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    Categoria: politica

Cos’è davvero in ballo al Senato?

Oltre alla scomparsa della minoranza Pd

Percorro i corridoi del Senato e pare d’essere al suk di Marrakesh. «Aoh, senti senatò, che vvoj in cambio der voto? Te posso dà un posto, n’incarico, ‘na consulenza… O n’abito de Caraceni da dumila euro?».

Sì, perché la notizia è che Matteo Renzi non ha più la maggioranza politica per approvare le sue riforme istituzionali. E allora Renzi c’ha bisogno di aiuto. E chi gli dà un mano? Chi l’aiuta? Ma certo: Denis Verdini, senatore del Pdl, lo stesso che nel 2010 convinse Razzi e Scilipoti, allora dell’Italia dei Valori, a votare contro Prodi, e difatti il Governo Prodi cadde. Allora Verdini fece cadere Prodi per conto di Berlusconi, oggi farà sopravvivere Renzi per conto di Renzi. Stesso killer, diverso mandante.

Ma cosa è successo? Martedì la minoranza del Pd ha abbandonato il tavolo delle trattative con gli emissari del premier per modificare la riforma del Senato. Non la voteranno, così come faranno non pochi senatori dell’ altro “partito” (ahah!) della maggioranza, l’Ncd di Alfano. Si andrà quindi allo scontro in aula, muro contro muro. Renzi in queste ore conta e riconta amici e nemici, ma rischia. Rischia seriamente di non avere i voti e di chiudere così la sua prima avventura da premier, pugnalato da mani amiche (ahah!) come quelle di Bersani e D’Alema. Chi voterà per Renzi? Gente per bene come Ciro Falanga ed Eva Longo, senatori ex Pdl, soprattutto molto amici di Nicola Cosentino, meglio noto come Nick ‘o merikano, ora in carcere per camorra. Verdini ha promesso a Falanga che diventerà sottosegretario alla Giustizia, e alla Longo che sarà presidente della commissione Infrastrutture. Ma anche se Renzi dovesse sfangarla per qualche voto in cambio di chissà quali promesse, resta un grande problema, o meglio un  bel casino.

Intendiamoci: questa riforma non interessa a nessuno tra i cittadini e non cambierà la nostra vita. Questo casino sul nulla è solo una prova di forza della casta della politica e dimostra tre cose. Uno: che entrare a Palazzo Chigi senza passare dalle urne, come ha fatto Renzi, porta a un’ insanabile rottura tra governo di nominati e parlamento di eletti. Due: vedere che Alfano e Verdini, eletti col centrodestra, si battono per salvare un governo di sinistra, mentre Bersani e Bindi, eletti coi voti del centrosinistra, si dannano per fare cadere un governo del Pd, provoca uno sconcerto e un disgusto tale che allontana gli elettori dalle urne e ingrossa le file di Grillo. Tre: se Renzi è disposto davvero a giocarsi la testa su una riforma simile vuol dire una cosa sola: che il Giovin Primo Ministro vuole impossessarsi del potere e blindarlo per i prossimi vent’ anni grazie al combinato disposto di riforma elettorale (con premio alla lista), e riforma del Senato (con senatori non eletti). Il leader della minoranza Pd Pier Luigi Bersani ha dichiarato a Di Martedì che capirebbe «chi votasse contro». Eppure la minoranza Pd alla Camera l’aveva votata la riforma, proprio così com’è oggi. Va te a capire.

E l’ex capogruppo Pd alla Camera Roberto Speranza ha detto a La Stampa: «Troppo spesso Matteo Renzi guida il Pd in direzione diversa dalla sua vocazione originaria. Non mi piace l’idea di un Pd come soggetto indistinto in cui scompaiono i confini tra destra e sinistra e in cui dentro ci può stare tutto, da Verdini ad Alfano… Una cosa è prendere i voti dei delusi di Berlusconi, altra è pensare di riciclare nel Pd pezzi di ceto politico che sono stati a fianco di Berlusconi».

Che beffa. Se vince Renzi, Il neo-Pd di Verdini e Berslusconi rischia di vincere per i prossimi vent’anni, ma scompaiono il Pd e la sinistra, e la minoranza Pd si estingue come i dinosauri nel Cretaceo. Se vince la minoranza Pd… no, tanto non succede, quelli hanno sempre perso. Hanno sempre fatto quello che fa ora Renzi, solo che erano più coglioni.