Anche all’università di Ravenna un corso per Imam sui principi costituzionali

La Lega Nord critica: «Iniziativa solo all’apparenza lodevole…»

Sarà un corso di formazione rivolto agli Imam e ai ministri di culto di altre religioni provenienti da paesi extra Ue e che intendono operare in Italia, per un dialogo fra religioni e culture, contribuendo alla costruzione di una convivenza sociale pacifica e nonviolenta, a favore dell’integrazione.

Il corso – quella che citiamo è un’agenzia dell’Agi – in partenza nella sede di Giurisprudenza del Campus di Ravenna, è finanziato dal Ministero dell’Interno. Sei le Università interessate: la gestione del progetto è collegiale e vede coinvolte, oltre a Bologna, le università di Calabria, Salerno, Bari, Pisa e Firenze.

I partecipanti al corso verranno informati sui principi costituzionali in materia di libertà religiosa e di coscienza, libertà di disporre di edifici di culto, libero esercizio del culto, rispetto dei diversi culti e dei non credenti, libertà di celebrare i riti della propria religione e obblighi di legge da rispettare.

La notizia ha fatto scalpore e la prima reazione della politica arriva dalla Lega Nord. «Un’iniziativa all’apparenza lodevole – è il commento di Jacopo Morrone, segretario della Lega Nord Romagna –. Ma sono le spiegazioni che la giustificano che destano qualche perplessità. Se è condivisibile l’obiettivo di promuovere l’esercizio della libertà religiosa in coerenza con i principi fondanti della nostra società, ci sembra che mettere in pratica questo principio risulti difficile, soprattutto se non si riconosce, come appare dalla presentazione di questo corso, la realtà quotidiana dell’islam in Italia».

«Lo scopo del corso – continua Morrone – sembrerebbe quello di insegnare agli imam la convivenza e il rispetto reciproco. Ma non ci illudiamo. Ci stupisce, infatti, che si parli di imam come di ministri di culto. È noto infatti che le correnti principali dell’Islam non riconoscono un ‘clero’, né gerarchie, non ci sono quindi preti, vescovi, papi alle cui indicazioni tutti si attengono. Quando un musulmano prega si rivolge direttamente al proprio dio senza bisogno di un intermediario. Non si possono quindi confondere gli imam con i sacerdoti. Si tratta di una realtà del tutto diversa. Gli imam sono guide sul piano spirituale ma anche socio-politico. Nel senso che i contenuti delle loro prediche spaziano su tutto: nell’islam non c’è infatti distinzione tra religione, politica, cultura e società. E le moschee (che non sono luoghi di culto, ma hanno natura polivalente, spesso politica) o i centri islamici sono spesso i luoghi attraverso i quali l’islam radicale, per mezzo delle prediche di questi imam, si irradiano nel mondo musulmano soprattutto all’estero. Non lo diciamo noi, ma la mole di inchieste e approfondimenti realizzati in questi anni in Italia e all’estero. In Italia, poi, ci sono per lo più imam fai da te, che durante la settimana svolgono un altro lavoro e che il venerdì si trasformano in predicatori. Manca ancora un elenco ufficiale degli imam, ma anche in questo caso le varie correnti musulmane sono divise su quali siano i requisiti per ottenerla e anche un elenco di imam ufficializzato non metterebbe al riparo dalla presenza di predicatori radicali e estremisti. E non crediamo che possa essere la frequentazione di corsi come quello di Ravenna a garantire l’acquisizione di valori propri della civiltà occidentale che vanno in senso opposto e contrario alla conservazione dei principi contenuti nell’islam tradizionale. Possiamo quindi comprendere le svariate ragioni per cui è stata promossa questa iniziativa, ma pensiamo anche che meno grancasse e più obiettività avrebbero potuto dare un’immagine più realistica e concreta della realtà».

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