Pd, parla l’assessore: «Renzi rappresenta il vero spirito riformista di sinistra»

Roberto Fagnani è tra i pochi renziani “della primissima ora” e punta alla conferma in assemblea nazionale

Fagnanijpg01Già membro dell’Assemblea nazionale del Pd, Roberto Fagnani punta senza grossi patemi alla riconferma, candidato alle primarie del 30 aprile nella lista collegata alla mozione Martina-Renzi (capeggiata dall’assessore regionale Andrea Corsini). Fagnani è uno dei pochissimi che può davvero vantare di essere “renziano della primissima ora”, quando qui erano tutti bersaniani e poi, nel partito almeno, quasi tutti cuperliani.

Assessore, questa volta Renzi ha stravinto anche nei circoli. Contento? Come se lo spiega?
«Sono risultati che danno soddisfazione e il cui merito va a Renzi e del lavoro che si è fatto in questi anni anche nei territori. Credo che moltissimi anche ex Pci abbiano capito che rappresenta il riformismo di cui abbiamo bisogno. E sono molti i provvedimenti presi dal governo che rappresentano battaglie di sinistra di cui da tempo si parlava e che non si era riuscito a portare a termine, penso per esempio alle unioni civili, alla legge del “dopo di noi”, al tema del caporalato, all’ingresso nello Pse».
E poi c’è il Jobs act, però. Sui voucher è stata fatta retromarcia…
«Va detto che i voucher non sono propriamente un provvedimento preso da Renzi. Sicuramente c’era stato un abuso su cui era necessario intervenire, ma ora resta aperto il tema di come far emergere tante forme di lavoro nero».
A proposito di Jobs act. Lei è anche assessore allo Sport. Il lavoro l’ha trovato giocando a calcetto?
«No, proprio no e credo che la battuta del ministro Poletti a cui sta facendo riferimento sia stata particolarmente infelice. Credo che dobbiamo puntare moltissimo sui talenti e le eccellenze del nostro paese per ricominciare a crescere, e credo che nel complesso il jobs act vada difeso. Oggi hanno tutele persone che prima non le avevano, l’articolo 18 per tanti giovani era già da tempo solo un numero senza significato…».
E però l’abolizione non sembra aver portato i benefici sperati in termini di occupazione…
«Le valutazioni vanno fatte con calma, alcuni dati sono incoraggianti, il problema è che non c’è ancora stata la ripresa che si sperava. Su questo tema, tuttavia, personalmente non sono d’accordo con i toni di scontro che a volte si sono avuti con i sindacati. Il Pd deve discutere e dal confronto può uscirne arricchito. Sta però al governo fare proposte e prendere decisioni».
È sembrato spesso che ad applaudire il governo Renzi sia stata più Confindustria che la Cgil…
«Se parliamo di lavoro, non vedo una contrapposizione, se non mettiamo le imprese in condizione di competere, non possiamo pensare a posti di lavoro da tutelare e creare. Certo, da questo punto di vista il risultato del 4 dicembre non ha aiutato a velocizzare i processi decisionali».
Una sconfitta per Renzi. I vostri avversarsi interni sottolineano quel risultato e quello delle amministrative, non lusinghiero.
«Non credo sia stata una sconfitta per Renzi o il Pd, ma per il paese. È evidente che il Renzi di oggi non è quello del 2012 e che chiunque governi paga uno scotto in termini di consenso…»
Ad appannare l’ex premier c’è anche un’indagine in cui, al netto di tutto, risultano indagate persone a lui molto vicino come Luca Lotti…
«Su questo non posso che dire: massima fiducia nella magistratura. Se qualcuno ha sbagliato, pagherà».
Tornando alle elezioni. Orlando vuole unire il centrosinistra, voi renziani invece?
«Credo che Martina sia una garanzia in questo senso, della volontà di ragionare in termini di centrosinistra. E in generale, mi sento di dire che non vedo poi tutte queste distanze. Orlando è stato un ministro del governo Renzi e in questi anni non mi ricordo, a differenza di altri, che abbia mai preso posizioni così diverse».
In tema di centrosinistra: a Ravenna ci sono state defezioni importanti verso Articolo 1 e però siete in maggioranza insieme.
«Sì, e mi dispiace, sono persone con cui ci siamo sempre confrontati. Mi ha stupito vedere dirigenti andarsene dal partito senza che mai prima avessero manifestato un dissenso. Siamo al governo della città insieme perché, come sempre, qui conta più il progetto per la città di qualsiasi divisione. Non da ora parlo di “modello Ravenna” per la capacità di dialogo e confronto. Certo, a livello nazionale le cose stanno un po’ diversamente, almeno a sentire le uniche dichiarazioni di Bersani».
Un’ultima domanda: se Renzi perde le prossime elezioni, cosa dovrebbe fare?
«Non credo che si possa rimproverare a lui di non essere coerente. Si è dimesso dopo il 4 dicembre pur avendo i numeri per governare e si è dimesso anche da segretario. Ora l’importante è andare a votare il 30 aprile, sono convinto che saranno in tanti a partecipare, per scegliere il nuovo segretario e appunto il leader del centrosinistra alle prossime elezioni».

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