Pagani: «Così il Pd rischia di finire nel fosso. Renzi? Faccia bene il segretario…»

Il parlamentare ravennate critica esplicitamente l’ex premier: «Sbaglia se pensa di conquistare consenso imitando i grillini»

Dopo la sconfitta di dicembre al referendum e il pronunciamento della Consulta sulla legge elettorale (che di fatto riporta il Paese a un proporzionale con un funzionamento però diverso tra Camera e Senato) tutta la politica italiana è in fermento. In particolare nel Pd sembra di fatto in atto una guerra intestina tra Renzi e varie minoranze più o meno di sinistra che potrebbe portare dritti alla scissione.

Ne abbiamo parlato con Alberto Pagani, deputato Pd ravennate, eletto nel 2013 e allora convinto sostenitore di Bersani che non ha mai sposato la causa renziana pur avendo sempre votato in Parlamento secondo le indicazioni del partito e aver fatto campagna per il sì. Uno stile pacato, il suo, di comunicare. Ma anche dalle sue parole, molto critiche verso il segretario, si intuisce che la situazione nel partito è tutt’altro che in via di risoluzione.

Cosa sta succedendo nel Pd? Si rischia davvero una scissione?
«Non lo so, spero ben di no, ma per scongiurare questa ipotesi serve il buon senso da parte di tutti. Chiaramente chi ricopre incarichi di maggiore responsabilità deve essere il più responsabile».
Renzi dovrebbe andare incontro alla minoranza che chiede prima un congresso e elezioni senza eccessiva fretta?
«Dovrebbe fare bene il segretario di partito, ascoltare rispettosamente le opinioni di tutti e alla fine fare la sintesi, cercando di fare le scelte giuste per l’Italia e di tenere unito il Pd».
Ma secondo lei ci sono ancora i margini per tenere dentro tutti, compreso D’Alema? O ormai si è arrivati a un punto di non ritorno?
«Mi pare che D’Alema abbia già fatto la sua scelta, che io non condivido, ma non si può fare spallucce quando si presenta un problema come quello che abbiamo davanti. La capacità di D’Alema di danneggiare il Pd dipende più da Renzi che da lui. C’è molto smarrimento tra gli elettori e gli iscritti del Pd, bisogna provare a rimettere insieme i cocci, invece di calpestarli».
Anche Bersani pare non escludere l’ipotesi di andarsene; Emiliano ha lanciato una raccolta firme e annunciato la sua possibile candidatura alla segreteria come hanno fatto Rossi e Speranza. Quante minoranze del Pd esistono?
«Lo ignoro e mi interessa poco. Bisogna ragionare del Pd, non delle correnti del Pd, altrimenti si cade nell’errore mortale, ed è finita».
Ma c’è qualcuno a cui si sente particolarmente vicino? Ragionare del Pd sembra assai difficile…
«Lo so, ma bisogna provarci e non pensare di risolvere i problemi promettendo poltrone e facendo il bilancino degli incarichi con le correnti. Cosí non si discute dei problemi che abbiamo, non si cerca insieme la soluzione, non si corregge nessun errore, ma si prosegue sulla strada che porta dritti nel fosso».
Quindi sarebbe meglio andare prima a congresso, per discutere?
«Io penso che sarebbe meglio lavorare sodo e parlare poco. Ci sono problemi seri da affrontare, come il terremoto, che non si risolvono nei salotti televisivi. Abbiamo proposte di legge depositate per affrontare questioni che sappiamo esserci. Io ad esempio ne ho sottoscritto una sui voucher; ci sono le leggi delega approvate dal Parlamento, ma mancano i decreti delegati che deve fare il Governo, penso alla legge sulla povertà. I soldi sono nel fondo dedicato, ma i poveri non se ne accorgono se non fai i decreti per poterli spendere. C’è bisogno di una legge elettorale che possa portare alla possibilità di dar vita a un Governo. Il Congresso del Pd è necessario, ma non si discute solo nei congressi».
Renzi dice che bisogna votare a giugno per evitare che per voi parlamentari scatti il vitalizio. Si sente chiamato in causa? Cosa pensa di questa dichiarazione?
«Il vitalizio parlamentare è stato abolito nella legislatura scorsa. Lo percepiscono solamente coloro che sono stati parlamentari nel passato. Chi è stato eletto nel 2013 non percepisce vitalizio, ha versato i contributi per la pensione. Se il problema è la pensione non serve andare a votare, basta una riunione dell’ufficio di presidenza della Camera per decidere di restituire i contributi versati a tutti e togliere la questione dal tavolo. Io l’ho proposto al capogruppo del Pd Rosato. Si può risolvere tutto con una riunione. Se non lo si fa è perché si vuole usare la questione delle pensioni dei parlamentari per fare della propaganda, invece di risolverla. Renzi sbaglia se pensa di conquistare consenso imitando i grillini, porterà voti a loro».
A proposito di voti. Lei crede verosimile un Pd al 40 percento?
«No. Comunque con questo sistema elettorale non servirebbe perché il premio di maggioranza previsto per la Camera dei deputati non permette di votare la fiducia a un Governo se non c’è la maggioranza anche al Senato».
Quale correzione alla legge si può realisticamente apportare?
«A me piacerebbe il Mattarellum, ma lo vogliamo solo noi del Pd. Trovo più realistico un accordo su di un sistema proporzionale, con piccoli collegi uninominali come erano quello delle elezioni provinciali, ed un premio di governabilità di qualche punto, che renda un po’ più stabile la vita del governo di coalizione, che sicuramente sarà il solo governo possibile dopo le prossime elezioni, in ogni caso».
Lei intende ricandidarsi?
«Non lo so, e non dipende da me».
Non le piacerebbe tornare in Parlamento?
«Se fosse il problema in cima alle mie preoccupazioni non direi quello che sto dicendo, Renzi non ama molto le critiche, nemmeno se a farle è uno come me, che si comporta lealemente e cerca di dare sempre una mano. Chi è ossessionato dal desiderio di restare in Parlamento, sapendolo, lo compiace anche quando dice delle sciocchezze. Io lo apprezzo quando fa bene e lo critico quando credo che stia sbagliando».

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