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    Categoria: politica

«Va impedita la commemorazione del gerarca fascista al cimitero»

Interrogazione di tre parlamentari ravennati al ministero degli Interni
contro il raduno in ricordo di Muti: «Pretesto per fez e camicie nere»

La commemorazione di un defunto è occasione per proclami e orazioni di matrice fascista conditi dall’ostentazione di stendardi, saluti romani, fez e camicie nere. Di questo sono convinti tre parlamentari ravennati – Giovanni Paglia (Sel), Andrea Maestri (misto) e Alberto Pagani (Pd) – a proposito del raduno che da diversi anni si tiene al cimitero monumentale di Ravenna l’ultima domenica di agosto in ricordo dell’uccisione del gerarca fascista Ettore Muti avvenuta tra il 23 e il 24 agosto 1943 e presentano un’interrogazione al ministro degli Interni chiedendo di «intervenire preventivamente attraverso i più adeguati provvedimenti di cui dispongono le autorità pubbliche per impedire la prosecuzione di questi accadimenti in quanto irriguardosi dei principi costituzionali e trasgressivi di norme di legge e regolamentari».

Soprannominato “Gim dagli occhi verdi”, Muti è stato uno dei capi del movimento fascista nel Ravennate nonché segretario del Partito nazionale fascista (Pnf) da ottobre del 1939 a ottobre del 1940. «I cimiteri sono luoghi di raccoglimento per tutta la cittadinanza – scrivono i parlamentari – e sarebbe buona norma che non vi avessero luogo manifestazioni di alcun genere atte a turbare la memoria e la sensibilità di coloro che vi hanno i propri cari sepolti, in tal caso quelli che caddero in battaglia, combattendo contro quei simboli e quell’ideologia. Nonostante l’associazione organizzatrice del raduno, Associazione nazionale arditi d’Italia tramite le Federazioni ravennate e bolognese, abbia nel corso degli anni tenuto a specificare che il raduno si configurasse come cerimonia apolitica, i fatti si sono incaricati di smentire questo auspicio».

Paglia, Maestri e Pagani infine fanno riferimento al quadro normativo definito da due leggi, la 645/52 e la 205/93: la prima punisce chiunque con parole, gesti o in qualunque altro modo compie pubblicamente manifestazioni usuali al disciolto partito fascista; la seconda punisce chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche.