Il potente “Cafarnao”, tra i Dardenne e il neorealismo di Rossellini e De Sica

Il meraviglioso lavoro di Nadine Labaki, che racconta la storia di un ragazzo di strada nella Beirut di oggi

Capernaum Nadine Labaki MovieAd aprile è uscito un film meraviglioso: dal Libano il bellissimo Cafarnao – caos e miracoli, Premio della Giuria a Cannes 2018, candidato agli Oscar come miglior film straniero, per la regia della bravissima Nadine Labaki, già autrice della comedy libanese Caramel e attrice protagonista anche in Il padre e lo straniero di Ricky Tognazzi.

La Beirut dei giorni nostri, il caos: una metropoli con tutte le sue contraddizioni, con le sue zone di ombra e sottoproletariato, di miseria e criminalità. Il ragazzino Zain ha 12 anni, o almeno si presume, visto che i suoi genitori non l’avevano registrato alla nascita e non ricordano quando è nato. È un ragazzo di strada, già delinquente, già condannato al carcere. E dal carcere, un’altra udienza in tribunale. Ma davanti ai suoi genitori. Perché è Zain che li ha chiamati in giudizio davanti alla corte. E l’accusa che muove loro è di averlo concepito, fatto nascere e messo dentro questo mondo. Di averlo condannato a una vita infame e senza prospettive…

E tutto il film racconta, nei flash-back del processo, la vita intensa di ragazzo di strada di Zain e le sue mille peripezie: nelle bande di strada di Beirut con altri ragazzini già tossicodipendenti; e il legame con Rahil, una ragazza etiope senza documenti che deve nascondere il figlio piccolo per timore di essere scoperta, espulsa dal paese e perdere il figlio…

Film potente che non cede mai al melodramma e alla facile e scontata denuncia sociale pur nella regia perfetta e mai sopra le righe della Nadine Labaki, sempre misurata alla scena da raccontare e alle emozioni che vuole suscitare. In molti, a Cannes, in Cafarnao – caos e miracoli hanno visto l’influenza dei fratelli Dardenne, soprattutto nell’essere un film politico che evita compiacimenti e facili soluzioni, che attraversa la peggio gioventù libanese con sobria consapevolezza, con un grande cast di attori non professionisti che la Labaki sa seguire e governare nella loro autentica sincerità. Ma io mi spingo un po’ oltre e ripesco dalla memoria il neorealismo italiano di Rossellini e De Sica; il mondo è questo e possiamo provare a cambiarlo, anche dentro il caos di una Beirut anno Zero in cui Zain deve muoversi come un novello Sciuscià – che in fondo i ragazzi sono uguali ovunque nel mondo, e le strade anche. Ma insieme al caos, come dice il titolo, ci sono i miracoli: sperando, sempre restando nel grande cinema italiano, in un Miracolo a Milano – ora a Beirut.

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