagno Hana-Bi.

«Quando ho fatto il sopralluogo allo stadio della Juventus – ci racconta Ancarani – sono rimasto stupito dal fatto che non ci fosse ancora il prato nel campo, ma una distesa di sabbia. Ho quindi deciso di girare subito, seguendo nei giorni successivi l’allestimento del prato vero e proprio. La sabbia che c’è sotto l’erba mi ha fatto venire subito in mente la nostra spiaggia e l’idea di girare all’Hana-Bi è anche figlia del tifo per la Juventus del titolare, Chris Angiolini…».

Ancarani, invece, dice di non essere tifoso, né appassionato di calcio, nonostante in passato abbia girato una sorta di documentario anche su San Siro. «Quello di Milano è uno stadio completamente diverso (quello di Torino è di ultima generazione, ndr), che sembra uscito da Blade Ranner, o da Gotham City. Dovrebbe essere demolito…».

Per quanto riguarda i progetti futuri, dopo la sortita veneziana con l’acclamato lungometraggio Atlantide, ora Ancarani è impegnato in un’altra città molto cinematografica come Roma, in un nuovo progetto di cui ancora non si conoscono però i dettagli.

Alla scuola di Roncalceci apre una “biblioteca” aperta a tutta la comunità

Grazie alla raccolta fondi post alluvione

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La scuola di Roncalceci

È in programma sabato 14 settembre alle 10 a Roncalceci l’inaugurazione pubblica, alla quale tutta la cittadinanza è invitata a partecipare, della biblioteca scolastica Iqbal Masih, che sarà anche punto di lettura aperto alla comunità, nei locali della scuola primaria Martiri del Montone, in via Sauro Babini 113.

L’intervento, a seguito dell’alluvione, è stato realizzato grazie alla raccolta fondi “Un aiuto subito Emilia-Romagna” promossa da Corriere della Sera e La 7, con il contributo di Banca Mediolanum-Mondadori Media e Unione proprietari bagni di Forte dei Farmi e le donazioni di Coconino Press e Associazione nazionale bersaglieri-sezione di Ravenna.

Interverranno il sindaco Michele de Pascale, la dirigente scolastica Pierangela Izzi, la presidente dell’Istituzione Biblioteca Classense Patrizia Ravagli e la presidente del consiglio territoriale di Roncalceci Susanna Tassinari. Per allietare la mattinata sono previsti l’accompagnamento musicale di Ester Marta Venturi e una merenda per i bambini offerta dall’associazione di volontariato Volontari per la solidarietà.

La giornata di festa proseguirà nel pomeriggio, alle 16.30, con l’iniziativa “Tu leggi a me io leggo a te”, letture per bambini e bambine dai 3 ai 6 anni, con le loro famiglie, a cura delle volontarie del progetto “Nati per leggere”.

Concessioni balneari, la nuova legge fa acqua da tutte le parti

La proroga al 2027 non è un favore per nessuno, se non per la politica, ancora una volta incapace di risolvere la questione. L’altro aspetto controverso riguarda gli indennizzi per i gestori uscenti: se ne dovrà occupare un decreto attuativo

Spiagge Ravenna

Sulle concessioni balneari, il governo Meloni ha spiazzato tutti. Le norme inserite nel decreto Infrazioni, licenziato il 4 settembre dal consiglio dei ministri, sono riuscite a scontentare ogni parte in causa: i balneari che si sono sentiti presi in giro, i Comuni che non hanno ancora le regole definitive per avviare i bandi, l’opinione pubblica che è contraria alle proroghe. Ma andiamo con ordine.

Dopo decenni di rinnovi automatici agli stessi titolari, nel 2022 il governo Draghi ha imposto la scadenza delle concessioni il 31 dicembre 2023 e l’avvio delle procedure selettive per riassegnarle. L’Italia è sotto procedura d’infrazione per la mancata applicazione della direttiva europea Bolkestein, che impone i bandi periodici sui servizi pubblici come quelli di spiaggia. Il Consiglio di Stato e la Corte di giustizia Ue hanno bocciato le proroghe approvate dai precedenti governi (quella fino al 2020 di Monti e quella al 2033 di Conte), dichiarando l’illegittimità di qualsiasi forma di rinnovo automatico sulle concessioni balneari. Perciò tutto ci si aspettava, tranne che l’ennesima estensione. Ma con un colpo di scena degno delle migliori telenovele, quelle che durano anni senza mai finire, il governo Meloni ha proposto un ulteriore rinvio fino al 30 settembre 2027. E ha ricevuto persino il beneplacito dalla Commissione Ue, che fino al giorno prima si opponeva alle proroghe, mentre la sera stessa dell’approvazione ha diffuso un comunicato di appoggio al provvedimento.

La norma è stata inserita nel decreto Infrazioni, che deve ancora essere approvato dal Parlamento e perciò potrà subire modifiche. Nelle leggi, anche il cambio di una sola parola può essere determinante; ma per ora non si può che commentare il testo licenziato da Palazzo Chigi.

Tre sono i punti salienti: la possibilità di estendere le concessioni fino al 30 settembre 2027, i criteri per selezionare i nuovi gestori e le regole per calcolare gli indennizzi agli uscenti.

La “finta proroga” al 2027

Il governo non ha disposto un rinnovo generalizzato, che come detto, sarebbe illegittimo. Il decreto scarica la scelta sui Comuni, che avranno la facoltà di applicare la proroga al 2027 oppure avviare i bandi. Non è detto che i sindaci e i funzionari si prenderanno la responsabilità di applicare una norma che rappresenta comunque un’estensione automatica, per quanto a livello locale e non nazionale. Già quest’anno l’Autorità garante della concorrenza ha diffidato tutti i Comuni che hanno usufruito della “proroga tecnica” di un anno, fino al 31 dicembre 2024, prevista dalla legge Draghi. Nel mirino dell’Agcm sono finiti anche Ravenna e Cervia: il capoluogo per ora ha evitato la denuncia al Tar, mentre la città delle saline si è opposta e ha fatto ricorso, su cui il tribunale si esprimerà a gennaio.

I balneari non sono stati affatto contenti del rinvio al 2027. Per loro la proroga significa altri due anni di agonia prima delle gare, che la premier Meloni aveva promesso di evitare e che invece ha disciplinato. In realtà, finché l’Italia è in Ue deve rispettare il diritto comunitario, e chi ha creduto possibile il contrario, forse ha peccato di ingenuità. Tuttavia, a fronte della strenua difesa fatta in passato dalla leader di Fratelli d’Italia, anche gli imprenditori più realisti si aspettavano un provvedimento più favorevole alla categoria. Invece, il rinvio al 2027 alimenta ulteriore caos e i criteri delle gare fanno acqua da tutte le parti. Inoltre, per i balneari oltre al danno c’è pure la beffa: la proroga è passata tra i media e l’opinione pubblica come l’ennesimo favore ai concessionari storici, che in realtà non lo hanno mai chiesto. Il governo ha deciso tutto da solo, senza confrontarsi con le associazioni del settore. In definitiva la proroga non è un favore per nessuno, se non per la stessa politica, che si è dimostrata ancora una volta incapace di affrontare e risolvere una volta per tutte questa annosa questione.

E la mappatura?

Gli osservatori più attenti si chiederanno che fine abbia fatto la mappatura dei litorali, a cui Palazzo Chigi ha lavorato per tutta l’estate 2023. La tesi del governo era questa: la direttiva Bolkestein impone le gare solo in caso di “scarsità della risorsa”, perciò è possibile dimostrare che in Italia esistono ancora spiagge libere in abbondanza, per affidare nuove concessioni e far aprire più stabilimenti balneari, garantendo la concorrenza senza toccare le imprese esistenti.

Secondo i calcoli del governo, solo il 33% delle coste italiane sarebbe occupato; tuttavia la Commissione Ue ha contestato sia i dati che le idee di Palazzo Chigi. Secondo Bruxelles, la mappatura avrebbe dovuto essere qualitativa e non quantitativa, distinguendo per esempio le spiagge basse e sabbiose dalle coste alte, rocciose e irraggiungibili, dove è improbabile far aprire nuovi stabilimenti balneari. Inoltre, al netto della scarsità o meno della risorsa, a imporre i bandi sulle concessioni esistenti c’è il Trattato sul funzionamento dell’Ue. Perciò il Governo ha dovuto cestinare il lavoro e ricominciare da capo.

La difficoltà di calcolare gli indennizzi

L’altro aspetto controverso riguarda gli indennizzi per i gestori uscenti, che saranno a carico dei nuovi concessionari, in base a una perizia asseverata a cura di un commercialista nominato dal Comune. Calcolarli non è facile: i balneari sono titolari di un’impresa privata, seppure situata su suolo pubblico, e rivendicano il diritto a un indennizzo pari all’intero valore aziendale, compreso di avviamento, investimenti e brand. Tuttavia la legge attuale prevede che al termine della concessione, il balneare debba riconsegnare l’area nuda allo Stato, che diventa proprietario a titolo gratuito delle strutture in muratura. Si tratta di una norma risalente al Codice della navigazione del 1942, che da tempo le associazioni di categoria chiedono di cambiare. Il decreto del governo rappresenta un primo tentativo in questo senso; tuttavia propone di riconoscere solo «il valore degli investimenti effettuati e non ammortizzati» nei cinque anni precedenti al bando e «di quanto necessario a garantire un’equa remunerazione». Negli ultimi cinque anni i balneari hanno investito poco o nulla, a causa dell’imminente scadenza delle concessioni, perciò le cifre degli indennizzi calcolati solo su questo parametro sarebbero molto basse. Resta da definire il «quanto necessario a garantire un’equa remunerazione», di cui dovrà occuparsi un decreto attuativo da approvare entro il 31 marzo 2025. Il che significa che gli enti locali dovranno aspettare ancora qualche mese per regolamentare questo aspetto determinante nei bandi. A meno che non vogliano avviare le gare subito e senza indennizzi, come hanno già fatto alcuni Comuni in Veneto e Friuli.

In sostanza, sindaci e funzionari sono tra due fuochi: se si prenderanno ancora tempo per attendere il decreto attuativo sugli indennizzi, rischieranno denunce dall’Agcm che si oppone alle proroghe; se invece avvieranno subito i bandi senza indennizzi, potranno arrivare ricorsi dai balneari. Decidere le regole in autonomia a livello locale non è possibile, poiché la Corte costituzionale ha più volte ribadito che la materia è di esclusiva competenza statale. Dunque la situazione dei prossimi mesi sarà di stallo e caos, a causa dell’irresponsabilità di un Governo che non ha voluto decidere fino in fondo.

Come saranno le gare

Per quanto riguarda i criteri delle gare, il decreto stabilisce che gli enti locali debbano tenere conto dei progetti più virtuosi in termini di pratiche sociali e ambientali, assunzione di giovani lavoratori, accessibilità ai disabili e rispetto delle tradizioni enogastronomiche e folkloristiche locali. Inoltre impone di privilegiare chi ha esperienza tecnica e professionale nel settore e chi, nei cinque anni precedenti al bando, ha tratto da una concessione balneare l’unica fonte di reddito per sé e la propria famiglia. Tuttavia, al primo punto c’è la possibilità di favorire chi presenta la maggiore offerta sull’indennizzo calcolato dal commercialista. Oltre a non chiarire se il surplus andrà al concessionario o al Comune, questa parte del provvedimento apre alle gare al rialzo economico. Se la norma fosse confermata, sarebbe un assist ai grandi capitali: catene di alberghi e villaggi, multinazionali del turismo e della ristorazione potrebbero accaparrarsi gli stabilimenti più redditizi, che in riviera romagnola non mancano. L’applicazione della Bolkestein in Italia sarebbe così un pretesto per nascondere, dietro ai concetti patinati di “liberalizzazione” e “concorrenza”, una grande cessione di patrimonio pubblico al mercato.

In conclusione

La direttiva avrebbe potuto essere occasione per una nuova possibile gestione della spiaggia, che non impedisca la fruizione turistica né le piccole concessioni, ma che al contempo interrompa i rinnovi automatici in corso da decenni e agevoli la rinaturalizzazione della spiaggia, con il ripristino delle dune costiere (sul modello di Marina di Ravenna, dove convivono con gli stabilimenti) che rappresentano una barriera di difesa contro l’erosione costiera sempre più intensa. Invece, l’applicazione all’italiana è la semplice sostituzione dei vecchi concessionari con altri, più grandi e ricchi. Il che significherebbe omologare e privatizzare ancora di più. I Comuni, a cui il decreto lascia ampia discrezionalità, potranno impedirlo. Resta da vedere come e se lo faranno.

Il Popolo della Famiglia in festa a Marina con Alemanno e (in video) Vannacci

Il 14 settembre atteso in piazza Dora Markus anche il leader nazionale Adinolfi

Gianni Alemanno
Gianni Alemanno

Sabato 14 settembre, piazza Dora Markus a Marina di Ravenna ospiterà la festa del Popolo della Famiglia con ospiti e stand gastronomici.

Mirko De Carli, consigliere nazionale del Pdf delegato all’Emilia Romagna e consigliere comunale a Riolo Terme, dichiara: «Daremo vita a Marina di Ravenna a una festa dai grandi contenuti valoriali, in cui il filo conduttore sarà la difesa della vita e della famiglia e dell’identità nazionale. I dibattiti, che partiranno alle 17 circa, saranno animati da grandi ospiti».

Nel dettaglio si comincia con Gianfranco Stella e Stefano Pierucci con l’incontro dal titolo “Compagno Mitra”, mentre il sindaco di Forlì Gian Luca Zattini, il consigliere comunale ravennate Alvaro Ancisi e il bolognese Giorgio Gorza parleranno di “sfida civica per il buon governo locale”

Alle 20.30 sarà la volta del leader nazionale del Popolo della Famiglia Mario Adinolfi, seguito da Gianni Alemanno del partito di destra Indipendenza! (ex volto noto di Alleanza nazionale, oggi con posizioni più a destra di Fdi); in collegamento video ci sarà il generale Roberto Vannacci, europarlamentare della Lega, al centro di molte polemiche per le sue posizioni espresse nel volume Il mondo al contrario (dove, per esempio, definisce anormali gli omosessuali) che sarà seguito dal parlamentare romangolo della Lega Jacopo Morrone.

Intervistatore e moderatore della serata sarà il giornalista ravennate Simone Ortolani.

In piazza anche lo stand gastronomico a partire dalle 17.

Torna la festa del quartiere Alberti di Ravenna

Festa Quartiere Alberti

Domenica 22 settembre, dalle 10 alle 19, torna l’attesa festa del quartiere Alberti di Ravenna. Le aree coinvolge sono viale Alberti, piazza Bernini, viale Brunelleschi e via Le Corbusier, che saranno animate da attività per tutte le età. Per l’occasione, i negozi resteranno aperti e molte attività del quartiere allestiranno postazioni aggiuntive nei sottostrada, che saranno chiusi al traffico per garantire la sicurezza dei partecipanti.

Diverse associazioni sportive dilettantistiche si esibiranno in dimostrazioni e attività coinvolgenti, mentre numerose Onlus saranno presenti con gazebi e pesche di beneficenza. I più piccoli potranno divertirsi con gonfiabili, giochi e laboratori che animeranno l’intera giornata.

Tra gli appuntamenti più attesi, torna quest’anno la lotteria legata al tour nelle varie attività commerciali: partecipando con la propria cartella timbrata, sarà possibile concorrere all’estrazione dei premi, prevista per le ore 18.30, con in palio una bicicletta come primo premio.

Con le opere di Ettore Frani si va “verso la gioia” all’ex convento di San Francesco

Dal 14 settembre al 10 novembre la mostra a Bagnacavallo

Sabato 14 settembre alle ore 18, all’interno delle antiche sale dell’Ex Convento di San Francesco a Bagnacavallo, apre al pubblico la mostra Ettore Frani. Verso la gioia a cura di Paola Feraiorni e Massimo Pulini. L’esposizione, promossa dal Comune di Bagnacavallo e organizzata dal Museo Civico delle Cappuccine in occasione della Festa di S. Michele, rappresenta l’esito ultimo di una riflessione maturata negli ultimi tre anni di ricerca di Ettore Frani. L’artista, oltre a riprendere in maniera più approfondita alcuni temi e soggetti emblematici della sua poetica, presenta una serie di opere inedite, molte delle quali realizzate appositamente per i suggestivi spazi dell’ex convento di San Francesco.

La mostra vede esposti ottanta lavori su carta, oltre quaranta dipinti e, per la prima volta, cinque installazioni pittoriche. Opere che vanno dal disegno, realizzato a grafite su molteplici e sovrapposti strati di carta, alla pittura ad olio su tavola laccata e, tra queste, cinque installazioni dal suggestivo titolo Offerta, dove l’artista si appropria anche di materiali atipici all’interno del suo percorso artistico, ma dal significativo valore simbolico: sassi, polvere, cenere, vetro, quaderni d’appunti, stracci e pennelli.

Nelle otto sale e nei due corridoi dell’Ex Convento Frani orchestra in maniera corale molti dei soggetti presenti nella sua poetica – la figura umana, il paesaggio, la natura morta – e ne fa un mezzo potente attraverso il quale indagare ed interrogare l’indicibile Oltre. Il percorso, concepito come una sorta di partitura polifonica, è stato suddiviso in quattro “paesaggi” dagli evocativi titoli Di polvere e luce, Nello sguardo, Nel silenzio e Verso la gioia, dove lo spettatore è chiamato a un ascolto attivo e contemplativo.

La mostra è accompagnata da un catalogo che include le fotografie di tutte le opere esposte.

Una sezione della mostra, intitolata Luminosa, è allestita negli spazi del Museo Diocesano di Faenza.

Fino al 10 novembre; orari di apertura: giovedì e venerdì 17-21, sabato e domenica 10-12 e 16-19 (dal 26 al 28 settembre, in occasione della Festa di San Michele, orario ampliato dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 23; 29 settembre orario continuato 10-23; 30 e 31 ottobre aperto con orario 17-21; 1° novembre aperto con orario 10-12 e 16-19). Ingresso gratuito.

Biografia
Ettore Frani nasce a Termoli (CB) nel 1978. Vive e lavora a Lido di Ostia. Si diploma in Pittura presso le Accademie di Belle Arti (Urbino 2002 e Bologna 2007). Nel 2010 vince il Premio Arti Visive San Fedele ed è finalista al LXI Premio Michetti (Museo Michetti). Nel 2011 la prima monografia in occasione della personale Limen (L’Ariete, Bologna), è selezionato per l’Evento Speciale Padiglione Italia Lo Stato dell’Arte|Padiglione Accademie 54° Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, è invitato a Giorni Felici a Casa Testori 2011 e vince la 1° edizione del Premio Ciaccio Broker per la Giovane Pittura Italiana. Nel 2012 partecipa a Con gli occhi alle stelle. Giovani artisti si confrontano col Sacro (Raccolta Lercaro, Bologna) ed è invitato a Critica in Arte 12 (MAR, Ravenna). Nel 2013 realizza la personale e l’omonima monografia Attrazione Celeste (Casa Raffaello/Bottega Giovanni Santi, Urbino – L’Arca, Teramo), espone a Un’Etica per la Natura (Fienili del Campiaro, Grizzana Morandi) e vince la I edizione degli Espoarte awards – Artista under 45 dell’anno. Nel 2014 la personale Respiri al Museo Nazionale (Ravenna). Nel 2015 prende parte a Macrocosmi Ordnungen anderer Art Berlin-Bologna (Spazio Arte CUBO, Bologna e Altes Postfuhramt West, Berlino), è finalista al 16° Premio Cairo e realizza la personale Composizioni. Ettore Frani e Lorenzo Cardi (Santa Maria della Vita, Bologna). È del 2016 la personale Requiem (L’Ariete). Nel 2017 progetta le personali Ricucire il cielo (NGM, Milano) e L’ombra e la grazia (Spazio Aperto San Fedele, Milano). Con la collettiva itinerante Il profumo del pane presenta il dittico Arca, attesa (S. M. dell’Angelo, Faenza – GASC Milano – Ex-Oratorio San Lupo, Bergamo – Monastero di Camaldoli). Apre il 2019 con la personale La pietà della luce (PAN, Napoli), per Selvatico [14] realizza l’installazione Piccola apocalisse (Ex-Ospedale Testi, Cotignola) e la grande personale Le dimore del pittore | Cap. I-II-III – Un’esposizione in fieri che prosegue anche nel corso del 2020. Conclude l’anno con la doppia personale Nigrum nigrius nigro | Ettore Frani Luca Pianella (Galleria Paolo Maria Deanesi, Trento) e la collettiva La Ferita tra umano e divino. Arta antica e contemporanea da Francesco da Rimini a Lucio Fontana con un’opera commissionata per l’occasione. Nel 2020 inaugura la personale Nel lucido buio (Fondazione La Verde La Malfa, Catania) ed esce la seconda monografia Lo splendore del nero (the painter’s room | Vanillaedizioni). Nel 2022 è invitato come relatore al convegno Quale arte Sacra oggi? (Scuola di Alta Formazione di Arte e Teologia, Napoli) la cui relazione (La pittura come preghiera. Una testimonianza) è contenuta nella pubblicazione omonima (Àncora Editrice), conclude l’anno con la collettiva Paesaggi. Percorso, confronti e nuove tendenze (Museo Cappuccine, Bagnacavallo). Nel 2023 partecipa alla collettiva Crossing. Da Klimt a Basilé, da Sironi a Bauermeister (CuBo, Bologna). Un suo contributo scritto, dal titolo Arte e Fede. Una testimonianza, figura nel primo volume di Arti e Teologie (Pazzini Editore). Nello stesso anno inaugura due importanti mostre personali: Salvifica. Il Sassoferrato ed Ettore Frani. Tra luce e silenzio (Palazzo degli Scalzi a Sassoferrato) e Di polvere e luce. Ettore Frani in dialogo Cattaneo, Ferroni, Kiarostami e Morandi (Galleria San Fedele, Milano). Nel 2024 partecipa alla collettiva Timelessness (Frascione Gallery in collaborazione con Aria art Gallery, Palm Beach Florida) e inaugura la mostra personale Luminosa (Cappella dello Spirito Santo, Monastero di Camaldoli).
Le sue opere figurano in importanti collezioni pubbliche e private quali: Museo San Fedele Milano, MAR Ravenna, Museo Michetti Francavilla a Mare, Patrimonio d’Arte Unipol Bologna, Fondazione Cassa Risparmio Jesi, Fondazione G.L. – Raccolta Lercaro Bologna, Fondazione Casa della Divina Bellezza Forza d’Agrò e Collezione AMC Coppola Vicenza.

Port Hub, anche Salvini a Ravenna per celebrare la fine dei lavori della prima fase

Fondali a -12,5 metri con l’obiettivo di arrivare a 14,5 entro il 2026. Un progetto da 1 miliardo di euro

Ravenna Port Hub RV 53

Ci sarà anche il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, alla presentazione a Ravenna della prima fase del progetto di potenziamento infrastrutturale del porto. Le opere compiute del cosiddetto Ravenna Port Hub riguardano: il rifacimento delle banchine esistenti; la costruzione di oltre un chilometro di nuova banchina dove sorgerà il futuro Terminal Container; l’approfondimento dei fondali del porto canale a 12,5 metri, con l’obiettivo di raggiungere i 14,5 metri di profondità entro il 2026 e la realizzazione di oltre 200 ettari di aree attrezzate per la logistica e le imprese.

Si tratta di un progetto infrastrutturale da 1 miliardo di euro, con importanti opere complementari di Snam, Rfi, Anas, Eni, Progetto Agnes e ulteriori investimenti privati per una somma complessiva di oltre 5 miliardi di euro.

Se ne parlerà alla prima edizione di Adria Shipping Summit, l’evento dedicato al mondo marittimo, portuale, logistico e produttivo dell’Alto Adriatico, in programma il 19 e 20 settembre nella Sala Cavalcoli della Camera di Commercio di Ferrara e Ravenna.

Per raccontare la complessità del progetto, al tavolo dei relatori si avvicenderanno i suoi principali sostenitori e fautori con gli interventi, tra gli altri, dello stesso Salvini, del suo viceministro Galeazzo Bignami, di Giorgio Guberti, presidente Camera di Commercio, Giorgio Bellipanni (Ad di Fincantieri Infrastructure), Riccardo Sabadini (presidente Sapir), Giannantonio Mingozzi (presidente del Terminal Container Ravenna), Antonio Marcegaglia e Aldo Fiorini, rispettivamente presidentee Chief Operations Officer di Marcegaglia, e Carlo Mangia di Snam Fsru Italia.

«L’investimento effettuato dall’Autorità Portuale nel Porto di Ravenna – sottolinea il presidente Daniele Rossi – rappresenta un potenziale punto di svolta per l’intera portualità italiana. Si tratta di un’opera tra le più importanti del Paese, la cui prima fase si conclude con un anno di anticipo sul cronoprogramma, che ha l’obiettivo di consolidare uno scalo in grado di gestire volumi crescenti sia di traffico merci che di crocieristi. Le opere realizzate garantiranno un flusso operativo a pieno regime e costante, oltre che un ancora maggiore livello di sicurezza della navigazione, sicurezza dei lavoratori, digitalizzazione dei processi e sostenibilità ambientale ed energetica. Credo sia un ottimo risultato per un’opera pubblica in Italia».

Ad aprire questa prima edizione di Adria Shipping Summit il 19 settembre sarà la sessione dedicata al Ravenna Port Hub: Infrastructural Works il progetto di potenziamento infrastrutturale del porto di Ravenna, del quale si vuole celebrare la conclusione.

Nel secondo panel della mattina – Il porto di Ravenna: hub strategico per il sistema industriale – l’attenzione si sposterà sull’architettura portuale ravennate che rappresenta il microcosmo dell’intero sistema marittimo del Paese e racchiude tutte le tipologie di traffico: container, rinfuse solide e liquide, project cargo, ro-ro e ro-pax e crociere. Non solo, il sistema portuale dell’adriatico centro-settentrionale vuole posizionarsi tra i principali driver italiani della transizione energetica.

Al pomeriggio, la sessione Il nord-Adriatico laboratorio nazionale per direttrici innovative di sviluppo dello shipping si articolerà in due panel. Nel primo centrale saranno i seguenti temi: la vicinanza fra gli scali del nord-Adriatico, un’opportunità ma anche una sfida; la digitalizzazione e la relativa integrazione dei flussi di dati; la vocazione energetica dei porti, sia lato mare, con lo sviluppo delle rinnovabili offshore e delle infrastrutture del gas, sia a terra. Il secondo panel si focalizzerà invece sul tema dell’adeguamento e del rinnovamento infrastrutturale, dighe, dragaggi e collegamenti di ultimo miglio.

Venerdì 20 settembre mattina sarà dedicato alla visita in navigazione del porto di Ravenna, durante la quale si vedranno le opere del progetto Hub concluse.

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