Dalla pulizia alla sicurezza: lo Stato ha delegato una serie di funzioni agli imprenditori. Una questione da tenere in considerazione da parte di chi vorrebbe assegnare le concessioni tramite gare indiscriminate
Una nuova credenza si sta diffondendo tra gli italiani: quest’anno tutti gli stabilimenti balneari sarebbero abusivi e perciò chiunque può stendere liberamente il proprio telo sulle aree in concessione, senza che nessuno abbia il diritto a mandarci via. In realtà le cose non stanno proprio così, e oltre a spiegare il perché, l’occasione è utile per riflettere sulle funzioni pubbliche che svolgono i gestori delle spiagge.
Innanzitutto occorre spiegare le ragioni di quanto sta accadendo. A novembre 2021 il Consiglio di Stato ha annullato la proroga delle concessioni balneari fino al 2033, perché era incompatibile col diritto europeo, e ha imposto che i titoli fossero riassegnati entro il 31 dicembre 2023 attraverso dei bandi pubblici. Con la legge sulla concorrenza del 2022, il governo Draghi ha recepito le disposizioni del Consiglio di Stato, ma ha anche previsto la possibilità di un anno in più – fino al 31 dicembre 2024 – per i Comuni che non avessero fatto in tempo a concludere le procedure selettive entro lo scorso anno.
Quasi tutti i comuni costieri si sono avvalsi della proroga tecnica al 2024, poiché il governo Meloni non ha mai approvato il decreto attuativo previsto da Draghi per stabilire dei criteri nazionali con cui fare le gare. Ma l’Autorità garante della concorrenza ha ritenuto illegittima la proroga tecnica e ha inviato molte diffide alle amministrazioni locali, tra cui quelle di Ravenna e Cervia. Nella mischia si è aggiunto Mare libero, un’associazione che si oppone alle proroghe delle concessioni balneari e chiede di aumentare le spiagge libere. In vari post sui social e comunicati stampa, Mare libero ha dichiarato che dall’1 gennaio tutti gli stabilimenti balneari sarebbero abusivi e che tutti i cittadini oggi potrebbero stendere il proprio telo ovunque in riva al mare. Molti media hanno dato ampio risalto a queste dichiarazioni, senza preoccuparsi di approfondirle.
Nelle scorse settimane sono state organizzate delle occupazioni simboliche nei più noti stabilimenti balneari, tra cui il Papeete di Milano Marittima. Alcuni attivisti sono stati denunciati dalle forze dell’ordine e il presidente di Mare Libero è stato diffidato dalle associazioni di categoria dell’Emilia-Romagna, che lo hanno accusato di invitare i cittadini ad assumere comportamenti contrari alla legge, nonché potenzialmente turbativi per l’ordine pubblico e dannosi per i concessionari.
Chi ha torto e chi ragione, lo decideranno i giudici. Al momento, secondo la legge approvata da Draghi, fino al 31 dicembre 2024 «l’occupazione dell’area demaniale da parte del concessionario uscente è comunque legittima» e sembra che il Consiglio di Stato la stia tollerando: nei contenziosi su cui si è già espresso (è accaduto ad Amalfi, Napoli e Moneglia), pur ribadendo la scadenza del 31 dicembre 2023, Palazzo Spada ha emesso una serie di ordinanze cautelari che confermano la legittimità dell’occupazione degli attuali gestori per la prossima estate, a tutela del “pubblico interesse”.
Ma perché si giustifica la privatizzazione delle spiagge con il “pubblico interesse”? In base alla legge italiana, i balneari pagano dei canoni molto calmierati e traggono un profitto sull’uso di un bene pubblico, ma in cambio devono sostenere i costi di alcuni servizi a beneficio della collettività, al posto dello Stato. Cioè prendersi cura delle spiagge e garantirvi la pulizia e la sicurezza, non per scelta bensì per obbligo.
Le cooperative dei bagnini di Ravenna e Cervia dichiarano un costo di 3,85 milioni di euro all’anno per il servizio salvamento
In Spagna il sistema funziona al contrario: i concessionari di spiaggia hanno dei canoni molto più elevati, ma la pulizia e i bagnini di salvataggio sono pagati dai Comuni. In Italia, invece, le tasse sui rifiuti per gli stabilimenti balneari sono spesso più alte dei canoni, poiché vengono calcolate su tutta la superficie dell’area in concessione e per tutto l’anno. Attraverso la Tari, i balneari sostengono le spese per la pulizia invernale dell’arenile, quando si accumula di tutto sulla spiaggia; mentre in estate si occupano direttamente della pulizia quotidiana della sabbia, rimuovendo i rifiuti abbandonati dai turisti. C’è poi il servizio di salvamento, che rappresenta un costo ingente: la Cooperativa degli stabilimenti balneari di Ravenna dichiara un costo di circa 2,5 milioni di euro all’anno, quella di Cervia 1,35 milioni. I bagnini in divisa rossa sono stipendiati dai balneari ma soccorrono chiunque si trovi in difficoltà, anche se frequenta la spiaggia libera.
Oltre a questi obblighi, ci sono altri costi facoltativi di cui i balneari si fanno carico a beneficio della collettività. Quello principale riguarda la duna di sabbia invernale, che oltre a proteggere gli stabilimenti dalle mareggiate, difende i centri abitati sulla costa. A Ravenna la duna ha un costo dichiarato di 700 mila euro, a Cervia di 350 mila euro.
Importanti sono anche le spese per rendere accessibile la spiaggia con i camminamenti e le sedie per i disabili.
In sostanza, il nostro Stato ha deciso di delegare una serie di funzioni pubbliche a degli imprenditori privati. Si tratta di una peculiarità tutta italiana, che la direttiva europea Bolkestein è andata a mettere in discussione. Se negli ultimi 15 anni i governi di tutti i colori hanno prorogato le concessioni, non è stato solo per tutelare i balneari, ma anche perché l’amministrazione pubblica non vuole o non è in grado di prendersi cura dei litorali. Pensiamo a cosa accadrebbe se uno stabilimento restasse chiuso per un’intera estate a causa di un ricorso tra due contendenti: chi pagherebbe il bagnino di salvataggio e la pulizia per quel tratto in concessione? La campagna “Salviamo le spiagge della Romagna”, lanciata la settimana scorsa da Legacoop, ha voluto sottolineare anche questo: senza gli attuali concessionari, rischia di venire meno l’intero sistema di gestione e cura della spiaggia. Ciò non significa che la situazione debba restare per sempre così, tantomeno senza mai passare dai bandi. Ma chi fa il tifo per le gare indiscriminate, dovrebbe porsi questo problema.