Pd, la voce critica: «Il partito abbia il coraggio di fare le primarie»  

Casadio (Sapir): «La candidatura di Liverani è una operazione tutta
politica per restare a sinistra. Mi sarei candidato, ma sono indagato»

Matteo Casadio, ex assessore, oggi presidente Sapir, è uno dei cinquantenni di cui si è fatto il nome in questi mesi per un’eventuale candidatura a sindaco. Viene dalla Margherita ed è stato forse il primo dirigente del Pd in città a schierarsi con Matteo Renzi quando qui la posizione era tutt’altro che condivisa e i bersaniani regnavano incontrastati o quasi (prima di cambiare, in molti casi, idea).

Gli parliamo all’indomani delle dichiarazioni del segretario De Pascale che di fatto sembra escludere le primarie e indica in Enrico Liverani un candidato forte e credibile per le amministrative del 2016 a Ravenna (vedi articoli correlati).

Lei era nella rosa dei nomi dei candidati e non ha mai nascosto di essere disposto a correre nelle primarie. Cosa ne pensa delle dichiarazioni di De Pascale?
«Io purtroppo sono indagato (in quanto presidente Sapir nell’indagine che riguarda il presunto mancato rinnovo delle autorizzazioni per i materiali conservati nelle casse di colmata, ndr) e ho rispetto per il lavoro della magistratura, per le istituzioni e anche per il Pd: una mia candidatura sarebbe stata fuori luogo. Le primarie comunque le ho sempre date per scontate e sono rimasto un po’ spiazzato dalle affermazioni di Michele».
Pensa sia un errore non farle?
«Penso che il nome di Liverani rappresenti un’operazione tutta politica. Prima ancora di una giusta scommessa su una svolta generazionale traspare, infatti, l’esigenza prioritaria di “tenere” a sinistra, un’esigenza che non condivido, ma che comprendo perché siamo a Ravenna ».
In realtà De Pascale ha detto che le primarie sono uno strumento necessario qualora vi siano due o più proposte. Ma non sembra che questo sia il caso a Ravenna…
«A questo punto… quando il partito scende in campo in maniera così forte… A ogni modo la forma non cambia la sostanza e io non biasimo Michele, in un certo senso ha deciso di rompere un’impasse che si era creata e si è assunto una grande responsabilità. Poteva dire “facciamo le primarie”, invece ha detto “questo è il candidato del partito e le primarie secondo me non servono”. Tutti quanti, con i nostri tatticismi e i nostri silenzi, abbiamo contribuito colpevolmente a creare incertezza e impasse e ad arrivare a questa situazione».
Condivide almeno la scelta di Liverani?
«Io Liverani non lo conosco, ma mi pare una persona seria e un buon amministratore. Se qualcuno pensa sia il miglior candidato sindaco che abbiamo, allora sarebbe stato sicuramente anche un ottimo candidato da lanciare senza paura alle primarie. Questa candidatura che, invece, sembra pensata contro le primarie, piuttosto che aprirgli delle porte ho paura che gliene chiuderà e sarà un male per il Pd. Però le mie sono opinioni e, in quanto tali, del tutto discutibili. E poi c’è tempo per rifarsi».
Le primarie però avrebbero comportato divisioni e lacerazioni nel partito. Perfino Renzi sembra aver dato indicazioni dall’alto in senso contrario…
«Non credo e comunque un partito maturo deve saperle affrontare. Penso che a Ravenna, poi, non si tratti solo di sostituire il sindaco Matteucci. In realtà si chiude un’era, le sfide per noi sono delicate e un grande partito come il Pd non deve avere paura di confrontarsi. Non è sufficiente preoccuparsi di tenere a sinistra e rifugiarsi in una sorta di patto all’interno di un gruppo dirigente, magari avallato da un po’ di mondi collaterali. Per costruire una prospettiva di cambiamento occorre aprire il confronto più che si può, anche oltre i tradizionali mondi di riferimento e anche oltre le tradizionali alleanze che in questi anni abbiamo costruito dentro e fuori la politica. Questa è una città piena di risorse che devono ancora essere ascoltate e valorizzate e per un partito come il Pd si poteva avere più coraggio».
Il Pd sta però puntando molto su Immagina Ravenna per aprire il dibattito e coinvolgere la cittadinanza.
«Il percorso partecipativo è una modalità sicuramente utile, anche se un po’ vecchia perché finisce col riguardare quelli che ci sono già e ripropone la realtà di un partito all’interno del quale, come è normale che sia, ci sono diverse sensibilità e visioni che si confrontano. Così, in particolare su alcuni temi, per fare una sintesi che vada bene a tutti, il rischio è di dover dire tutto e il suo contrario. Sono preoccupato del fatto che Liverani, come candidato del partito, voglia interpretare questo approccio, quello della mediazione a tutti i costi».
Quindi, par di capire, lei dice di chimare i cittadini a scegliere sulle diverse possibili ricette per raggiungere l’obiettivo condiviso…
«Dico di creare con le primarie le condizioni per legittimare leadership autorevoli dalle quali si capisca con chiarezza dove vuole andare il Pd, proprio perché non è più il tempo delle mediazioni su tutto e ad ogni costo, e poi far decidere agli elettori chi è il candidato migliore. L’obiettivo delle primarie, che non può essere quello di un processo partecipativo interno, sarebbe quello di “stressare” con coraggio, senza paura, alcuni temi sui quali nel Pd c’è dibattito e forse anche diversità di vedute, per cercare opinioni e proposte nuove, intese e alleanze diverse da quelle del passato e anche se c’è da correre qualche rischio….»
Lei parla di nuove alleanze anche politiche, il rischio è quello di una perdita di identità a sinistra mentre peraltro si sta formando una nuova forza alternativa a caccia di scontenti del Pd…
«Con Renzi, anche se a qualcuno non piace, siamo diventati finalmente un partito post-ideologico, nel pieno di una crisi che ha rivoluzionato il mondo e dentro un territorio sofferente con evidenti criticità strutturali. Sarebbe un’anomalia e un’illusione se nel Pd ravennate ci fosse il pensiero unico su come uscire dalle secche. Ripeto, non conosco Liverani, ma mi piacerebbe capire che idea ha del porto, delle strategie per il suo sviluppo e dei contrasti che lo attraversano, così come gli chiederei dell’E55 che secondo me non è più ormai un progetto strategico per tanti motivi e mi piacerebbe capire cosa ne pensa della recente riforma della pubblica amministrazione del Governo Renzi che io condivido in toto, ma so anche che la sua efficacia dipenderà molto dalla volontà politica a livello locale di attuarla… e poi c’è il ruolo della Sapir, i temi economici, il modello di concertazione e quel troppo di consociativismo che rischia a volte di frenare la spinta, i rapporti faticosi con la Regione e con Roma, le necessità logiche vere di area vasta in molti campi, l’innovazione nelle politiche turistiche… Su questi temi non possiamo tentennare e fare solo affermazioni di principio».
Ma secondo lei, dal momento che nessun passaggio ufficiale è stato ancora fatto, qualcuno nel Pd potrebbe ancora chiedere le primarie?
«Potrebbe chiederle Liverani, sarebbe un bel segnale. Ovviamente bisognerebbe poi che spuntassero fuori altre candidature autorevoli perché l’obiettivo dovrà essere quello non tanto di trovare, per forza, un’alternativa al candidato del gruppo dirigente per “vendicarsi” della forzatura di De Pascale e costruire la solita polemica contro il gruppo dirigente che, invece, ha fatto il suo mestiere».
Anche perché oggi il gruppo è cambiato e ne fanno parte anche renziani della prima ora, come Roberto Fagnani.
«Oggi possiamo dire che Renzi è oltre la vecchia geografia della politica, ha innovato più nei contenuti che nel metodo della politica stessa, la “rottamazione” è ormai un ricordo e la questione generazionale è importante ma non è la priorità. L’unica cosa veramente renziana sarebbe se anche nel Pd di Ravenna si aprisse una competizione sulle cose concrete da fare per una città che sta cambiando più di quello che immaginiamo. Non si tratta, quindi, di una questione interna o di voler legittimare un candidato non di sinistra».
Ma quindi, di chi sarà la principale responsabilità se non si terranno queste primarie? Perché non si fa lei promotore di un’iniziativa in questo senso?
«Se ci fossero state le condizioni io le primarie le avrei chieste per candidarmi. Penso che se non ci saranno altri possibili candidati in grado di aggregare nel partito consensi importanti per alzare il livello del confronto e della discussione sui temi caldi del nostro futuro e ottenere le primarie sarà un’occasione persa e sarebbe anche un segnale di grande stanchezza di tutto il partito immediatamente percepito dai cittadini che a Roma vedono un Pd dinamico, contendibile, dialettico che sta comunque guidando la stagione delle riforme anche con forti contrasti, ma senza paura, e a Ravenna percepirebbero troppo immobilismo e poco coraggio e logiche interne ancora prevalenti e che si portano dietro il rischio dell’appiattimento».

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