Carusi suona per Forza Italia: «Berlusconi è un caso raro di politico-popstar»

Il pianista è stato vicino alla candidatura «poi è stato necessario un sacrificio ed è toccato a me». Grande coalizione con il Pd? «Sarebbe meglio tornare al voto»

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Nazzareno Carusi (foto PressRoom)

Nazzareno Carusi, ravennate d’adozione, ha suonato in molti dei più importanti teatri del mondo come la Scala di Milano, Carnegie Hall di New York e Teatro Colón di Buenos Aires. Segue attivamente la politica da molti anni, gli abbiamo chiesto come si orienterà per le prossime elezioni.

Si era parlato di una sua candidatura con Forza Italia, poi è sfumata. Cosa è successo?
«Me l’avevano proposta i vertici di Forza Italia. Infatti il 29 gennaio, giorno di registrazione delle liste nelle corti d’appello, Il Giornale dava il mio nome per il collegio uninominale dell’Aquila alla Camera dei Deputati. Ma all’ultimissimo momento una necessità improvvisa e insormontabile del partito ha richiesto un sacrifico. È toccato a me».

Questa vicenda l’ha amareggiata?
«È una mancata candidatura, non un dramma. E so che è stata una decisione sofferta ma necessaria».

Voterà comunque Forza Italia?
«Certo».

Cosa l’ha fatta avvicinare al partito?
«Condivisione di ideali, tradizione familiare e profonda amicizia personale coi suoi vertici».

Berlusconi, anche se vincesse Fi, non potrà essere primo ministro per la condanna in via definitiva a quattro anni di reclusione per evasione fiscale. Pensa che questo scoraggerà chi sosteneva il partito soprattutto per la sua personalità?
«Quel che lei ricorda è vero fino all’anno prossimo. O fino all’eventuale sentenza favorevole della Corte di Strasburgo, che deve decidere nei prossimi mesi sul ricorso presentato contro l’applicazione retroattiva della legge Severino. Detto questo, è evidente che Berlusconi rappresenta il caso raro di un politico che è anche una sorta di popstar. Quindi sarei prudente a considerare questo impedimento, certamente grave, come però un elemento scoraggiante degli elettori forzisti a prescindere».

Crede che l’attentato di Macerata influirà sull’esito delle elezioni, visto che il neofascista accusato di tentata strage si era candidato con la Lega e aveva fatto da guardia di sicurezza ai comizi di Salvini?
«La disumanità non può essere un argomento elettorale e dovrebbe restare motivo di sola e durissima galera. I casi di Macerata, sia quello indicibile della povera ragazza mutilata e chiusa in una valigia, sia questo orribile di un delinquente razzista che spara contro il colore della pelle, spingono alla riflessione, che purtroppo non sento fare quasi da nessuno, sul fatto che il problema non è l’immigrazione in sé ma la certezza della legge e delle pene che il disobbedirle comporta. Ho il timore che la mancanza di un serio controllo non solo sulla stessa immigrazione, ma sulla qualità della vita soprattutto nelle nostre periferie, possa alimentare una forma scellerata di lotta sociale in cui poveri immigrati e poveri italiani si azzuffano per le briciole. La mancanza di certezza della legge alimenta le peggiori paure e le peggiori reazioni. È questo di cui la politica dovrebbe occuparsi a tutti i livelli».

Se Forza Italia tornerà al governo cosa pensa che farà di diverso rispetto alle altre volte che ha governato?
«Credo che Forza Italia si sia finalmente resa conto che è finito il tempo delle chiacchiere e distintivo, ed è arrivato quello degli ideali e dei fatti conseguenti. Altrimenti i populismi, come si usa chiamarli oggi, la faranno da padrone».

Un ministro dell’ultimo Governo Berlusconi disse che “con la cultura non si mangia”. Conosce il programma di Fi sulla cultura? Cosa ne pensa?
«I dieci punti di Forza Italia fanno solo un accenno alla cultura. Ma non per disinteresse. È piuttosto che sarebbe contrario al moderatismo liberale che la connota il pretenderne una sistemazione, per così dire, di Stato. Forza Italia sa benissimo che nel momento stesso in cui la necessità di serietà torna al centro del dibattito politico, contestualmente vi torna anche la fondamentale centralità della cultura. E naturalmente non saranno più tollerate sciocchezze abissali come quella che con la cultura non si mangia».

Da uomo di cultura la spaventa una possibile vittoria dei 5 Stelle?
«Se i 5 Stelle vincessero, sarebbe il risultato di un’elezione democratica e questo non deve spaventare nessuno. Il problema non è nemmeno la laurea o no del loro candidato premier Di Maio. Perché, se è per questo, Carlo Magno era analfabeta, eppure era Carlo Magno. Piuttosto, se penso allo strapotere che nel Movimento ha un’impresa privata come la Casaleggio & Associati, ho il dubbio che esso sia costituzionalmente ineccepibile per l’esercizio del governo. Lo dico in modo assolutamente pacato. Il mio è solo un dubbio, ma è grande e appunto fa pensare».

E l’idea di una grande coalizione Fi-Pd?
«Se il voto non desse risultati certi l’ideale sarebbe il ritorno alle urne, ma con una diversa legge elettorale. Se invece non si vorrà far tornare gli italiani a votare nel giro di pochi mesi, allora il Capo dello Stato potrebbe tentare la strada del governo istituzionale. Ma il problema vero riguarderebbe, in questo caso, da un lato la tenuta del Pd nella tornata elettorale e dall’altro l’accordo, che personalmente considero possibile anche se non auspicabile, tra i 5 Stelle e la Lega invece che tra Forza Italia e il Pd».

Cosa pensa del fatto che a Ravenna abbia sempre governato il centro-sinistra?
«Che sembra quasi nell’ordine naturale delle cose. Eppure credo che un’alternanza di governo, se espressione di assoluta qualità politica e culturale, potrebbe rivelarsi un ulteriore stimolo benefico a questa già bellissima città».

Secondo lei come si sta comportando il Pd alla guida della città?
«Le rispondo dichiarando la mia amicizia di lunga data col sindaco Michele de Pascale e la stima sincera che ho di lui».

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