Quando mi sono apparse le foto ravvicinate dei piedistalli delle colonne di Piazza del Popolo, che mi ha inviato un amico a cui sta a cuore il patrimonio storico e architettonico di Ravenna, sono rimasto turbato. Un po’ come quando, improvvisamente, realizzi quanto sia malmessa e deturpata una persona o una cosa che conosci da tempo. Ma fino ad allora non te ne eri accorto.
Ho esitato diversi giorni prima di scrivere il commento che segue, mi sembrava poca cosa, un dettaglio minimale, rispetto al disastro dell’alluvione. Ma visto che abbiamo fatto anche le barricate di terra per salvare le bellezze di Ravenna dall’acqua e oggi parliamo di urgente ripartenza dell’offerta turistica (con tanto di spot realizzati a tempo di record), credo ne valga la pena. Stiamo parlando di monumenti rilevanti, opere d’arte, oltreché testimonianze preziose del dominio dei Veneziani a Ravenna che, nella seconda metà del ‘400, furono artefici della piazza centrale e di parte degli edifici e manufatti che la caratterizzano.
Le colonne (simili a quelle di piazza San Marco a Venezia) hanno le basi a gradoni in pietra con bassorilievi creati dal Maestro scultore dell’epoca Pietro Lombardo. Oggi sono annerite, incrostate da muschi e licheni, lasciate al degrado delle intemperie, e non è un bel “benvenuto” per i visitatori provenienti da tutta Italia e dal mondo per ammirare i monumenti cittadini. Lasciate all’incuria, però, le colonne sono circondate da una catenella ammonitrice che vieta di toccarle e men che meno di sedersi sopra i gradini. Perché tanto zelo per tale degrado?
La vicenda risale ai primi anni ‘90 quando si aprì una discussione, con strascichi polemici, su come salvare dalla consunzione i basamenti delle colonne, vittime dello struscio di ravennati e viaggiatori che vi si sedevano sopra, forse fin dalle origini. A questo proposito la funzionalità di seduta delle colonne è testimoniata comunque da una incisione di fine ‘800 che vede diverse persone comodamente appollaiate sui gradoni. Il problema della protezione aprì una contrapposizione tra fautori del divieto (che proposero pure una cancellata) e detrattori, anche a livello accademico, visto che pure certi professori ed esperti non vedevano salvifico l’uso di “gabbie” per preservare i monumenti. Alla fine si trovò il compromesso di circondare le colonne con alcuni paletti e una catenella con cartellino di divieto di accesso. Così da quel momento le colonne sono state abbandonate a se stesse. I bassorilievi di Pietro Lombardo, un tempo frequentati dalla persone erano levigati e lucidi, oggi sono sporchi e quasi illeggibili…
Riflettendo, dopo una trentina d’anni, sui risultati dell’intervento di tutela viene da chiedersi, secondo il proverbio, se non è peggio la pezza del buco o, più precisamente, se le buone intenzioni, perdendo l’obiettivo iniziale, facciano più male che bene…
O c’è una nuova scuola di pensiero sulla conservazione dei beni storici e artistici che li preferisce sgarruppati?
Inoltriamo la questione ai funzionari del Comune e della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio ravennate che avrebbero il dovere di tutelare e valorizzare – “bene” – i beni pubblici di tale portata.