mercoledì
25 Giugno 2025
Rubrica L'opinione

I “sindaci dell’alluvione” e il cambiamento che non è più per forza “in meglio”

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Come è apparso subito chiarissimo a tutti, i “sindaci dell’alluvione” sono stati riconfermati, tutti. In provincia di Ravenna, ma anche fuori. A Cesena e Forlì hanno vinto al primo turno entrambi i primi cittadini, di due schieramenti opposti. E se allarghiamo lo sguardo anche oltre i territori allagati, in generale i sindaci sono stati riconfermati (basti pensare a Ferrara, dove Alan Fabbri è stato rieletto nonostante il suo partito, la Lega, abbia in questi cinque anni avuto un crollo verticale).

Dove i candidati erano volti nuovi, il voto ha comunque confermato la forza politica in carica, gli elettori hanno scelto il candidato suggerito dal sindaco uscente, come è il caso di Cervia, Lugo, Bagnacavallo. Il voto amministrativo locale si conferma ancora una volta dominato da dinamiche proprie di vicinanza, di fiducia, di contatto. Anche se a volte in modo forse un po’ confuso (non è sempre chiarissimo a tutti cosa sia di competenza di un sindaco e cosa invece di altri enti), in generale abbiamo tutti l’impressione di poter misurare davvero cosa un sindaco ha fatto o non ha fatto. E i sindaci sono stati tutti promossi a pieni voti. Perché sono sicuramente bravi, ma forse anche perché in generale oggi la parola “cambiamento” rischia di far più paura che altro.

Forse è in atto una sorta di slittamento semantico, per cui se fino a poco tempo fa l’idea di cambiare implicitamente faceva in automatico pensare a un miglioramento, oggi non è più così. Soprattutto non è più così nei terrori devastati dal “cambiamento climatico”, ormai forse la collocazione più diffusa di questo termine. Conservare e preservare sono diventate due parole d’ordine degli ambientalisti, per esempio.
Ed è fin troppo facile forse aggiungere che oltre ai grandi temi ambientali, anche sul piano sociale ormai la speranza è soprattutto quella di poter mantenere almeno ciò che si ha, dopo aver perso già tanto (dal potere di spesa degli stipendi alle pensioni fino ai dieci e più mesi di lista d’attesa per alcune visite nella sanità pubblica).
E forse proprio in questo ribaltamento di prospettiva, dove i progressisti rischiano di passare per conservatori e quelli storicamente conservatori per una novità non necessariamente auspicabile, andrebbe cercata una delle cause dell’astensionismo che continua inesorabilmente a crescere. Questo è il “vero” avversario politico del prossimo futuro, quello da battere per chi si candida: gli spostamenti di voto restano, lo abbiamo visto, in gran parte all’interno di un’area politica, a fare la differenza sarà chi riuscirà a portare o riportare al voto chi, disilluso, sempre più spesso sceglie di restare a casa. E questo nella proposta politica potrebbe non essere affatto un male, agli astensionisti non interessano i battibecchi o le beghe personali. Per riportarli alle urne serviranno idee e proposte riconoscibili e praticabili.

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