Renzi e quelle belle riforme progressiste che voleva Berlusconi

Impietoso bilancio del primo anno del “Governo Bombarda“ del premier Matteo Renzi

Matteo RenziÈ passato un annetto da quando Matteo Renzi è diventato Primo Ministro ed è tempo di tracciare il bilancio dell’attività del suo Governo. Appena s’insediò, fece tante promesse da spaccare il mondo: «Riformo la Costituzione, le legge elettorale, poi il lavoro, il fisco e la giustizia», ricordate? E invece, deh, che cosa t’ha fatto di bello il Renzi? Riforma della Costituzione, boh, non pervenuta. Cancellerà il Senato, ma chissà quando. Riforma della legge elettorale: è in corso, l’approviamo, la cambiamo, trattiamo con Berlusconi, non trattiamo più, alla fine, boh, non pervenuta. Il fisco: riforma non pervenuta, a meno che non vogliate considerare una riforma gli 80 euro in più in busta paga a chi dichiara meno di venticinquemila euro, che pare una roba da assistenzialismo paternalista di stampo democristiano più che una riforma strutturale in senso progressista. Restano lavoro e giustizia. E qui il Governo Renzi qualcosa ha fatto. Ma cosa? Pochi giorni fa il Governo Bombarda ha approvato i decreti attuativi del cosiddetto Jobs Act, ovvero la riforma del lavoro. Renzi aveva promesso: «Spariranno i licenziamenti collettivi, garantito». (Lo chiedeva la minornaza Pd.) E come da costume renziano, i licenziamenti collettivi sono rimasti. Mentre è stato cancellato l’articolo 18. Quando voleva cancellarlo Berlusconi, una decina d’anni fa, il sempre coerente Partitone aveva fatto sfilare compatti due milioni di persone e tutti i suoi iscritti, al Circo Massimo. «È stato un errore non tenere conto del parere delle Camere», ha minacciato Bambi Speranza. E se si è incavolato lui, vuol dire che la questione era grossa davvero, e le colonne del Parlamento hanno tremato come sotto gli sforzi di Sansone. In sostanza, la riforma del lavoro consiste nel fatto che gli imprenditori adesso possono licenziare quando vogliono: congratulazioni, una riforma di sinistra. Fra l’altro, tutti, persino la Confindustria, reputano che questa riforma non porterà un solo assunto in più. Beh, in tema di lavoro, la misura più urgente era di sicuro la possibilità di licenziare i dipendenti. E come no. Infine, è di ieri l’ultima misura. Tema: la riforma della giustizia. E cosa pensate che abbia deciso, il Renzi? Qualche misura che snellisca i processi, punisca gli evasori, reintroduca il falso in bilancio? No, ha cambiato le regole sulla responsabilità civile dei magistrati. È stato eliminato il filtro di ammissibilità per le azioni di responsabilità civile dei magistrati. «È un passaggio storico. La giustizia sarà meno ingiusta e i cittadini saranno più tutelati», ha commentato il solerte Ministro della Giustizia Andrea Orlando. «Non ce l’ha fatta Berlusconi, ce l’ha fatta Renzi», mi dice un ex Ministro di Forza Italia. «È una misura che noi di centrodestra abbiamo inseguito per anni,» dice il vice Ministro della Giustizia Enrico Costa, ex berlusconiano, ora Ncd. «Non ci sciamo, abbiamo raggiunto il limite, adesscio basta», ha tuonato Pier Luigi Bersani. Al che il Matteo è corso ai ripari e ha fatto annunciare in Commissione Giustizia che il Governo non è contrario ad innalzare a dieci anni la pena per chi viene incriminato per corruzione. Ma il problema non è la pena, il problema è che in Italia, visto come è scritta la legge, nessuno viene mai condannato, per corruzione. Sapete quanti sono ora in Italia le persone in carcere per tangenti? Meno di dieci. Segno che la legge funziona, no? Quindi, mettendo tutto in fila, il Renzi ha messo in tasca 80 euro, cioé un contentino a chi non ha niente, ha permesso agli imprenditori di licenziare quando vogliono e ha reso perseguibili i magistrati. Una rivoluzione. Proprio quello di cui aveva bisogno il Paese. Soprattutto, delle belle riforme progressiste: le voleva tutte Berlusconi.

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