Non ce ne accorgiamo, ma ogni volta che usciamo di casa respiriamo una quantità di polveri sottili che compromette la nostra salute. Nei giorni di maggiore smog equivale al fumo passivo di dieci sigarette.
La Pianura padana è l’area più inquinata d’Europa, per la sua conformazione chiusa tra le Alpi e gli Appennini che limita la circolazione dell’aria e trattiene le emissioni inquinanti. Lo affermano vari studi pubblicati sulle più prestigiose riviste scientifiche, tra cui Jama ed Environmental Research.
In Romagna la qualità dell’aria è meno peggio rispetto all’Emilia, grazie alla vicinanza al mare, ma la situazione è comunque problematica. Per cercare di migliorarla ci sono le misure anti-smog, che fino al 31 marzo vietano la circolazione dei veicoli a benzina fino all’euro 2 e dei diesel fino all’euro 4, dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 18.30. Ci sono poi i divieti di accendere stufe e camini in città, nonché di spandere liquami e bruciare sterpaglie in campagna. Nei giorni di picco delle polveri sottili, come di nuovo accaduto da giovedì 18, scattano le misure straordinarie che estendono il divieto di circolazione ai diesel euro 5.
Il problema è che nessuno controlla, perciò i contadini si sentono liberi di incendiare i residui colturali e i cittadini di uscire con la vecchia auto – magari perché non possono permettersene una nuova. C’è poi una criticità dietro alla logica delle misure antismog: si colpevolizzano i singoli individui e si esentano i grandi inquinatori, che sono gli allevamenti intensivi e le grandi industrie.
È un disegno già visto durante la pandemia del covid: politici, media e forze dell’ordine puntavano il dito contro chi usciva da solo per andare a correre o camminare, mentre le fabbriche considerate essenziali erano piene di operai e le strutture sanitarie erano al collasso. Si spacciava per untore chi non faceva nulla di male, per distrarre il dibattito dai problemi strutturali del sistema che erano all’origine dei contagi.
Con le questioni ecologiche avviene lo stesso: si chiede una maggiore responsabilità agli individui, il che è giusto, ma non si adottano misure politiche per far ridurre le emissioni ai grandi inquinatori. A Ravenna la contraddizione è evidente: mentre in centro sono in vigore le misure anti-smog, nel distretto petrolchimico si emettono fumi tossici come se nulla fosse, al mare si estrae metano e si accolgono grandi navi da crociera, in campagna i grandi allevamenti di bovini producono liquami ricchi di ammoniaca che reagisce nell’aria formando polveri sottili.
Lo smog si può combattere con le decisioni politiche, e non solo chiedendo sacrici ai cittadini. Ma purtroppo si sta facendo il contrario. Mentre la Spagna ha introdotto un abbonamento da 60 euro al mese per tutti i trasporti pubblici, in Italia treni e bus sono costosi oltre che carenti. L’Ue ha fatto un passo indietro sui divieti alle auto termiche e la nuova legge di bilancio del governo Meloni prevede di tagliare da 320 a 116 milioni in tre anni il fondo che nanzia gli interventi per migliorare la qualità dell’aria in Pianura padana. Così si potrà continuare a inquinare ancora più indisturbati.


