Vandini (M5Stelle) e Rubboli (Fds): «Di Marco cacciato per agevolare Sapir»

L’accusa dei consiglieri: la società presentò richieste di autorizzazioni subito dopo l’addio dell’ex presidente. «Lo stallo colpa di Pd e Pri»

Il Pd di nuovo sotto accusa per l’empasse del porto. Questa volta a lanciare gli strali sono due consiglieri comunali di due forze di opposizione: Diego Rubboli (eletto nelle file Prc e Pdci che ora sostengono Raffaella Sutter di Ravenna in Comune) e Pietro Vandini del Movimento 5 Stelle, come noto sostenitore di Michela Guerra del Movimento Civico CambieRà. Il tema riguarda la nomima del commissario per Autorità Portuale dopo il mancato rinnovo al presidente uscente Galliano di Marco, tema già sollevato dai due gruppi consiliari e anche da un’interrogazione regionale del consigliere di Altra Emilia Romagna.

Secondo i consiglieri, infatti, non sarebbe stato «rispettato il percorso previsto dalla normativa di legge per la nomina di un nuovo Presidente di Ap e, visto la tempistica ristretta, nemmeno sia stata attuata una possibile proroga temporanea al Presidente uscente». Lamentano di non aver ricevuto risposte ufficiali e azzardano un’ipotesi sulle vere ragioni di quella scelta. «Se esaminiamo i fatti successivi alla nomina del nuovo Commissario dell’Autorità Portuale probabilmente si può trovare una risposta» scrivono Rubboli e Vandini che proseguono puntando il dito: «Dopo la nomina del nuovo Commissario dell’Autorità Portuale la Sapir ha presentato al Comune di Ravenna due Pua (Piano Urbanistico Attuativo) relativi alle aree Trattaroli Destra e Logistica 1, facendo così insorgere il sospetto che la presenza del Presidente Di Marco fosse di ostacolo a questo obiettivo».

Tutto questo va contestualizzato nella peculiarità dello scalo ravennate che, precisano i consiglieri «risulta essere l’unica realtà in Italia in cui l’Autorità Portuale ha in proprietà unicamente le  banchine e non aree portuali e retro-portuali che essendo di proprietà di Sapir e di società private, costringono l’Ap a pagare affitti onerosi per le proprie attività come il collocamento di materiale dragato. A questa anomalia si aggiunga il fatto che in alcune di  queste aree sono presenti casse di colmata, di fatto non utilizzabili in quanto complete di materiale di dragaggi precedenti, le cui autorizzazioni sono scadute da tempo e che risultano diventate discariche abusive ed oggetto di indagini della magistratura anche in questo caso è evidente il mancato rispetto delle norme di legge».

Da qui la domande che Vandini e Rubboli si pongono con formula retorica: «questo “sistema Ravenna” con al vertice gli uomini del Pd, quale obiettivo si pone, tutelare gli interessi del Paese e della collettività oppure fare gli interessi della propria casta e di gruppi familiari privati»?
E individuano quelle che secondo loro sono le responsabilità politiche: «Lo stallo del porto di Ravenna non è dunque dovuto al “caso”, ma ha precise responsabilità, quantomeno politiche. Tali responsabilità sono in capo al Partito Democratico e al Partito Repubblicano (guidato dal vicesindaco Mingozzi) e i cittadini, che si apprestano a votare il prossimo 5 giugno, devono sapere che i problemi sono stati  creati proprio dagli stessi che oggi si propongono come gli amministratori che potranno risollevare le sorti di Ravenna».

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