«Il livello di sicurezza richiesto da una popolazione dipende dagli standard cui è abituata. Dove il senso civico è forte e il tenore di vita è alto, c’è grande aspettativa e anche un piccolo episodio dà fastidio. Ma è giusto che sia così, la percezione del cittadino è una questione importante». Sono parole di Raffaele Ricciardi, prefetto di Ravenna da otto mesi. Un periodo in cui il territorio si è trovato a fare i conti con un dibattito sulla sicurezza urbana come non era mai accaduto.
Quali sono stati i momenti più significativi del suo incarico finora?
«Il primo giorno di insediamento all’inizio di dicembre ho passato la notte al centro coordinamento soccorsi per un’allerta meteo, l’inizio è stato subito intenso. Poi la visita di Re Carlo e del presidente Mattarella in aprile: un evento di tutt’altro genere, ma molto impegnativo per l’organizzazione della sicurezza delle autorità».
Che idea si è fatto della comunità ravennate?
«Si vive bene e il senso civico è altissimo. La gente non butta a terra le cartacce, so che è un esempio banale, ma rende bene l’idea. Si parte dalle piccole cose, ma si arriva a quelle più importanti. Ecco perché è così elevata la richiesta di sicurezza».
La sicurezza è il tema di attualità delle ultime settimane, trattato anche nelle riunioni del comitato per l’ordine pubblico da lei presieduto. È un fenomeno comune a molte parti d’Italia, Ravenna può adottare contromisure specifiche?
«Per arginare la violenza non basta la risposta delle polizie. Se i giovani diventano autori di reati, significa che bisogna offrire loro un’alternativa perché non scelgano la criminalità. Nella risposta bisogna saper distinguere quando siamo di fronte a fenomeni di criminalità e quando invece è solo un ge- sto stupido compiuto da un vandalo. Non sono la stessa cosa e non vanno confuse».
Si è soliti dire che in questi territori le persone de- nunciano ancora ogni singolo caso, mentre da altre parti non avviene più.
«E io mi auguro che continuino a denunciare tutto, perché solo così si può intervenire. È giusto che la popolazione voglia la sicurezza cui è abituata».
Le discussioni sulla sicurezza spesso, anche senza attinenza reale, finiscono per tirare in ballo immigrazione e sbarchi. Quali sono i numeri che descrivono i flussi in arrivo via mare?
«Ci sono stati 22 sbarchi in due anni e mezzo, sono arrivate 2.036 persone, principalmente da Bangladesh, Etiopia e Eritrea. In media l’8,8 percento dei migranti sono rimasti nei centri accoglienza della provincia, gli altri distribuiti in regione. Sono ripartizioni definite dal ministero».
Com’è strutturata oggi la rete di accoglienza?
«I Cas, centri di accoglienza straordinaria, sono gestiti da 7 soggetti privati che si sono aggiudicati i bandi di gara. Attualmente ci sono 40 posti disponibili e sono già ospitate 1.142 persone richiedenti asilo, di cui 776 sono uomini soli, 72 sono donne sole e il resto compongono nuclei familiari in cui sono presenti anche dei minori. È un tema che considero importante perché davvero sono storie di persone che cercano una vita migliore».
Si può essere allontanati dalle strutture?
«Si può restare nella rete di accoglienza fino a quando è pendente la domanda di richiesta di asilo e non si ha un reddito. In alcuni casi è successo che è stata disposta la revoca dell’ospitalità».
La tendenza ravennate è quella di un’accoglienza diffusa, cioè con strutture piccole e distribuite. È meglio rispetto a concentrazioni in grandi centri?
«Entrambe le scelte hanno pro e contro. I grandi centri favoriscono il controllo di entrate e uscite, ma creano una ghettizzazione e impattano di più sul contesto circostante. Le piccole realtà invece agevolano l’integrazione, ma è più complesso controllare eventuali infrazioni. Quando gli alloggi sono piccoli, di solito, è più facile che abbiano ricadute positive per il territorio».
In questi sette mesi è riuscito a vivere la città anche da cittadino comune?
«Nel weekend, di solito, rientro a Bologna dove vive la mia famiglia, però quando posso cerco di vivere la città. C’è un’offerta di cultura talmente ampia che non mancano le opportunità: mi faccio i miei biglietti e visito monumenti e musei. Il mausoleo di Galla Placidia è il più bello per me. Per il resto mi perdo ancora tra i sensi unici, ma sto migliorando».
Fortitudo, Sigur Ros e portiere con i pompieri
Nato a Benevento nel 1965, laureato in Giurisprudenza a Napoli, Raffaele Ricciardi è alle dipendenze dell’amministrazione dell’Interno dal 1990. Dopo la promozione alla qualifica di viceprefetto, è stato assegnato alla sede di Treviso nel 2008. Nel 2012 è stato designato viceprefetto vicario di Alessandria fino al 2018, poi a Padova fino al 2021. Dal 2021 a dicembre 2024 è stato prefetto di Gorizia. Grande appassionato di sport: tifoso della Fortitudo basket che segue in casa a Bologna dove vive la famiglia, in gioventù ha giocato a pallamano e oggi è portiere nella squadra di calcetto dei vigili del fuoco di Ravenna. La musica è l’altra grande passione: questa intervista, nell’ufficio in piazza del Popolo, si è svolta con i Sigur Ros in sottofondo…