La Regione ha speso 3,38 milioni di euro per un bacino di 6,5 ettari che può contenere 143mila mc di acqua in caso di emergenze idrauliche. Benefici soprattutto per Solarolo. Ma sarà anche un’area di tutela ambientale: piantati 130 alberi e 69 arbusti per un bosco igrofilo
La rete di scolo delle acque della pianura faentina ha una nuova infrastruttura per la gestione di future emergenze idrauliche. Nelle campagne del comune di Castel Bolognese, in via Lughese in località Savoie, è stata realizzata una cassa di espansione in grado di contenere fino a 143mila metri cubi di acqua per ridurre la portata del Canale dei Mulini in caso di piene. Di fatto è una garanzia soprattutto per Solarolo che si trova a valle della cassa.
Si tratta di un invaso che occupa una superficie di 6,5 ettari, scavato dopo aver espropriato quello che era un terreno agricolo con alberi da frutto, adiacente al lago artificiale da 10mila mc della centrale di pompaggio realizzata nel 2011 per l’irrigazione agricola con le acque prelevate dal Canale emiliano-romagnolo (Cer). Il volume disponibile della cassa viene utilizzato per sottrarre acqua al Canale dei Mulini durante il passaggio di una piena. L’acqua accumulata viene poi restituita quando le condizioni idrometriche tornano a essere sicure.
L’opera è costata 3,38 milioni di euro, realizzata dal Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale con risorse della Regione Emilia-Romagna: circa 2,7 milioni arrivano dal Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale (Dpcm 20 febbraio 2019), mentre gli altri 600mila dal Programma per fronteggiare il fenomeno della subsidenza nelle provincie di Ferrara e Ravenna.
Come funziona la cassa di espansione del Canale dei Mulini a Castel Bolognese
In caso di emergenza idraulica la regolazione delle paratie di una strozzatura artificiale del Canale dei Mulini crea un rigurgito verso monte, che consente di deviare le acque nel Rivalone, un canale affluente che viene utilizzato in senso opposto al normale scorrimento. Una volta raggiunta la soglia di sfioro, l’acqua in eccesso in risalita nel Rivalone si immette nella cassa. Al termine dell’evento di piena, man mano che il livello dell’acqua nei canali tende a diminuire, tramite tubi collocati sotto lo sfioratore, si svuota progressivamente anche la cassa di espansione. Il volume residuo d’acqua che resta nella cassa viene poi indirizzato, attraverso lo scarico di fondo presidiato da una paratoia, nello scolo Prati.
La genesi dell’intervento è precedente alle alluvioni dell’ultimo biennio. La necessità emerse già negli anni ’80. L’attuale direttrice tecnica del Consorzio, Paola Silvagni, si laureò in ingegneria nel 2003 con una tesi proprio su questo progetto. Il finanziamento è stato programmato a fine 2019 e il progetto approvato nel 2020. I lavori, iniziati nell’estate 2021, si sono conclusi nell’estate 2024 e stamani, 22 maggio 2025, è avvenuta l’inaugurazione alla presenza delle autorità.
Di fatto, però, la cassa è funzionante fin dal 2023, quando è stata coinvolta nelle alluvioni causate dalle esondazioni dei fiumi, primo fra tutti il Senio: nonostante questa cassa serva per la sicurezza nello scolo delle acque di bonifica, è stata comunque utile, specialmente nel primo evento, quello del 2 maggio 2023, e poi a settembre 2024.
Ma va ricordato che al cosiddetto reticolo secondario dei canali di scolo è demandata la gestione delle acque piovane e non potrà essere una cassa di espansione a contenere la massa di acqua proveniente da un’eventuale rottura di un argine del fiume, cioè l’evento che causò le alluvioni di maggio 2023 a Solarolo. In altre parole, la cassa di via Lughese sarà un valido supporto in caso di pesanti precipitazioni piovose.
La cassa è collocata in una zona chiamata “I prati della Cenesa”, un’area che fino al XIV secolo aveva mantenuto un carattere quasi paludoso e che solo le più recenti bonifiche hanno reso coltivabile; in particolare, la parte più depressa, in origine ricadente nel bacino dell’affluente Rivalone, è stata portata a scolare le acque di pioggia nel Canale Prati di Solarolo, attuando nel 1968 un progetto di sistemazione idraulica dell’area, che ha comportato la costruzione di due botti sottopassanti lo stesso scolo Rivalone.
Cos’è il Canale dei Mulini
Il Canale dei Mulini è un corso d’acqua artificiale con oltre cinque secoli di storia: da Tebano (Castel Bolognese), dove prende le acque del torrente Senio alla diga Steccaia, percorre 38 km fino a immettersi nel Reno. Per cinquecento anni ha alimentato otto mulini lungo il suo corso. Oggi ha una duplice funzione: di scolo delle acque meteoriche dell’area urbana e rurale di Castel Bolognese e di adduzione e distribuzione di acqua per l’irrigazione, dal Senio e dal Cer. A gestire formalmente questo corso d’acqua sin dal 1967 è il Consorzio di bonifica della Romagna Occidentale.
Il bosco igrofilo tra Castel Bolognese e Solarolo
Ma non si tratta di un intervento solo di sicurezza idraulica. Per la maggior parte del tempo, la cassa svolge una funzione ambientale (caratteristica che ha permesso al progetto di scalare la graduatoria di accesso ai fondi regionali). Il fondo dell’invaso è stato disegnato in modo da avere un tracciato a U dove permane sempre circa un metro d’acqua in movimento. Sono stati messi a dimora 130 alberi e 69 arbusti di specie autoctone tra cui salici, farnia, pioppi, lentaggini ed evonimi per la creazione di un’area naturalistica con bosco igrofilo.
Fitodepurazione
La cassa rappresenta, inoltre, un impianto ad alta innovazione ecologica, perché include un sistema di fitodepurazione a flusso libero, con tre vasche di sedimentazione che permettono di migliorare la qualità delle acque derivate dal fiume Senio e valorizzarle dal punto di vista irriguo. L’obiettivo è ridurre la presenza di solidi sospesi, nutrienti, metalli pesanti e residui di agrofarmaci attraverso la creazione di un percorso idraulico sinuoso, nel quale cresceranno spontaneamente canneti e piante acquatiche, nel quale le acque passeranno con diverse velocità creando quindi ambienti nei quali sono insediate popolazioni microbiche utili alla demolizione dei nutrienti.
L’area non è a libero accesso per il pubblico, ma il Consorzio ha previsto uno sviluppo a carattere divulgativo, soprattutto per le scuole. Allo scopo è stato allestito un percorso didattico-pedonale lungo gli argini con pannelli informativi.
Gli scavi per la realizzazione della cassa di espansione hanno portato all’individuazione di numerose tracce di antichi insediamenti, dall’età del Bronzo all’età medievale. Le esplorazioni archeologiche, attuate nel 2021-2022 in concomitanza con i lavori di escavazione e sotto la direzione della Soprintendenza, sono state curate dalla Phoenix Archeologia su incarico del Consorzio.