L’ex grillino ammette che le restrizioni sono state inevitabili per la mancanza di autodisciplina e da Facebook lamenta lo scarico di responsabilità sul cittadino con il mantra “State a casa”: «Sta facendo più danni della grandine come il famoso “uno vale uno”»
Secondo Vandini c’è «una certa sproporzione tra il rischio reale e le misure per affrontarlo», ma la sua preoccupazione al momento è per l’assenza di una visione su come affrontare il dopo in un contesto di convivenza con questo microrganismo: «Perchè deve essere chiara una cosa, il virus non sparisce. Possiamo stare a casa anche 4 mesi ma il virus non sparisce fino a quando non saremo tutti immunizzati (forse) o non esisterà un vaccino. Questo significa che continueremo ad ammalarci, ad aver bisogno degli ospedali e purtroppo anche a morire. Ora dobbiamo scaricare un sistema sanitario saturo ed in difficoltà ma togliamoci dalla testa che fatto questo il virus sparisca».
Il ragionamento di Vandini tocca un tema spesso al centro del dibattito in questo periodo: «Mi piacerebbe poter vedere quanti sono i contagi da passeggiata o da “pisciata di cane” e quanti nei contesti lavorativi. Ci vuole un po’ di razionalità, senza puntare il dito a prescindere, un minimo di razionalità. Ci vuole anche una capacità di chi ci governa di far passare determinati messaggi». E qui l’ex grillino fa un paragone proprio con il vecchio movimento per cui si candidò a sindaco nel 2011: «Questa cosa dello “State a casa” sta diventando un po’ come “l’uno vale uno” di vecchia memoria, se non lo si contestualizza fa più danni della grandine. “Uno vale uno” per molti divenne “tutti possono fare tutto” e cioè una delle più grandi sciocchezze della storia dell’uomo; lo “state a casa” sta diventando quasi un modo per scaricare sul singolo cittadino qualsiasi responsabilità».