sabato
09 Agosto 2025
il presidio

Un presidio davanti all’Autorità portuale: «Stop ai rapporti commerciali con gli israeliani dei droni militari Rafael»

Una manifestazione a Ravenna all'insegna dello slogan "Free Free Palestine"

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Pubblichiamo un report dell’attivista Marina Mannucci dalla manifestazione di oggi (sabato 9 agosto)  a Ravenna.

Davanti alla sede dell’Autorità Portuale di Ravenna si è tenuto nella mattinata di oggi (sabato 9 agosto) il presidio “Stop ai rapporti con l’azienda israeliana che fabbrica droni militari”, promosso da Slai Cobas per il sindacato di classe di Ravenna, assieme alla Rete studenti4Palestine di Ravenna. Hanno aderito anche Coordinamento Ravennate per il Clima Fuori dal Fossile, Associazione Femminile Maschile Plurale di Ravenna, Organizzazione di volontariato Rekko di Ravenna, gruppo teatrale Tôchi bellezza formato da ex-studenti dell’Università di Bologna, Campus di Ravenna, Organizzazione di Volontariato Avvocato di Strada Sportello di Ravenna, il collettivo di cittadine/i Faenza per la Palestina, il collettivo di cittadine/i Rimini con Gaza, l’Associazione culturale Un filo rosso di Forlì, il collettivo di cittadine/i Station to station-è troppo tardi per provare odio di Bologna, Organizzazione di volontariato Forlì Città Aperta, Associazione Romania Mare di Ravenna, Reteinterculture sui temi dell’Immigrazione R.I.T.I. di Ravenna, Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba di Ravenna.

I manifestanti, oltre alle proteste contro il trasporto di armi destinate a Gaza attraverso il porto di Ravenna, hanno richiesto la rottura immediata dei rapporti commerciali, avviati per un progetto internazionale, tra l’Autorità Portuale di Ravenna e la Rafael Advanced Defense System, azienda statale attiva nel settore della difesa, controllata dal Ministero delle finanze israeliano, produttrice di sistemi di sicurezza in campo militare. Il presidio ha visto una buona partecipazione di studenti e studentesse, oltre agli operai/falegnami di Gruppo 8 e Sofalegname di Forlì attualmente in sciopero (di cui si è data notizia nei giorni scorsi sulle testate locali), diverse identità e organizzazioni della società civile impegnate contro la guerra, contro gli armamenti, per la pace, per la giustizia sociale e climatica, contro il patriarcato, per i diritti e la democrazia globale, che hanno scandito a gran voce lo slogan Free Free Palestine. Un gruppo determinato di persone impegnate con trasporto e passione civile per una richiesta di legalità e giustizia che ci si aspetterebbe dall’intero establishment politico e legale, locale, nazionale, mondiale. In tutti gli interventi è stato ribadito che non schierarsi contro il genocidio di Gaza significa essere complici. Al presidio non era presente alcun  rappresentante delle istituzioni locali. La Rafael Advanced System è tra le aziende citate nel rapporto di Francesca Albanese (relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, giurista, docente di Diritto internazionale, specializzata in Diritti Umani e Medio Oriente) che denuncia le responsabilità delle aziende di armi, tra queste anche l’italiana Leonardo, nel genocidio a Gaza. Nei giorni scorsi è circolato sul web il video promozionale della Rafael Advanced Defense Systems in cui un drone Spike Firefly in azione rincorre e uccide un civile inerme e disarmato. Rafael riceve finanziamenti europei attraverso fondi Horizon per il progetto UnderSec (Horizon Europe è il principale programma di finanziamento dell’Unione Europea per la ricerca e l’innovazione), si tratta di risorse finanziarie che dovrebbero servire esclusivamente per scopi civili, ma, a ben leggere le linee guida del programma, è prevista l’eventualità di applicazioni dual-use, cioè in ambito sia civile che militare. Da un’inchiesta del quotidiano belga francofono L’Echo e del suo partner fiammingo De Tijd che mette in luce il legame tra centri di ricerca europei e israeliani, emerge che il Ministero della difesa israeliano è partner del progetto Horizon – UnderSec che mira, tra l’altro, a proteggere infrastrutture sottomarine con sensori e tecnologie, e riceve a questo scopo quasi 6 milioni di euro; la Rafael Advanced Defense Systems riceve mezzo milione di euro, mentre l’Israel Aerospace Industries (Iai), gruppo di difesa israeliano, partecipa a otto progetti Horizon, ricevendo quasi 2,8 milioni di euro.

Il Porto di Ravenna, e in particolare l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico centro settentrionale (che opera per indirizzare, programmare, coordinare, promuovere e controllare le operazioni portuali e le altre attività commerciali e industriali esercitate nel Porto, oltre ad amministrare i beni del demanio marittimo, provvedere al mantenimento dei fondali e alla realizzazione delle grandi infrastrutture portuali finanziate dallo Stato) è il partner italiano di maggior rilievo e partecipa al progetto di cui sopra. Il porto di Ravenna è anche un importante snodo di traffici verso il Medio Oriente in cui approdano le navi della Zim Integrated Shipping Services, compagnia navale israeliana che trasporta armi per Israele in modo regolare. Dopo il carico illegale di componenti di cannoni diretto a Israele, sequestrato dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli il 4 febbraio scorso, Weapon Watch, osservatorio sulle armi nei porti europei e del Mediterraneo, ha riferito di un nuovo carico di munizioni (codice 4.1) partito da Ravenna il 30 giugno e diretto ad Haifa. Il 30 luglio 2025 sul sito della Scuola Normale Superiore di Pisa – fonte Commissione Europea del 29 luglio 2025 –, si legge: «La Commissione europea ha proposto la sospensione parziale della partecipazione di Israele al programma Horizon Europe. In particolare, la misura si applicherebbe alle entità israeliane coinvolte in attività finanziate dall’Accelerator dell’European Innovation Council (EIC), lo strumento europeo dedicato a start-up e PMI [Piccole e Medie Imprese] con soluzioni tecnologiche altamente innovative, spesso a doppio uso. Affinché la proposta sia adottata è necessario il sostegno della maggioranza qualificata del Consiglio dell’Unione europea. La proposta è stata fatta alla luce della revisione dell’articolo 2 dell’Accordo di associazione UE-Israele, che sancisce il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici come elementi essenziali della cooperazione bilaterale, anche nel campo della ricerca e dell’innovazione. Nonostante l’annuncio da parte di Israele di pause umanitarie quotidiane e alcuni progressi nell’attuazione degli impegni sull’assistenza e sull’accesso umanitario, la situazione umanitaria a Gaza continua a restare drammatica. La sospensione sarebbe mirata e reversibile: non intaccherebbe la partecipazione delle università e dei ricercatori israeliani nei progetti collaborativi previsti dal programma Horizon Europe».

La proposta di Bruxelles mira a escludere temporaneamente Israele dall’accesso a uno dei segmenti più strategici del programma Horizon, l’European Innovation Council (Eic), dedicato allo sviluppo di tecnologie emergenti – come l’intelligenza artificiale, la cybersicurezza e i droni – spesso con potenziali usi sia civili che militari, come sopra riportato. La misura, se approvata dagli Stati membri, potrebbe rappresentare una risposta politica, ancora molto debole e, in ogni caso, insufficiente per auto-assolversi, alla grave crisi umanitaria in corso nella Striscia di Gaza.

«La nozione di “banalità del male” si riferisce al paradosso creato dalla società totalitaria, in cui un crimine senza precedenti viene eseguito in modo ottimale da un apparato burocratico ordinario; suggerisce la disparità tra le vaste dimensioni del crimine e la persona non eccezionale del criminale», così scriveva nel 2019 in un articolo di Haaretz, Michal Aharony, ricercatrice di filosofia politica. L’auto-assoluzione europea consentirebbe, quindi, di eludere una consapevolezza delle atrocità commesse. «Sconsideratezza» che la storica, filosofa e politologa tedesca Hannah Arendt riconosceva con «l’incapacità di pensare dal punto di vista dell’altro» e di confrontarsi con la propria coscienza e, quindi asserire, come facevano i gerarchi nazisti, «ho solamente eseguito gli ordini». Struttura mentale sempre più diffusa nelle democrazie contemporanee.

Marina Mannucci

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