Ferrero (FdI): «Il fascismo è finito nel 1943, la politica deve guardare avanti»

Il segretario e capogruppo in Comune di Fratelli d’Italia a Ravenna: «Il 25 aprile se fossi sindaco? Vorrei anche le voci delle vittime dei partigiani per arrivare a quella pacificazione che non c’è mai stata. Il reato di apologia rischia di essere solo censura»

Alberto Ferrero Giorgia Meloni

Alberto Ferrero con Giorgia Meloni a Ravenna

In vista del 25 aprile e delle recenti polemiche sollevate dalle dichiarazioni del presidente del Senato Ignazio La Russa a proposito dei fatti di via Rasella che portarono all’eccidio delle Fosse Ardeatine, abbiamo parlato di fascismo e antifascismo con Alberto Ferrero, laurea in storia ma soprattutto segretario provinciale del partito di La Russa, Fratelli d’Italia, nonché capogruppo in consiglio comunale a Ravenna della formazione di destra che anche qui ha visto crescere esponenzialmente i consensi in tutte le tornate elettorali recenti.

Consigliere, cosa farà il 25 aprile?
«Mi prendo qualche giorno di vacanza, approfitterò del ponte».

Essendo all’opposizione può decidere di andare in vacanza, ma se per ipotesi fosse invece sindaco o comunque membro dell’Amministrazione?
«Trattandosi di una festa nazionale, presumo che parteciperei all’iniziativa, anche se l’iniziativa sarebbe magari diversa da come è sempre stata organizzata qui».

Qui le iniziative negli anni si sono moltiplicate e sono anche molto variegate, oltre agli appuntamenti più istituzionali, ci sono spettacoli, musica, incontri. Come sarebbe il 25 aprile a Ravenna se Alberto Ferrero fosse sindaco?
«Questa è una domanda difficile, stiamo parlando di una festa che celebra un avvenimento storico e quindi vorrei rispondere innanzitutto da un punto di vista storico. Purtroppo in Italia non è ancora avvenuta la famosa pacificazione nazionale, soprattutto nelle nostre terre. Noi qui abitiamo nel famoso triangolo rosso e ci sono stati buoni e cattivi da tutte e due le parti, ma si è sempre voluto calcare le ragioni dei vincitori senza alcuna comprensione dei vinti. Basti citare per questo un piccolo avvenimento: a Ravenna qualche tempo fa è stata dedicata una strada ad Arrigo Boldrini, che tutti sappiamo chi è (partigiano ravennate e comunista, noto con il nome di “Comandante Bulow”, poi senatore, ndr), ma quando Alleanza Nazionale propose di intitolarne una a Celso Calvetti, il Podestà che ha portato l’acqua potabile in città, il rifiuto fu netto. Mi chiedo oggi quale sarebbe la risposta».

La pacificazione nazionale per lei significherebbe mettere tutti sullo stesso piano, come quando dice che ci furono buoni e cattivi da entrambe le parti?
«Come ha raccontato bene anche un uomo non certo di destra come Pansa dopo il 25 aprile i Partigiani hanno commesso delitti e hanno ucciso, anche in agguati, persone che erano state anche solo lontanamente vicine al fascismo. Ma tutto questo è stato messo a tacere, sono state precluse tutte le voci discordanti. Ombre ci sono state da entrambe le parti».

Ma quindi lei in una celebrazione del 25 aprile immagina per esempio anche testimonianze di episodi in cui le vittime sono state i fascisti?
«Sì, credo che se vogliamo davvero arrivare alla pacificazione sarebbe utile».

«La Russa? Forse una sgrammaticatura istituzionale, ma ha detto ciò che molti pensano»

Le dichiarazioni di La Russa su via Rasella secondo lei vanno in questa direzione? A molti è sembrato piuttosto un messaggio rivolto al proprio elettorato. Del resto lo stesso Presidente si è in qualche modo scusato per una ricostruzione in realtà smentita dagli storici…
«La Russa ha voluto soprattutto dire che in tempo di guerra se si fa un’imboscata ci si deve aspettare una rappresaglia. Probabilmente è stata una sgrammaticatura istituzionale dato il suo ruolo, ma credo anche che abbia detto ciò che molti pensano e non hanno il coraggio di dire».

Secondo lei ha ancora senso il reato di apologia del fascismo?
«Il punto è che il fascismo appartiene al passato, è finito il 25 luglio del 1943. E l’antifascismo, non essendoci più il fascismo, rischia di diventare pericoloso, di diventare censura. Si rischia di usare l’accusa di apologia contro chi fa qualcosa che non ci piace. Per esempio è emerso che la manifestazione in memoria di Ettore Muti al cimitero di Ravenna non rientra in quella fattispecie di reato, ma si è tentato di farla passare come tale per farla vietare, nonostante per anni i vari prefetti non avessere fatto quella scelta».

Cerimonia Ettore Muti cimitero Ravenna 2020

Cerimonia per Ettore Muti al cimitero Ravenna (2020, foto Massimo Argnani)

Come considera manifestazioni come quelle o il saluto a Predappio sulla tomba di Mussolini?
«Rievocazioni storiche. Definirsi oggi fascisti in Italia è come definirsi bonapartisti, un assurdo storico. Se vedo qualcuno con il Fez a Predappio penso che sia una macchietta, di certo non penso che stia facendo politica».

Lei aveva usato il termine di rievocazione storica anche per parlare dell’Anpi.
«Esatto, un’associazione di combattenti senza combattenti, per ragioni anagrafiche, cos’altro è, se non a volte solo un megafono per certi partiti politici. Il punto è che non si può fare politica con il torcicollo, guardando indietro. Come chi ha accusato Meloni di essere fascista per tutta la campagna elettorale…».

La nostra Costituzione è però antifascista ancora oggi. Cosa direbbe se nascesse un partito dichiaratamente fascista?
«Questo è un tema molto diverso da quello del reato di apologia di cui parlavamo».

Forze politiche come Casa Pound e Fiamma Tricolore appaiono a dire poco nostalgiche, cosa ne pensa?
«Di forze politiche nostalgiche nel panorama politico italiano ce ne sono molte, soprattutto a sinistra, dove i partiti che si rifanno esplicitamente al comunismo, anche nel nome, sono parecchi. Questo per dire che le nostalgie politiche sono molto comuni. Venendo alla domanda, si deve dire che Casa Pound, rispetto alla Fiamma Tricolore non è più un movimento politico, ma è diventata, anzi, tornata ad essere, una associazione culturale. Fiamma Tricolore, al contrario, è un movimento politico che ha una storia ultra decennale ed è nata nel 1995 a seguito della svolta di Fiuggi. Premesso che si tratta di una forza politica che si potrebbe definire residuale, alle ultime elezioni non si è neanche presentata e, quando avveniva, otteneva risultati dell’ordine dello 0,1%, il ragionamento è sempre lo stesso, ossia: se sono decenni che si presenta alle elezioni e, nonostante gli strepiti di qualcuno, le è sempre stato consentito di farlo, vuole dire che nessuno ha reputato che fosse un pericolo per la democrazia. Quindi, indipendentemente dal fatto che le idee che difende possano piacere o non piacere, se rispetta la legge, come la storia dimostra, nessuno deve dire niente. È l’essenza stessa della democrazia, permettere a qualcuno di sostenere una idea anche se tu non la condividi. Se neghi questo neghi la democrazia stessa. Per questo un antifascismo senza il fascismo rischia di trasformarsi in censura contro chi ha idee che qualcuno non condivide».

Facciamo come suggerisce lei e guardiamo avanti, in questo frangente storico così complesso e dai cambiamenti così rapidi, esiste secondo lei un rischio per la democrazia italiana nel breve o medio periodo?
«Credo che il peggior nemico della democrazia sia una democrazia disfunzionante. Nella storia i governi autoritari sono sempre nati come reazione all’incapacità dei governi esistenti. Credo quindi che la democrazia debba essere difesa e ammodernata e che l’evoluzione migliore proprio contro i rigurgiti autoritari sia quella verso un sistema presidenziale, più efficiente e rispondente al cittadino».

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