giovedì
25 Dicembre 2025

Il Comune sostituisce gli infissi della scuola elementare Mordani: spesa 750mila euro

La giunta comunale di Ravenna ha approvato la variazione al bilancio per anticipare la realizzazione di lavori di restauro e sostituzione degli infissi esterni della scuola elementare Mordani, nell’omonima via in centro storico. La delibera verrà sottoposta nelle prossime settimane al consiglio comunale per l’approvazione definitiva. L’intervento, del valore di 750mila euro, sarà eseguito nell’estate 2026, al termine dell’anno scolastico, così da non interferire con le attività didattiche.

Come ormai noto, la scuola Mordani è al centro di uno scontro fra il Comune, i sindacati e le famiglie degli alunni per via del suo trasferimento deciso dall’amministrazione comunale.

I lavori prevedono una riqualificazione energetica dell’edificio scolastico attraverso la sostituzione di tutti i serramenti esterni, sia degli infissi che degli avvolgibili presenti sulle facciate esterne e su quelle che si affacciano sui chiostri interni.

Una nota del Comune descrive così le opere da eseguire: «I nuovi elementi avranno sagoma, disegno, colori e dimensioni il più possibile fedeli agli originali. Gli attuali infissi e sistemi di oscuramento saranno rimossi e sostituiti con infissi in legno dotati di vetro camera, caratterizzati dallo stesso colore e tipologia degli esistenti, ma con prestazioni migliorate in termini di sicurezza, isolamento termico e acustico. Le tapparelle verranno sostituite con nuove tapparelle in pvc effetto legno motorizzate. L’intervento includerà inoltre la sostituzione delle zanzariere nelle aree cucina e mensa».

Sono inoltre previste alcune opere elettriche complementari alla sostituzione degli infissi: l’elettrificazione del portone in metallo dell’ingresso principale, per garantirne un utilizzo più efficiente e sicuro e l’elettrificazione delle tapparelle delle aule e dei bagni, così da migliorarne la gestione e facilitarne l’utilizzo quotidiano.

L’assessora alla scuola, Francesca Impellizzeri, e l’assessore ai Lavori pubblici, Massimo Cameliani, parlano di tassello importante nel percorso di riqualificazione del nostro patrimonio edilizio scolastico: «È un investimento necessario, sia per migliorare l’efficienza energetica dell’edificio, sia per garantire ambienti più sicuri e confortevoli ai nostri alunni e alle nostre alunne, nell’ottica di offrire strutture adeguate alla loro età e ai loro bisogni educativi. Ogni scelta viene compiuta con grande attenzione al benessere dei bambini, delle bambine e delle famiglie».

Casa della Comunità all’ex fiera: un progetto del Comune per ciclabili e 200 posti auto

Con l’obiettivo di integrare il nuovo polo sanitario che l’Ausl Romagna sta realizzando nell’ex fiera di Faenza con la rete urbana di mobilità, il Comune ha dato il via libera al progetto di fattibilità tecnico-economica per la riqualificazione delle aree esterne dell’ex centro fieristico adiacenti alla Casa della Comunità di via Risorgimento che secondo le stime dell’Ausl dovrebbe essere operativa nella seconda metà del 2026. L’intervento, del valore complessivo di 500mila euro e finanziato tramite mutuo, trasformerà circa un ettaro dell’attuale area in uno spazio urbano

Il progetto, curato direttamente dai tecnici del Comune di Faenza, si articola in due fasi distinte.  «La prima parte del progetto – ha spiegato il vicesindaco con delega ai Lavori Pubblici, Andrea Fabbri nel corso di una conferenza stampa – si concentra sulla riqualificazione degli spazi aperti di pertinenza della Casa della Comunità. Questa sezione vuol incentivare l’utilizzo di quello spazio urbano attraverso l’implementazione dei percorsi ciclo-pedonali già esistenti. Il progetto, quindi, porterà alla creazione di nuove piste ciclo-pedonali, prevedendo rastrelliere, illuminazione e punti di ricarica elettrica proprio all’interno di quella che una volta era una porzione di città all’interno del vecchio perimetro dell’ex fiera».

La progettazione paesaggistica integrata gioca un ruolo chiave nel mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, migliorando la resilienza del territorio attraverso la realizzazione di elementi progettuali tipologici come i giardini della pioggia (che raccolgono l’acqua piovana evitandone la dispersione) e un nuovo filare alberato.

Inoltre, il sistema ciclabile è stato concepito in chiave multifunzionale, operando non solo per la mobilità, ma anche come infrastruttura per la raccolta delle acque meteoriche, migliorando la gestione del suolo.

Sotto il profilo idraulico, lo studio delle portate delle acque e dei drenaggi è orientato a un minore impatto sulle reti fognarie; grazie alla definizione di vasche di raccolta, sarà inoltre possibile riutilizzare le acque meteoriche per l’irrigazione delle nuove aree verdi.

«La seconda parte dell’intervento – continua Fabbri – si concentrerà, invece, sul recupero dell’ex sala per convegni, la Sala Zanelli, ormai inutilizzata per la sua funzione originaria. Questi spazi saranno rigenerati per assumere una nuova funzione a servizio della Casa della Comunità e dei suoi fruitori, senza tralasciare la sua vocazione originale di sala eventi e convegni. Tale operazione vedrà il concorso di finanziamenti sia pubblici che privati».

Sempre legato a questa parte, verrà riqualificato il grande parcheggio tra via Oberdan e via Risorgimento: con una capacità di circa 200 posti auto, sarà aperto al pubblico e a servizio della città, compresi i tanti dipendenti delle aziende in zona che ne avevano richiesto la fruizione. Collegato all’intervento è previsto anche un passaggio pedonale protetto per utenti e ciclisti tra via Risorgimento e via Cittadini.

Infine, da segnalare l’aggiudicazione di un bando “Sport e Salute” per la creazione di un’area verde di 300 mq che sarà consegnata alla città chiavi in mano. L’area, del valore di 200mila euro e dotata di attrezzature sportive, sorgerà nell’area dell’ex fiera, tra il parcheggio e la linea ferroviaria.

La dottoressa Donatina Cilla, responsabile del distretto sanitario di Faenza, ha illustrato lo stato dei lavori della nuova Casa della Comunità. La realizzazione del primo e del secondo stralcio, in via di ultimazione, permetteranno l’attivazione dei servizi di cure primarie, dell’assistenza infermieristica, della medicina di iniziativa, degli sportelli Cup e sociali e dell’area amministrativa e diagnostica di base.

Non deve avvicinarsi alla ex, ma lei lo vede all’uscita dal lavoro: 34enne arrestato

I carabinieri di Lavezzola ieri, 27 novembre, hanno arrestato un uomo di 34 anni per aver violato il divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla ex fidanzata che già lo aveva denunciato. La sera prima l’uomo si era appostato in auto davanti al luogo di lavoro della donna. Si tratta di un cosiddetto “arresto in differita”, cioè possibile entro 48 ore dal fatto e non solo in flagranza, previsto per alcuni reati specifici – maltrattamenti in famiglia, violazione del provvedimento di allontanamento dalla casa familiare o del divieto di avvicinamento nei luoghi frequentati dalla vittima e atti persecutori – a condizione che vi sia documentazione video fotografica.

L’intervento dei militari è avvenuto dopo che la donna ha raccontato ai carabinieri che, alla vista del suo ex, è andata in panico ed ha avvertito un forte senso di timore. I carabinieri hanno raccolto le immagini di diverse telecamere private e alcune testimonianze con cui hanno ricostruito i movimenti dell’uomo, accertando effettivamente che con la sua auto si era appostato davanti all’ingresso dello stabile dove la sua ex stava lavorando.

Ieri pomeriggio il giudice del tribunale di Ravenna ha convalidato l’arresto e ha disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e l’obbligo di dimora nel suo comune di domicilio e di non allontanarsi dall’abitazione dalle 20 alle 6.

Il Comitato autonomo portuale di Ravenna aderisce agli scioperi del 28 novembre e 12 dicembre

Il Comitato autonomo portuale (Cap) di Ravenna aderirà agli scioperi indetti per oggi, 28 novembre, e per il 12 dicembre «pur mantenendo un profilo autonomo riguardo le iniziative di mobilitazione». Nella nota per la stampa si sottolinea il rammarico per la mancanza di un posizionamento unitario da parte dei sindacati.

«Siamo a chiedere alle istituzioni locali risposte circa il ruolo del porto di Ravenna nel processo di implementazione del riarmo europeo. A tal riguardo chiediamo trasparenza sull’esito della richiesta congiunta, da parte di Regione, Provincia e Comune, circa la proposta di inserimento nel codice etico del terminal regionale di una clausola a tutela dei diritti umani per la Pace e la regolamentazione del transito d’armi».

Un sistema di macchinari giapponesi, unico in Europa, sta rinforzando l’argine del Lamone

Nel cantiere per il ripristino e il rinforzo dell’argine sinistro del fiume Lamone a Villanova di Bagnacavallo la Regione sta utilizzando un insieme complesso di macchinari cosiddetti “a treno”, tra cui un particolare tipo di pressa idraulica a zero vibrazioni e bassa rumorosità, che è l’unico nel suo genere a essere utilizzato attualmente in Europa. Si tratta di un macchinari fabbricati dall’azienda giapponese Giken.

Composto dalla macchina (Silent Piler) che pianta nel terreno le palancole d’acciaio con il metodo dell’infissione statica, il sistema è dotato di una power unit, un’unità di potenza per il funzionamento e il controllo, di una gru di carico e di un trasportatore che porta le palancole stesse, alte circa 12 metri. L’insieme dei macchinari, simile a un treno, lavora sulla sommità degli argini avanzando via via e appoggiandosi alle palancole già piantate; per partire è stato necessario, quindi, infiggere una prima serie per una lunghezza sufficiente da consentire di installare tutte le componenti.

Ora, con il sistema al completo, si sta procedendo all’infissione dei primi 450 metri di palancole (un centinaio di metri quelli realizzati sinora con 150 palancole piantate), per poi passare ai successivi 750 metri. L’infissione statica, o infissione a pressione, avviene senza emissioni di vibrazioni e con basse emissioni rumorose. I macchinari vengono utilizzati dalla ditta italiana esecutrice dei lavori, appaltati dalla Protezione civile.

Il cantiere di Villanova di Bagnacavallo, una delle aree più colpite dalle alluvioni degli ultimi due anni, è iniziato ai primi di settembre scorso: si tratta della prima tranche di opere di somma urgenza, da 7,5 milioni di euro (risorse da ordinanza commissariale). A questa prima tranche, che dovrebbe terminare a fine gennaio, ne seguirà una seconda, di uguale valore.

Nella mattina di mercoledì 26 novembre nella sala del consiglio della Rocca di Lugo si è tenuto un incontro di lavoro tra il commissario straordinario per la ricostruzione Fabrizio Curcio e i sindaci, tecnici e amministratori di Bagnara di Romagna, Cotignola, Fusignano e Lugo; era inoltre presente il Comune di Russi; l’incontro segue precedenti approfondimenti fatti dal commissario con le singole Amministrazioni dei Comuni interessati dall’alluvione (Sant’Agata sul Santerno, Bagnacavallo, Conselice e Massa Lombarda).

Il commissario ha sottolineato come sia stato un elemento positivo il fatto che l’alluvione di settembre 2024 sia stata riconosciuta come evento collegato a quella del 2023 ai fini dei rimborsi, una decisione che ha permesso di semplificare notevolmente i passaggi tecnici e burocratici, rendendo più snello l’intero iter procedurale. La struttura commissariale ha confermato la propria disponibilità ad aprire tavoli dedicati a problematiche specifiche, con le stesse modalità delle commissioni speciali già istituite.

Il commissario ha annunciato l’imminente uscita dell’ordinanza numero 54, che riguarderà i ristori per chi ha subito l’alluvione nel 2024. I Comuni hanno relazionato sullo stato dell’arte dei lavori a loro attribuiti (quasi totalmente completati), nonché lo stato di avanzamento di quelli sopra i 500mila in capo a Sogesid, presente all’incontro (per esempio, le casse di laminazione di Lugo sud e ovest, via Leonelli a Ca’ di Lugo e la sistemazione stradale di diverse vie, tra cui il circondario di Lugo, interventi che partiranno nel 2026).

Ravenna accende l’albero di Natale domenica pomeriggio con le squadre sportive di punta della città

Dopo l’accensione delle luminarie del 22 novembre scorso, quella dell’albero di Natale, a Ravenna, è in programma in piazza del Popolo domenica 30 novembre, alle 17, alla presenza del sindaco Alessandro Barattoni e della sindaca del Comune di Andalo (che ha donato l’abete) Eleonora Bottamedi, del prefetto Raffaele Ricciardi, del presidente della Cassa di Risparmio Antonio Patuelli e dei rappresentanti degli sponsor. L’allestimento sarà curato da Azimut Spa ed è stato possibile grazie alla collaborazione di una cordata di sponsor che comprende La Cassa di Ravenna, Cittadini dell’ordine Spa, Cooperativa spiagge Ravenna, Comitato Spasso in Ravenna, Engim, Ravaioli Legnani, Gruppo Sapir, Ram Holding spa, Terme di Riolo e Trc Terminal container Ravenna.

Per l’occasione, a partire dalle 16, piazza del Popolo ospiterà una rappresentanza di alcune squadre sportive cittadine tra le quali Capra team Ravenna, Olimpia Teodora Ravenna, Ravenna Football club 1913, Porto Robur Costa 2030, Basket Ravenna, Chiefs football americano, Ravenna Rugby Football Club e Lo Zodiaco che proporrà performance di danza. A seguire suonerà la Banda musicale cittadina.

Novità di quest’anno – come già annunciato – sarà il nuovo allestimento della piazza con installazioni luminose. Non sarà più presente invece il mercatino dei capanni.

Ouidad Bakkali bloccata in Cisgiordania, tra le esplosioni. «Questa è la vita quotidiana dei palestinesi della West Bank»

Una delegazione di sei parlamentari del Partito democratico in visita a Gerusalemme e in Cisgiordania – tra cui la ravennate Ouidad Bakkali, ex assessora del Comune, e composta anche dagli onorevoli Laura Boldrini, Mauro Berruto, Sara Ferrari, Valentina Ghio e l’ex ministro Andrea Orlando – è rimasta bloccata per alcune ore in Cisgiordania.

Durante il rientro da Gerico verso Gerusalemme, il convoglio su cui viaggiavano i deputati si è trovato nei pressi del checkpoint di Hizma nel momento in cui erano in corso operazioni dell’esercito israeliano. ll Pd, in una nota inviata alla stampa locale, parla di «ricostruzioni condivise dalla Farnesina non coincidenti con quanto realmente accaduto».
La stessa Bakkali sottolinea che la situazione «si è risolta in modo rapido e senza alcuna necessità di interventi straordinari». I deputati dem spiegano che nessun intervento di macchine blindate, del Consolato o delle forze di sicurezza israeliane è stato effettuato per “mettere in sicurezza” la delegazione durante il blocco avvenuto nel villaggio di Hizma (a differenza di quanto avevamo scritto anche noi, citando un’agenzia di Adnkronos).

Come riportato in una nota dei parlamentari, durante il rientro da Gerico dove era previsto un cambio di macchina, all’altezza del checkpoint di Hizma a 15 minuti da Gerusalemme, si sono uditi forti boati: si trattava di bombe stordenti lanciate dalle forze Idf contro le auto davanti ferme al checkpoint. L’autista ha svoltato rapidamente imboccando una strada laterale dove si sono poi fermati. In quel momento il Consolato è stato informato della situazione. Una famiglia palestinese ha offerto ai parlamentari temporaneamente riparo e da quel momento è stato mantenuto il contatto con i diplomatici italiani. I deputati sono stati raggiunti da una telefonata della sicurezza israeliana. Nel frattempo, constatata la riapertura del varco, sono tornati sulla strada principale e, seguendo il flusso delle auto, si sono rimessi in marcia verso Gerusalemme per poi incrociare al di là del check point la macchina del console Bellato.

La deputata ravennate Ouidad Bakkali ribadisce: «Ringraziamo il console Bellato, insieme alla nostra ambasciata a Tel Aviv, per la disponibilità e la sollecitudine. Questo è quanto accaduto: la situazione si è risolta positivamente e non c’è stato bisogno di nessun intervento straordinario. Questa è la vita quotidiana dei palestinesi della West Bank dove è in corso una pulizia etnica e un aumento senza precedenti della violenza. Il mondo guarda altrove mentre la situazione sta rapidamente precipitando.»

La violenza subita dal professore finisce nel suo libro

La chiave che gira nella toppa dello studio del professore, un pomeriggio qualunque di una studentessa universitaria che si trasforma in un incubo. Letizia Venturini ha 25 anni ed è nata a Lugo. Qualche anno fa, la sua vita è cambiata a seguito delle violenze subite dal relatore della sua tesi in servizi sociali. Alla paura di denunciare si aggiunge il percorso giuridico che la porta a ripercorrere ancora e ancora quel giorno, poi il bisogno di ritrovarsi e un viaggio intorno al mondo che l’ha portata a una nuova consapevolezza: «Non ci si può far distruggere dal dolore, bisogna trasformarlo in qualcos’altro». Oggi ha «perso il conto» dei paesi visitati e la sua storia, raccontata in Quanto lontano dovrai correre (Mondadori) è la prima della collana Altrove, curata dallo scrittore Gianluca Gotto. Tra i suoi progetti, anche il podcast Souvenir «Nato per far viaggiare anche chi non può o per dare coraggio a chi vorrebbe farlo».

Venturini presenterà il suo libro d’esordio alla libreria Coop del Globo di Lugo, venerdì 28 novembre. In programma per il prossimo gennaio, anche una presentazione al Mercato Coperto di Ravenna.

Quanto lontano dovrai correre è una storia di rinascita, che parte però da un episodio di violenza. È stato difficile per lei metterlo su carta?
«No, anzi, possiamo dire che è stata la parte più semplice. Il dolore aveva bisogno di uscire e sapevo di star facendo qualcosa di utile per molte altre donne. La scrittura è sempre stata il mio sogno, è venuto quasi naturale».

Può raccontarci qualcosa di quel giorno?
«Sono state le sei ore più lunghe della mia vita. Tutto è cambiato in un secondo, una figura di riferimento, che rispetti e da cui ti aspetti protezione diventa il mostro. Mi ha avvicinata con gentilezza, illusa con prospettive di carriera e poi, una volta chiusi a chiave nel suo studio è iniziato l’incubo: insulti sul mio corpo, sulla mia personalità, la mia intelligenza. Tutto per affossarmi. Poi le molestie: la descrizione dettagliata dei suoi desideri sessuali, la normalizzazione di quella dinamica di abuso e potere che si era ripetuta su altre studentesse prima di me. Penso di aver scampato il peggio solo perché a causa di un’operazione era impossibilitato a spingersi oltre. Trovare la forza per parlarne subito è stato fondamentale».

La denuncia ha dato il via alla fase legale. Come si è conclusa?
«Il percorso giudiziario è durato circa un anno. Se confrontato a quello di altre donne è stato breve, ma comunque doloroso. Raccontare ogni volta la storia mi obbligava a riviverla. Questo mi ha permesso di metabolizzare i fatti, ma è stato difficile. La vicenda si è chiusa con un patteggiamento. Il professore ha perso il lavoro ed è stato allontanato dall’università. La sentenza è stata di 1 anno e 8 mesi con condizionale della pena. Per me ho chiesto il risarcimento minimo, a patto che risarcisse anche tutte le altre donne apparse come testimoni».

Cosa significa per lei aver pubblicato la sua storia il 25 novembre, nella data simbolo della lotta alla violenza sulle donne?
«Significa che una speranza c’è. Non ho voluto scrivere un libro sulla violenza, perché non voglio una visione negativa e non voglio dare a “lui” ulteriore importanza. Volevo trasmettere un messaggio di speranza, per far capire alle donne che non sono sole e che dalla violenza si può uscire. È stato un collettivo di donne a salvarmi. Della polizia non mi  davo, avevo paura che non mi credessero. Così ho trovato il collettivo, conosciuto le storie delle altre donne e realizzato che quello che mi era successo era reale, non avevo esagerato e la colpa non era mia. Credo che un mondo senza violenza sia utopico. Spero però che tutte le donne riescano a trovare e dimostrare la propria forza e sappiano che luoghi di aiuto e ascolto esistono e sono lì per loro».

Questo episodio di violenza è stato anche la spinta per iniziare a viaggiare. Che tipo di motivazione le ha dato?
«Ero un foglio bianco, avevo bisogno di riscrivere la mia storia. La violenza ha segnato un prima e un dopo: prima c’era la laurea alle porte, progetti per il futuro, sogni e lavoro. Dopo, la perdita della prospettiva, l’annullamento del rapporto con il mio corpo, con le parole del professore ancora impresse in testa, la fame emotiva e le abbuffate. Volevo lasciare l’università, tanto quegli studi non mi sarebbero più serviti a niente, ma non volevo che si prendesse anche quella parte di me. Mi sono laureata e sono partita. Ho sempre amato viaggiare e cercavo un modo per ricostruirmi attraverso nuove esperienze e allonarami da una dimensione in cui agli occhi di tutti ero solo la vittima del mostro».

Nel suo libro però spiega che non sono i viaggi a far ritrovare sé stessi, ma un lavoro personale e introspettivo.
«I viaggi sono uno strumento di crescita, e spesso velocizzano il processo di guarigione. Ma tutto parte dalla consapevolezza: non serve andare dall’altra parte del mondo per ritrovarsi e non è detto che una volta che si è dall’altra parte del mondo ci si ritrovi. È la consapevolezza con cui parti, o con cui resti a casa, a fare la differenza. Certo, a casa è più difficile, perché il viaggio stimola, mette in gioco, offre esperienze diverse e tiene sempre sull’attenti. Viaggiare in solitaria, poi, porta a misurarsi con sè stessi e a cercare non solo il bello, ma anche la propria interorità: diciamo che è più facile ritrovarsi tra templi, ashram e curandele che su una spiaggia paradisiaca di Bali…».

La carriera da travel blogger come e quando è iniziata? E i viaggi organizzati?
«Nel tempo, e per caso. Non chiamatemi travel blogger però, credo che quel ruolo non mi rispecchi. Ho iniziato a postare sui social per tenere aggiornati amici e parenti. Qualche video è diventato virale e le altre persone sono arrivate in modo inaspettato. Credo che a colpire sia stata la mia spontaneità e lo sguardo genuino sul mondo. Quando ho visto i numeri crescere ho pensato di diventare una blogger, ma quel tipo di narrazione non mi appartiene. Il messaggio che voglio lanciare non è quello del “viaggio rivelatore” nel luogo da cartolina. Anzi, ho sempre viaggiato all’arrembaggio, in maniera molto “local” e questo ha incuriosito le persone che mi seguono. I viaggi organizzati sono nati così, dalla richiesta di chi voleva viaggiare con me e come me: tempi lenti, luoghi lontani dal turismo di massa, sostenibilità. Non ci sposta ogni due giorni alla ricerca dello scatto perfetto, ci si ferma in luogo, si conosce la gente del posto e si aiuta come si può».

L’incontro con Gotto invece com’è avvenuto?
«Con Gianluca si è creata una bellissima connessione, anche qui in modo casuale. Ho iniziato a leggere i suoi libri anni fa, proprio dopo la violenza. Cercavo qualcosa che mi facesse stare meglio. Una sera però gli ho scritto su Instagram, arrabbiata: le sue parole erano bellissime, ma come si fa a seguirle quando si sta così male? Lui mi ha risposto che quello che mi è successo non è bello, ma non posso cambiarlo. Posso cambiare solo quel che viene dopo. In quel momento inviai la richiesta di passaporto e decisi di laurearmi il prima possibile. Qualche tempo dopo, il destino ha fatto sì che ci incrociassimo in Thailandia, per il tempo di un pranzo. Lui ha preso a cuore la mia storia, e quando ho iniziato a scriverla l’ho contattato per dirglielo. Mi ha risposto che avrebbe voluto chiedermelo lui stesso. Così si è chiuso il cerchio»

Scappa dalla gioielleria con delle medaglie in oro da quasi 60mila euro: arrestato

I carabinieri dell’aliquota Radiomobile di Faenza hanno arrestato un 37enne per rapina. L’uomo, dopo essere entrato come un normale cliente all’interno di una nota gioielleria del centro cittadino, avrebbe chiesto a una delle commesse di poter vedere una serie di medaglie in oro. A quel punto, approfittando dell’apertura delle porte della gioielleria per l’ingresso di un corriere, avrebbe strappato dalle mani della commessa l’intero involucro di velluto in cui erano avvolte, scappando con la refurtiva dal valore di quasi sessantamila euro.

La commessa ha subito cerecato di rincorrere il ladro appena fuori dal negozio, afferrandolo per il braccio. L’uomo, a quel punto, si è divincolato con violenza, cadendo a terra insieme alla donna. Nel frattempo i militari dell’Arma, intervenuti tempestivamente dopo essere stati allertati dall’altra commessa, sono riusciti a bloccare il rapinatore, arrestandolo e recuperando la refurtiva che è stata poi immediatamente restituita alla titolare del negozio.

Il 37enne, già noto alle forze dell’ordine per i suoi trascorso giudiziari, verrà trattenuto in camera di sicurezza in attesa di comparire davanti al giudice del tribunale di Ravenna per l’udienza con il rito direttissimo, dove dovrà rispondere di rapina impropria e lesioni personali.

L’esercito ai giardini Speyer? «No, meglio aumentare poliziotti e carabinieri»

«L’esercito? Una proposta seria e concreta, ma che respingiamo. Prima di tutto perché la decisione non spetta al Comune. E poi perché i soldati non sono autorizzati a svolgere compiti di polizia giudiziaria. Le forze realmente efficaci per contrastare fenomeni di criminalità, microcriminalità e degrado urbano restano polizia, carabinieri e guardia di finanza». È in sintesi la risposta del vicesindaco Eugenio Fusignani ai circa 1.800 cittadini (rappresentati in commissione consiliare dal primo firmatario Francesco Patrizi) che hanno firmato questa estate la petizione (promossa dalla lista civica La Pigna) che chiede un presidio dell’esercito in particolare nella zona della stazione di Ravenna, nell’ambito dell’operazione Strade Sicure. «La loro presenza servirebbe come deterrenza – ha dichiarato Patrizi presentando la raccolta firme in Municipio – in una zona che è costantemente teatro di aggressioni, violenze, minacce». Tra i sostenitori della petizione, anche Alvaro Ancisi di Lista per Ravenna che, in fase di replica ha chiesto che il sindaco perlomeno faccia richiesta al Governo, tramite il prefetto.

Il vicesindaco Fusignani ha invece assicurato solamente che metterà a conoscenza il prefetto della petizione e del dibattito che ne è seguito in commissione, limitandosi poi a dire che sarà lo stesso prefetto a valutare, nella sua autonomia. Difficile però che possa richiedere l’esercito se non è il sindaco a formalizzare la richiesta, considerando anche che in prefettura – come sottolinea il comandante della polizia locale Andrea Giacomini – attribuiscono alcuni difetti all’operazione che vede il coinvolgimento dei soldati (lo stesso ministro Crosetto ha prospettato l’ipotesi di farli tornare ai loro compiti più tradizionali) e non certo per la loro scarsa capacità degli stessi: «Si tratta di stabilire – ha commentato Giacomini – se sono lo “strumento” giusto per affrontare lo spacciatore o lo straniero irregolare. L’esperienza ci dice di no, perché per ogni contingente dell’esercito la legge prevede che debba esserci anche un contingente di polizia o carabinieri ad accompagnarli (non essendo i soldati, come detto, agenti di polizia giudiziaria, ndr)».

Tra gli interventi anche quello di Veronica Verlicchi, capogruppo della Pigna, che ha ricordato però come l’esercito sia stato già utilizzato in decine di città di tutta Italia e di qualsiasi colore politico, comprese le vicine Rimini e Ferrara, fungendo da deterrente e invitando i colleghi a non farne una battaglia ideologica.

Tra i contrari, un po’ a sorpresa, anche uno che è stato con la divisa dell’esercito per quasi 40 anni, l’esperto nominato da Viva Ravenna (altro gruppo di opposizione) Fabio Bendinelli, ex funzionario Onu. Che – in estrema sintesi – ha auspicato che i soldati possano tornare a svolgere compiti più consoni alla loro formazione.

La filosofa: «La società di oggi cerca di rimuovere la morte, invece attraversare il dolore serve per sentire la gioia»

Formatasi tra teatro e filosofia, Maia Cornacchia lavora da quasi 25 anni a stretto contatto con la Fondazione Gigi Ghirotti di Genova che offre assistenza gratuita, cure palliative domiciliari e in hospice ai malati terminali. «Ho scelto di occuparmi di chi muore dopo la morte di mio padre – racconta Cornacchia –. Non mi sentivo pronta, e ascoltavo solo il mio dolore. Poco prima che se ne andasse però, sono riuscita ad ascoltare davvero lui che, a differenza mia, era pronto. Ho sentito il bisogno di spiegare a tutti l’importanza di ascoltare chi muore, non solo per loro, ma per noi». I suoi insegnanti più grandi però, «sono stati i bambini», con cui ha portato avanti percorsi di drammatizzazione e animazione teatrale in ambito scolastico. Le sue ricerche filosofiche hanno portato nel 1985 alla creazione della Pratica di Lavoro Organico: un esercizio di ascolto e contatto col presente. La filosofa è stata protagonista di un incontro alla Biblioteca Oriani di Ravenna, lo scorso 22 novembre, in occasione dello spettacolo sul fine vita I’m nowhere / Desvanecimiento, del polacco Rakowski.

Cosa si può imparare dal lavoro con i malati terminali?
«A vivere. Può sembrare un pensiero banale, ma stare vicino a chi muore, e imparare ad ascoltare davvero chi muore, è il modo più chiaro per vedere l’intreccio indissolubile tra vita e morte. Tutto il mio lavoro si basa sul “sentire”: ognuno di noi è unico e irripetibile come una goccia, ma in quanto goccia fa parte di qualcosa di più grande, come l’acqua. In quella dimensione, l’io e l’altro diventano un’unica cosa. Da questo punto di vista, credo che i bambini piccoli siano stati i miei migliori maestri, ancora poco formati come individui singoli e impercettibilmente legati a quell’insieme. In questa prospettiva, un malato terminale assomiglia a un bambino piccolo: si allontana dalla dimensione fisica della vita per avvicinarsi a quella più sottile, invisibile».

La società di oggi sta cercando di allontanare la morte?
«Assolutamente sì, c’è una grande rimozione della morte. Non ci sono più situazioni di condivisione della morte al di fuori dei funerali. Anche su quelli poi, vigono ancora troppi tabù: un funerale dovrebbe essere un momento di alternanza tra gioia e dolore, senza regole e con spazio per tutto: lacrime e risate, bello e brutto, così come accade dentro ognuno di noi. Si tende a scacciare la morte solo perché non la si vede nel suo intreccio con la vita. Si pensa alla morte come un’unica tappa alla fine della vita, ma non è così. Quella è solo una delle sue manifestazioni, ma si tratta di un’esperienza continua, che spesso non riusciamo a leggere. Anche le parole nascono e muoiono nel momento in cui le pronunciamo: se la nostra ultima parola non morisse, non ci sarebbe spazio per quella dopo. Fare spazio alla vita è una delle funzioni principali della morte».

Quanto influisce il contesto culturale sul tema del fine vita?
«Sicuramente siamo tutti molto condizionati dal contesto culturale in cui siamo immersi. Citando Jung, è più facile attenersi a quello che è stabilito e considerato “bene” o “male” per tutti, piuttosto che prendere ogni volta la responsabilità di interrogarsi al riguardo. Vivere senza costrutti, come un bambino, ci renderebbe la vita più semplice».

I bambini, quindi, sarebbero più pronti ad affrontare il tema della morte rispetto agli adulti?
«Assolutamente sì. Al tempo stesso però, sono dipendenti da noi e sensibili ai nostri stati d’animo. Tendiamo a passare loro una serie di condizionamenti pesanti, spesso in buona fede. Capita che quando un bambino perda un genitore non lo si porti al funerale o si eviti di parlare del lutto in maniera approfondita. Sono gesti fatti con un intento di protezione, ma sortiscono l’effetto contrario, lasciando i più piccoli soli col proprio dolore».

Esiste un modo giusto per affrontare l’argomento?
«Trovo che termini come “giusto” o “sbagliato” siano troppo stretti rispetto alla ricchezza della vita. Anche qui, l’ascolto è fondamentale. Il fulcro del mio lavoro è quello di far ritrovare la percezione di essere goccia nell’acqua. La prima lezione della morte è quella di lasciare andare: secondo i nativi americani, chi è su un cammino di consapevolezza non dovrebbe avere “aspettative, attaccamenti o giudizi”. Spesso ci attacchiamo alle cose anche se non ci danno più vita, e non ci fa bene. In ne, bisogna imparare ad accogliere il dolore, perché l’unico modo per sentire davvero la gioia è attraversarlo, e imparare a ritrovare lo straordinario nell’ordinario».

Il teatro fa bene ad approcciarsi a questi temi?
«Deve farlo. Più interagiamo con la morte, più sarà facile correggere la brutta abitudine di rimuoverla dalle nostre vite. Avere a che fare con la morte aiuta ad apprezzare il valore della vita, e anche invecchiare può diventare un cammino di libertà. La paura di morire è la madre di tutte le paure: è paura dell’ignoto, dell’incontrollabile. Ma stare insieme alle proprie paure è l’unico modo per trasformarle in forza, e questo i teatranti lo sanno bene, perché spesso è ciò che trasmette energia sul palco. Abitare la nostra paura e famigliarizzare con la morte rende tutto più facile».

E per quello che riguarda chi resta invece?
«In effetti, la morte riguarda soprattutto chi resta. Come scrive Epicuro, non ha senso preoccuparsi della propria morte: quando c’è lei non ci sei tu, e viceversa. La sofferenza spaventa di più, ma le cure palliative hanno raggiunto livelli eccezionali. Elaborare il lutto è fondamentale, ma non dobbiamo dimenticarci che la luce delle stelle che vediamo viene da astri morti milioni di anni fa. Lo stesso vale per le persone che non ci sono più, ma che continuano a illuminare le nostre vite, in modo del tutto soggettivo. C’è chi ha la sensibilità per percepire una presenza sottile e chi le porta ogni giorno con sé, tra mente e cuore».

Il Gospel torna a scaldare la piazza. E dopo il concerto di capodanno, anche un dj set

L’energia e la potenza del gospel tornano ad animare Ravenna nel periodo festivo, con il ritorno della rassegna Christmas Soul 2025.
I concerti , sempre gratuiti, si terranno tra Piazza del Popolo e Teatro Alighieri, portando in città artisti internazionali e protagonisti italiani della black music.
Si parte il 29 dicembre, alle ore 18, con gli Spiagge Soul Holy Fellas, una formazione nata proprio all’interno del festival ravennate Spiagge Soul e divenuta simbolo dell’anima più autentica del gospel e del blues italiano. La band, guidata dalle voci di Gloria Turrini e Bruno Orioli, sarà accompagnata da un ensemble di musicisti e da un coro femminile diretto da Daniela Peroni. Il 30 dicembre, sempre alle 18, sarà la volta di Ginga, una delle voci più carismatiche della black music nazionale, che presenterà il progetto “Back to Basic”: un viaggio nelle radici del gospel rivisitate con sensibilità contemporanea. L’artista sarà accompagnato dalle voci di Claudia Milan, Gaia Bettin e Serena Defranceschi.

La notte di San Silvestro, il 31 dicembre, alle ore 23, Piazza del Popolo si accenderà con la Soul of Gospel Revue dei God’s Angels.
Il concerto sarà guidato dalla voce di Knagui (artista della Pennsylvania e allievo della leggendaria Twinkie Clark) e mescolerà gospel, soul, funk e jazz, trasformando la piazza in una grande celebrazione collettiva. Sul palco, una formazione internazionale composta da musicisti provenienti dagli Stati Uniti (tra cui Ronnie Coleman Jr., James Brown, Kristina Dorsey, Marleny Rivas, Simone Hill, Alijah Singleton, Kenny Skinner ed Eric Linson) e dall’Italia. Al termine del concerto la festa continuerà grazie al DJ set di DJ Lelli – Superfunkexperience.
Il festival si chiuderà poi la mattina del 1 gennaio, alle 11.30, al Teatro Alighieri, con il concerto di Marquis Dolford & The Capital Gospel Group, direttamente da Washington D.C., una delle culle più importanti del gospel americano. Il gruppo proporrà un repertorio che unisce spiritualità, radici afroamericane, soul e blues, con arrangiamenti raffinati e una straordinaria forza vocale. Un’esperienza intensa, profonda e avvolgente, capace di inaugurare il nuovo anno con emozione e autenticità.

«Sono davvero soddisfatto del programma, che vede al centro della proposta le due grandi corali statunitensi protagoniste degli appuntamenti di Capodanno. Si tratta di ensemble capaci di portare a Ravenna l’anima più autentica, emotiva e travolgente del Gospel afro-americano. Saranno due concerti di forte impatto, diversi per atmosfera e linguaggio, pensati per accompagnare sia la celebrazione festosa del capodanno sia il matinée in teatro, più intimo e spirituale – commenta il direttore artistico, Francesco Plazzi -. Desidero infine sottolineare il DJ set che animerà la notte di San Silvestro: un’idea suggerita dal Comune e accolta immediatamente con entusiasmo, che trasformerà Piazza del Popolo in una dancehall a cielo aperto»
Il festival viene realizzato in collaborazione con Ravenna Manifestazioni e con la compartecipazione con l’Assessorato al Turismo del Comune di Ravenna.

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