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    Categoria: politica

Il Pd è ancora alla ricerca del candidato sindaco

Tra i favoriti l’assessore Enrico Liverani, c’è chi punta su Giacomo
Costantini, mentre Alberto Cassani incassa il successo in Darsena

Contendibili. Le cariche dentro il Pd sono «contendibili» lo dice lo Statuto stesso e in quanto contendibili, sono anche contese. E così in questa estate 2015 il partito ravennate sembra, dall’esterno ma anche a molti all’interno, in una sorta di empasse nella scelta del candidato sindaco.

Mentre si sta svolgendo il percorso di partecipazione Immagina Ravenna per l’elaborazione di alcune idee forti, è difficile immaginare una convergenza su un unico nome che possa far pensare alla soluzione unitaria che in tanti almeno a parole vorrebbero. E al momento la divisione o non è solo tra ex Margherita ed ex Ds, anche perché pare essere piuttosto condivisa l’idea (complice forse il risultato non esaltante di Malpezzi a Faenza) che comunque serva un uomo che provenga dalla sinistra del partito. La divisione è anche interna agli stessi ex Ds.

E così, in questi giorni  in cui sembra essere meno probabile la candidatura di Filippo Brandolini su cui non ci sarebbe la necessaria unitarietà dei vertici soprattutto e girano voci piuttosto insistenti sulla non disponibilità di due nomi di personalità come Massimo Mazzavillani (di Cna) e Giovanni Monti (Legacoop), restano in circolazione soprattutto tre nomi.

Uno è quello del trentatreenne Giacomo Costantini, uscito un po’ a sorpresa e che potrebbe sparigliare le carte anche perché potrebbe essere sostenuto anche (ma non solo) da una parte del gruppo (ma non tutto) che appoggiò Manfredi al congresso provinciale del 2013, gruppo di cui Costantini peraltro non faceva parte. Apprezzato per le capacità comunicative, il lavoro svolto in Confesercenti, lo sguardo rivolto all’innovazione nella sua professione, la sua candidatura non è priva di argomenti a favore. Quelli contrari sono invece soprattutto relativi all’età e all’inesperienza (non ha esperienza amministrativa alle spalle); c’è chi resta convinto che Ravenna avrebbe bisogno di una personalità più strutturata e che conosca meglio gli stratificati intrecci di potere da gestire in città.   

Questa persona per alcuni potrebbe essere Enrico Liverani, che ha sei anni in più di Costantini ed è assessore e quindi vanta un’esperienza amministrativa, per quanto breve essendo subentrato a Corsini solo a gennaio scorso (ma va detto, le sue sono deleghe importanti e si è già dovuto occupare di un numero impressionante di questioni e beghe). Ex Ds, Liverani incarnerebbe dunque la novità generazionale e la garanzia di un governo di sinistra.

Ciò che non convince chi non lo ritiene il candidato ideale è in parte il curriculum (aver lavorato per la funzione pubblica della Cgil non è da tutti considerato un vantaggio per capire le esigenze del mondo dell’imprenditoria), in parte un presunto legame diretto molto forte con i vertici del partito che potrebbe dunque non garantire sufficiente discontinuità.

Resta inoltre sul campo l’ipotesi della candidatura di un uomo che è stato progatonista della vita cittadina ravennate negli ultimi vent’anni: Alberto Cassani. Assessore comunale per tre mandati (con Vidmer Mercatali e la prima giunta Matteucci) con deleghe alla Cultura e al Bilancio, poi coordinatore di Ravenna 2019, oggi responsabile di Ravenna 2015 dopo la sconfitta nella corsa a capitale delle cultura europea, Cassani ha appena incassato l’indiscusso successo del Darsena Open Show, sabato 18 luglio. Un nome ingombrante, quindi,  il suo che però paga lo scotto di non poter essere speso  come “nuovo”, categoria che potrebbe essere invece considerata dirimente per la campagna elettorale. 

L’area degli ex popolari che ha tra i suoi uomini più di spicco in città il capogruppo in comune Matteo Cavicchioli sembra sia alla ricerca di una soluzione unitaria che potrebbe dunque prevedere anche un sindaco ex Ds, purché circondato da una squadra già delineata che possa dare il giusto peso alle varie anime e sensibilità del partito.

Ma certo, se si dovesse andare invece a primarie, quest’area politica potrebbe sfoderare un nome come quello di Giorgio Graziani della Cisl (ammessa e non concessa la sua disponibilità a farle) e c’è anche chi fa il tifo per Livia Molducci, attuale presidente del Consiglio.

Proveniente da quell’area, tra i pochi a schierarsi con Renzi pur senza troppi clamori fin dall’inizio, c’è inoltre l’ex assessore Matteo Casadio che potrebbe partecipare a eventuali primarie e che da tempo traccia le linee anche programmatiche di quella che immagina come la Ravenna del futuro (si veda il suo libro 2019 La capitale del talento, pubblicato nel 2013). Peraltro tra i nomi circolati è quello che meglio conosce la realtà portuale, essendo presidente Sapir.

Ma le primarie ci saranno? E come saranno? Nessuno sa rispondere al momento. Perché il metodo decisionale potrebbe seguire percorsi diversi e passare da una proposta della dirigenza sottoposta magari a consultazioni dentro al partito (la strada che fu percorsa, per la verità non senza malumori, per la scelta dei candidati alle Regionali, per esempio) e poi al voto degli organi comunali del partito, oppure appunto dalle primarie mai escluse dal segretario provinciale Michele De Pascale che ha ribadito di recente: «Il candidato sindaco verrà scelto dalla coalizione di centrosinistra con la più ampia partecipazione dei cittadini ravennati».

Nel caso le primarie fossero di coalizione (tutta ancora da costruire, altro elemento del puzzle che non semplifica il quadro) il regolamento di fatto limiterebbe a un paio i candidati Pd possibili in corsa, mentre se si trattasse di primarie di partito il numero di contendenti potrebbe crescere e di molto. A meno che non spunti un nome ancora non emerso, il che non è da escludere perché è sicuramente vero che il Pd può contare su molti uomini (sorvoliamo sul tema delle quote rosa e delle donne) dal profilo interessante (non lo sarebbe per esempio quello dell’avvocato Gianluca Dradi, ex amministratore oggi preside del Liceo Scientifico?) non ancora entrati nella girandola dei nomi, per quanto sia difficile intravedere quello in grado davvero di accontentare tutti.

Per questo c’è chi prefigura la cosiddetta “soluzione politica” ovvero la candidatura del segretario provinciale, ipotesi che lui stesso ha escluso mesi fa in più di un’intervista e che pare di difficile percorribilità per varie ragioni, non ultima il fatto che De Pascale è cervese. Un uomo di peso nel partito resta ovviamente il suo sfidante nel 2013, l’avvocato Danilo Manfredi, ma che potrebbe essere fuori dai giochi anche perché, proprio in virtù di quella battaglia congressuale, difficilmente percepito come unitario nonostante la ricomposizione che ne è seguita.

Insomma, il rebus ancora non ha trovato una soluzione, anche perché qui il partito ha ancora una struttura forte, l’ondata rottamatrice renziana non ha mai fatto particolare breccia e nessuno dei protagonisti in campo sembra voler aprire un conflitto correndo il rischio di nuocere al Pd (e a se stessi) in questa fase. Resta l’ipotesi outsider, con il nome dell’ex questore e prefetto Fulvio della Rocca, ma si tratta di un’ipotesi che, pur se accarezzata da qualcuno, rischierebbe davvero a quel punto di compattare molte anime del partito che sono concordi almeno su una cosa: il candidato deve essere del Partito democratico.